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E l'Udc siciliana rimase interdetta dallo ''strappo'' convinto di Pierferdinando Casini dalla CdL

11 dicembre 2006

LO STRAPPO DI CASINI NON CONVINCE L'UDC SICILIANA
di Agostino Spataro

Che cosa potrà accadere in Sicilia a seguito dell'uscita dell'Udc dalla Casa delle Libertà? Credo questa sia la domanda, per taluni l'assillo, che più inquieta il ceto politico isolano, soprattutto gli esponenti del centrodestra.
Potrebbero accadere fatti importanti, tali da sconvolgere gli assetti politici e di potere alla Regione e negli enti locali. Perciò c'è chi frena o preferisce dare un'interpretazione riduttiva del clamoroso atto, per altro, compiuto a Palermo. Tuttavia, il processo si è messo in moto e sarà difficile fermarlo. Nell'Udc siciliana ciascuno è chiamato a dichiararsi, ed eventualmente a schierarsi in campo aperto, senza più rifugiarsi in rassicuranti interpretazioni, miranti ad allontanare perfino l'idea di un divorzio con i pezzi restanti della Cdl siciliana.

Eppure lo ''strappo'' di Casini è inequivocabile: sancisce la rottura, sembra definitiva, con la Casa delle Libertà, mettendo in crisi la poderosa macchina di potere berlusconiana, e attiva una dinamica politica inedita, dagli esiti, al momento, imprevedibili.
Il dado è tratto, indietro non si può tornare. Nasce la ''seconda opposizione'', ma non troppo, poiché se si dovesse sciogliere il Parlamento sarebbe molto imbarazzante per l'Udc, con l'attuale legge elettorale, affrontare con successo una campagna elettorale anticipata.
Lunga vita, dunque, al governo di centro-sinistra dell'on. Prodi. Anche se c'è da mettere nel conto l'eventuale insorgenza di tendenze suicide nei moderni stoici della sinistra.
Gli effetti più dirompenti di tale rottura si potrebbero registrare sul piano locale e regionale dove, come in Sicilia, l'Udc costituisce una forza determinante fra i due schieramenti.
A partire da Palermo e da altri importanti Enti locali interessati dalla tornata elettorale di primavera.

L'uscita dell'Udc, fortissimamente voluta da Casini, ci sembra una svolta vera e non una delle tante giravolte cui ci hanno abituato taluni personaggi irrequieti nel corso di questa lunga e defatigante transizione italiana.
Avviene all'inizio della legislatura e non alla vigilia elettorale come ha fatto Raffaele Lombardo, uscito dall'Udc (ma non dalla CdL), il quale ha rispolverato la carta dell'autonomia per ritagliarsi pingui fette di potere nel centro destra e assicurarsi una buona quota di elettorato centrista.
Casini, invece, prende atto dell'impossibilità di proseguire il cammino intrapreso sotto l'egida di Berlusconi e delinea un disegno politico (ancora non dichiarato) mirante a ridefinire ruoli e rapporti di forza nell'area centrale dell'elettorato che potrebbero sfociare in un  ''terzo polo'' .
L'idea è ambiziosa (forse troppo) poiché mira a scomporre l'attuale quadro politico e a riaggregare le forze della diaspora ex-DC mettendo in discussione i due principali progetti di consolidamento del bipolarismo: il partito unico berlusconiano (per altro rifiutato da Bossi) e il partito democratico propugnato da Prodi.

Ma, qui, quello che più ci preme rilevare è la ricaduta che il processo innescato da Casini avrà in Sicilia, dove si concentra una gran parte della forza elettorale dell'Udc.
Non a caso, la svolta è stata annunciata a Palermo, nel corso della manifestazione del due dicembre.
Dati il peso elettorale e i ruoli acquisiti nell'Isola, appare chiaro che se a Roma la svolta di Casini è uno strappo, in Sicilia potrebbe rivelarsi un vero e proprio terremoto politico e amministrativo, con effetti davvero devastanti sull'intero sistema di potere del centro-destra locale.
Si profilano, dunque, scenari inediti, dirompenti che vanno seguiti, con grande attenzione, anche dalle forze del centro-sinistra le quali non possono ridurre questa vicenda ad un fatto interno alla CdL e alla galassia ex democristiana, com'è successo in occasione della dura contestazione dei ''quarantenni''. C'è una strana ritrosia nel centro-sinistra ad intervenire nelle crisi degli altri.
E dire che a Roma l'opposizione di centro destra non fa certo sconti al governo Prodi.

In Sicilia - come detto - la partita si fa più complessa poiché l'Udc è uno dei due pilastri su cui si regge il blocco di potere dominante.
E qui si entra in un campo minato dove la politica si sposa, o convive, con interessi e affari alquanto discutibili che si sentono minacciati da un divorzio così inatteso e traumatico.
Vorranno vederci chiaro - questi signori - e soprattutto capire dove tutta questa faccenda andrebbe a parare. Questo, ci sembra il principale nodo da sciogliere in Sicilia.
Può darsi che sia stato sciolto senza darne avviso al pubblico. Ma non pare.
In conclusione. Se, a Roma, Prodi può tirare un sospiro di sollievo, a Palermo le cose si complicano assai, per altro in un momento così delicato in cui c'è da approvare, con meno risorse, una difficile manovra finanziaria regionale e alla vigilia di un'importante consultazione elettorale.

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11 dicembre 2006
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