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E la Gran Bretagna censurò i nomi dei boss inglesi presenti nel ''romanzo inchiesta'' di Roberto Saviano, ''Gomorra''

26 gennaio 2008

L'edizione britannica di «Gomorra» non riporterà i dati dei «boss inglesi»
Gb, nomi censurati nel libro di Saviano
di Francesco Battistini (Corriere.it, 15 gennaio 2008)
 
Dite cosa, non dite chi. L'ultima volta che dall'Inghilterra ce l'ordinarono, fu quattro anni fa. C'erano di mezzo il principe Carlo, un verbale con le solite accuse del solito maggiordomo, molti pettegolezzi sessuali e insomma la ragion di Stato intorno a Buckingham Palace: accadde che i giornali italiani e spagnoli, turchi e arabi violarono la legge di Sua Maestà, pubblicarono tutto senza censure, ma lo scandalo fu grande e i quotidiani non arrivarono nelle edicole, perché l'invasione dell'ultragossip fu fermata sulla Manica. Stavolta, più che presunti orgasmi reali, la faccenda riguarda reali organizzazioni del crimine.
Ma la ghigliottina non fa differenza, law is law, e ora s'abbatte sul bestseller del coraggioso Roberto Saviano, “Gomorra”, anzi Gomorrah, Italy's Other Mafia nella traduzione che venerdì (18 gennaio, ndr) invaderà le librerie del Regno.

C'è qualche nome di troppo, ha eccepito l'editore Macmillan. Particolari su qualche lontano boss che traffica nel Napolistan? No, è stata la risposta: il problema sono le parti del libro sulle infiltrazioni mafiose in Gran Bretagna. Saviano racconta che la camorra ha vetrine a Londra e a Dublino. Che l'anglomania ha portato qualche boss a leggere Walter Scott e a chiamare il figlio Ivanhoe. E che Antonio La Torre, le mente economica della famiglia di Mondragone, arrestato nel 2006 in Scozia ed estradato in Italia, aveva preso la cittadinanza britannica e stava facendo di Aberdeen una roccaforte criminale.
Per l'irritazione dello scrittore napoletano, che durante la trattativa sarebbe arrivato al punto di ritirare l'opera, Macmillan ha chiesto di limare, smussare, togliere quel nome. Perché la legge inglese è diversa da quella italiana, perché il reato di associazione mafiosa qui non esiste, perché La Torre è innocente fino a condanna definitiva, perché è meglio non avere grane. E' finita così: un vetro insanguinato in copertina, un po' di bianchetto sulle pagine, visto si stampi.

L'attesa è grande, adesso. Il battage è cominciato con la benedizione dell'Economist («uno dei libri più avvincenti e scomodi mai scritti sul crimine organizzato»), un'intervista a doppia pagina sul Guardian, le entusiastiche recensioni del mafiologo inglese John Dickie («l'Italia ha bisogno di eroi così»).
Lui però, il romanziere d'inchiesta, non ha rinunciato a dire quel che pensa: «E' scandalizzato dalla legge inglese sulla diffamazione - sostiene la stampa di Londra - che arriva a impedire di chiamare un boss della mafia per quel che è». In tempi di pagelle dall'Isola alla Penisola, il voto di Saviano è intuibile: ma non erano gli inglesi a insegnarci che who, chi ha fatto che cosa, è la prima delle cinque W.

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26 gennaio 2008
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