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E contro l'aumento di benzina e gasolio arriva lo ''Sciopero del pieno'' lanciato dal Codacons

26 aprile 2006

Visto che la corsa dei prezzi di benzina e gasolio non sembra volersi arrestare e che si continuano a registrare nuovi rialzi negli impianti di distribuzione, il Codacons ha deciso di lanciare lo ''Sciopero del pieno'', invitando i cittadini a non rifornirsi nei ponti del 25 aprile e del primo maggio per lottare contro il caro benzina.
Il ponte del 25 aprile è passato, ma chi ha voglia di manifestare la propria protesta ha ancora la possibilità offerta dal 1 maggio.

''L'unica difesa per i cittadini è quella di limitare i consumi, evitando quando possibile di utilizzare l'automobile per gli spostamenti'', sottolinea in una nota il presidente del Codacons, Carlo Rienzi che invita quindi ''i consumatori a non utilizzare l'automobile per i prossimi ponti, evitando quindi di rifornirsi di carburante, e ricorrere a mezzi di trasporto alternativi ,come bus, pullman o treni, per spostarsi da una città all'altra''.

Per chi non può fare almeno della macchina il Codacons consiglia, per risparmiare carburante, di non avere ''il piede pesante con l'acceleratore'' che oltre a favorire ''gli incidenti e le multe'' fa consumare molta più benzina. Ma non solo. L'associazione dei consumatori raccomanda anche una ''guida morbida'' viaggiando a velocità costante, accelerando senza strappi e non superando mai i 3.000-3.500 giri del motore.
Il Codacons consiglia, inoltre, di spegnere i fari nelle strade urbane e il condizionatore che permette un risparmio fino al 10%.
Si consiglia, anche, di selezionare il distributore di benzina, di gonfiare le gomme in modo corretto. Per ogni 0,2 bar di differenza rispetto alla giusta pressione i consumi di benzina aumentano infatti dell'1-2 %. L'associazione dei consumatori raccomanda di mantenere l'auto in perfetta efficienza curando in particolare la pulizia e la taratura del carburatore, la pulizia del filtro d'aria e delle candele.

Il Codacons consiglia di usare l'auto solo se necessario, di non tenere il bagagliaio quando non è utile perché peggiora caratteristica aerodinamica del veicolo e ricorda che in città si può risparmiare fino al 30% del carburante se, quando si è fermi al semaforo, si spegne il motore.


Traffico, ecco quanto ci costa. 4 miliardi persi in coda ogni anno
di Maurizio Ricci (Repubblica, 24 aprile 2006)

Bloccati sul raccordo anulare di Roma a macerare, in un interminabile ripetersi di prima-seconda-freno, la coda del week end pasquale? O sull'autostrada dei Laghi? O sulla tangenziale di Mestre? Pasqua è passata, ma già incombono i ponti del 25 aprile e del 1° maggio e viene, come ogni anno, da chiedersi se valga la pena di sottoporsi a questa tortura al volante. Con tutto quello che costa oggi la benzina, poi.
Ma la verità è che il grosso di noi è vaccinato: un italiano su due si sottopone ogni giorno - e non solo nelle feste comandate - al supplizio quotidiano di infilarsi in un traffico sempre più caotico per andare in ufficio o a scuola. E il costo non è solo quello della benzina che svapora dentro il serbatoio. Abbiamo il record europeo di macchine che circolano sul territorio nazionale, otto milioni in più solo negli ultimi dieci anni, e questo record ha un prezzo esorbitante.
Repubblica è in grado di quantificarlo: il maledetto traffico, ovvero la congestione della rete viaria, urbana ed extraurbana, costa all'economia nazionale oltre 4 miliardi di euro ogni anno, circa 200 euro, in media, per ogni famiglia. Per dirla in un altro modo, se il paese avesse una rete viaria efficiente, l'Italia risparmierebbe l'equivalente di 8mila miliardi di lire l'anno.

Il calcolo è stato effettuato dalla Trt Trasporti e Territorio, utilizzando un sofisticato modello matematico, che si chiama Astra-Italia. Ma attenzione: il confronto è fatto fra il costo corrente del traffico effettivo e quello del traffico ottimale. Ottimale non vuol dire strade vuote: se noi sfrecciamo, alle 9 del mattino, a 150 all'ora su una provinciale deserta, questo probabilmente vuol dire che quella strada era inutile. Costruirla è costato di più di quanto risparmiamo con traffico zero. L'ipotesi virtuosa, appunto ottimale, è quella di un traffico che fluisce regolarmente a una velocità - fuori città - di 70-90 chilometri l'ora (che è anche quella in cui si consuma meno benzina), spiega Marco Ponti, che insegna Economia dei trasporti al Politecnico di Milano.
Un miraggio, soprattutto nell'area più motorizzata del paese: i dannati del traffico sono gli italiani del Nord. Qui si concentra - stima, in via di approssimazione, il modello - più di metà del costo nazionale della congestione, rispetto all'ipotesi di traffico scorrevole: 2,3 miliardi di euro. Va meglio nell'Italia centrale, dove l'inefficienza della rete stradale pesa solo per 800 milioni di euro l'anno. Nel Sud, ci sono meno macchine e meno camion, ma le strade sono peggiori e il prezzo risale: 1 miliardo di euro.

