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E' la morte della giustizia penale e dell'informazione

I magistrati e i giornalisti contro il disegno di legge in materia di intercettazioni

11 giugno 2009

AGGIORNAMENTO
La Camera dice sì al ddl sulle intercettazioni
, dopo che il governo ha ottenuto la fiducia. I sì sono stati 318, 224 i no, un solo astenuto. Il provvedimento passa ora all'esame del Senato.
La votazione finale si è tenuta a scrutinio segreto: lo ha indicato il presidente della Camera Gianfranco Fini, spiegando che la richiesta è stata avanzata dal gruppo del Pd. A tutta la seduta ha presenziato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, seduto accanto al ministro della Giustizia Angelino Alfano.
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Ieri l'Aula della Camera ha confermato la fiducia al governo sul disegno di legge in materia di intercettazioni con 325 sì, 246 no e due astenuti. La presidenza della Camera sarebbe orientata, secondo quanto si apprende, a concedere il voto segreto sul ddl intercettazioni nel caso che l'opposizione glielo chieda. E l'opposizione, sempre secondo quanto si è appreso sarebbe intenzionata a farlo.
Il voto finale è previsto per oggi subito dopo l'esame degli ordini del giorno presentati al disegno di legge dal centrosinistra.

La votazione è arrivata al termine di una giornata parlamentare segnata da aspre polemiche tra maggioranza e opposizione. Pd, Idv e Udc hanno scritto al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per esprimere il proprio disagio contro il ddl intercettazioni e contro "questo modo di legiferare della maggioranza, che di fatto è diventato un mercato delle vacche" tra Lega e Pdl. Il voto di fiducia posto sul provvedimento "ha come unico obiettivo quello di impedire che ci possa essere una libera espressione da parte dei parlamentari della maggioranza su questo ddl", hanno spiegato in una conferenza stampa congiunta il capogruppo del Pd Antonello Soro, il presidente dei deputati dell'Idv Massimo Donadi e il vice capogruppo dell'Udc Michele Vietti.

Il provvedimento voluto dal governo non ha gettato nello sconcerto solo l'opposizione, ma anche i magistrati. "La riforma delle intercettazioni unita a quella del processo segnano nei fatti la morte della giustizia penale in Italia". Queste le parole dell'Associazione nazionale magistrati che ha evidenziato come le nuove norme "rappresentino un oggettivo favore ai peggiori delinquenti". In particolare, le norme sulle intercettazioni "impediranno alle forze di polizia e alla magistratura inquirente di individuare i responsabili di gravissimi reati". Ed è come e se governo e Parlamento chiedessero "alle forze dell'ordine e alla magistratura inquirente di tutelare la sicurezza dei cittadini uscendo per strada disarmati e con un braccio legato dietro la schiena". Per la giunta dell'Anm sarebbe "più serio e coerente assumersi la responsabilità politica di abrogare l'istituto delle intercettazioni piuttosto che trasformarle in uno strumento non più utilizzabile".

L'Anm ha quindi voluto ricordare i più recenti episodi di cronaca: gli stupri di Roma, le violenze nella clinica di Milano, le scalate bancarie alla Antonveneta e alla Bnl. In nessuno di questi casi, rileva l'Anm, "con la nuova legge sarebbe stato possibile accertare i fatti e trovare i colpevoli. Le intercettazioni sono uno strumento di indagine finalizzato alla individuazione dei colpevoli di gravi reati ed è semplicemente assurdo pensare che si possano fare intercettazioni solo nei confronti del colpevole già individuato". Per il sindacato delle toghe è "del tutto irragionevole prevedere che le intercettazioni debbano sempre essere interrotte dopo 60 giorni, anche nei casi, come un sequestro di persona, un traffico di stupefacenti o di armi, in cui il reato sia in corso di esecuzione. L'equiparazione delle riprese visive alle attività di intercettazione rappresenta un grave danno per la lotta al crimine. Con queste norme - spiega l'Anm - non saranno possibili riprese visive per identificare gli autori di rapine in banca, spaccio di stupefacenti nelle piazze, violenza negli stadi, assenteismo nei pubblici uffici".

L'Associazione nazionale magistrati ha ricordato di aver più volte "manifestato la disponibilità a discutere delle riforme necessarie per raggiungere un punto di equilibrio tra esigenze investigative, tutela della riservatezza delle persone e diritto all'informazione, anche avanzando specifiche proposte. Il governo e il Parlamento scelgono, invece, di azzerare ogni equilibrio - hanno scritto le toghe - sacrificando del tutto le esigenze investigative e il diritto di informazione".
Per l'Anm l'intervento sulle intercettazioni preoccupa "ulteriormente se lo si legge insieme al disegno di legge sulla riforma del processo penale in discussione in Senato. Si tratta di una proposta  che non introduce le riforme necessarie ad assicurare l'efficienza del processo e la sua ragionevole durata, ma addirittura inserisce nuovi, inutili formalismi, che determineranno un ulteriore allungamento dei tempi del processo. Il sacrosanto spirito garantista della nostra cultura giuridica viene tradito e trasformato in un 'formalismo fine a sé stesso', che spesso oscura le questioni da giudicare".
La conseguente non ragionevole durata di troppi processi per l'Anm si traduce "di fatto nella negazione dei diritti fondamentali e in nuove forme di giustizia privata. Ciò contrasta con l'obiettivo di accrescere il livello di efficienza del processo e di assicurare ai cittadini 'decisioni nel merito' in tempi ragionevoli - conclude il sindacato delle toghe - nel rispetto dell'articolo 111 Cost. e senza rinunciare alle garanzie costituzionali (dal contraddittorio all'imparzialità del giudice; dal diritto alla difesa alla presunzione di non colpevolezza)".

Voci di protesta si sono alzate anche dal mondo del giornalismo. Il ddl sulle intercettazioni, infatti, infligge gravi limitazioni alla libertà e al diritto d'informazione, così la Federazione nazionale della stampa italiana e tutte le altre sigle sindacali del giornalismo sono pronte a "scioperare nei prossimi giorni". Lo ha annunciato il segretario generale della Fnsi, la Federazionale nazionale della stampa italiana, Franco Siddi. Dopo aver ricordato le molte iniziative di protesta susseguitesi in questi mesi in tutta Italia e la possibilità dello sciopero, Siddi ha concluso affermando che "se tutto questo non fosse sufficiente, passeremo alla disobbedienza civile, pubblicando quello che riterremo utile e necessario, anche se non pubblicabile secondo il ddl, e ce ne assumeremo la responsabilità".
Successivamente Siddi ha reso pubblica una nota congiunta Fieg (Federazione italiana editori giornali) Fnsi in cui l'organizzazione degli editori e il sindacato dei giornalisti si uniscono per, "rinnovare al Parlamento e a tutte le forze politiche l'appello ad evitare l'introduzione nel nostro ordinamento di limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca e di sanzioni sproporzionate a carico di giornalisti ed editori". Tali limitazione, per Fieg ed Fnsi, "violerebbero il fondamentale diritto della libertà d'informazione, garantito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Gli editori e i giornalisti concordano sulla necessità che sia tutelata la riservatezza delle persone, soprattutto se estranee alle indagini, ma non possono accettare interventi che nulla hanno a che vedere con tale esigenza e che porterebbero ad un risultato abnorme e sproporzionato: limitare, e in taluni casi impedire del tutto, la cronaca di eventi rilevanti per la pubblica opinione, quali le indagini investigative".

[Informazioni tratte da Adnkronos, Corriere.it]

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11 giugno 2009
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