Naturalmente, il costo complessivo sociale della viabilità (cioè, senza considerare quelli più diretti, immediati e individuali, come acquistare la macchina) è molto più alto, soprattutto per i fattori igienico-sanitari. Il modello Astra-Italia valuta questo costo sociale, per il 2005, a poco meno di 80 miliardi di euro, dove il grosso è dato dall'impatto dell'inquinamento e dell'effetto serra e dagli incidenti (il cui costo è, peraltro, in buona misura riassorbito sul singolo guidatore con le polizze di assicurazione). Il peso della congestione di traffico sul costo sociale complessivo è limitato al 4 per cento. Ma sta crescendo molto rapidamente: di un terzo in cinque anni, dai 3 miliardi 240 milioni di euro nel 2000 ai 4 miliardi 80 milioni del 2005. Colpa soprattutto, come può anticipare chiunque guidi un'auto, del traffico urbano e, specificamente, delle grandi città.
Sono oltre 26 milioni, infatti, gli italiani che ogni giorno escono di casa per andare a scuola o in ufficio. Chi vive a Roma o a Milano apprenderà con sorpresa che, secondo il censimento Istat, il 60 per cento degli italiani ci mette meno di un quarto d'ora e un altro 25 per cento se la cava in meno di mezz'ora. Il problema si concentra su quei 4 milioni di italiani che ogni giorno si spostano nei 13 comuni più grandi: a Roma oltre il 40 per cento dei pendolari rimane in viaggio oltre mezz'ora, a Milano e Venezia un terzo.

Di sicuro non ci mette tanto perché prende l'autobus. La retorica dei trasporti pubblici è una delle più percorse, da parte di politici ed esperti. Gli ultimi dati dell'Uitp, Unione internazionale dei trasporti pubblici, sottolineano, ad esempio, che tram, autobus e metropolitane consumano, in media, 2,2 volte meno energia dell'automobile. Ma gli italiani disertano in massa: l'utilizzo dei trasporti pubblici - peraltro, spesso inquinanti e inefficienti - è in caduta verticale. Nel 1991 li usava un po' più del 17 per cento della popolazione. Dieci anni dopo la percentuale è crollata di un terzo: solo il 12,9 per cento sale su un tram o su un autobus. E, nonostante che ai semafori uno abbia spesso l'impressione di essere immerso in un fitto sciame di motorini, meno del 5 per cento usa lo scooter o la moto. E allora, visto che solo il 16 per cento va a piedi e il 4 per cento in bici, come si muove la gente? La risposta è facile: in macchina. Quasi il 60 per cento dei pendolari si sposta in auto, per un quarto come passeggeri. Punta massima a Roma, dove ormai ci sono 7 macchine ogni 10 abitanti, bambini compresi, record assoluto europeo. Il risultato lo si vede, tornando ai calcoli del modello Astra-Italia: metà del costo nazionale della congestione è dovuto al solo traffico urbano delle automobili. Se ci aggiungiamo anche furgoni e camion si arriva ai due terzi.

È la prova - e il prezzo - dell'ennesima anomalia italiana, come il tifo violento degli stadi e l'attico abusivo? Le statistiche, a sorpresa, non dicono questo e chiamano, forse, più in causa il modello e l'evoluzione di quei grandi organismi che sono le metropoli. A Parigi, 4 milioni di pendolari su 10 usa il mezzo pubblico, ma in media - compresi tutti i tipi di trasporto - per arrivare in ufficio si impiegano 36 minuti. Nell'area metropolitana di Londra si spostano in 26 milioni, un terzo con i mezzi pubblici: il tempo medio per arrivare in ufficio, in centro, è 56 minuti. Eppure, solo 2 parigini e 4 londinesi su 10 usano la macchina: in Italia, 6 su 10. Allora, in fondo, ce la caviamo, nonostante le stime di Astra-Italia, con poco? Al contrario: provate a immaginare cosa succederebbe ai dannati del traffico italiani, se il raccordo anulare di Roma o la tangenziale di Milano dovessero sopportare gli spostamenti di decine di milioni di persone, al livello di grandi megalopoli come Londra o Parigi.

 

 

 

 

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26 aprile 2006
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