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E' morto a Bagheria l'ultimo ''pitturi di carretti''

Si è spento a 83 anni Minico Ducato, uno degli ultimi Maestri decoratori di carretti siciliani

26 giugno 2009

Era un "pitturi di carretti", uno degli ultimi artisti che con maestria ha decorato per sessant'anni uno dei simboli siciliani riconosciuti in tutto il mondo. Tre giorni fa, Minico Ducato è morto a Bagheria a 83 anni. Dei quattro fratelli che lavoravano nella bottega di famiglia, in vita rimane adesso solo Giuseppe. Gli altri due Onofrio e Giovanni sono scomparsi negli anni scorsi.

Ricordava Minico: "Mio padre aprì la sua bottega nel 1895, allora le veline si usavano per disegnare le scene che poi andavano riportate sul legno del carretto. Le prendevamo dai libri, ma i soggetti li sceglievano i carrettieri in base alle loro inclinazioni personali e ai loro gusti". "Se a qualcuno piaceva la lirica ci metteva per esempio le scene della Cavalleria Rusticana, - aggiungeva - se gli desideravano le gesta eroiche optava per le avventure dei paladini. La scelta era importante, perché quei disegni erano lo status symbol del carrettiere per tutta la sua vita lavorativa".

Agli inizi del '900 a Palermo percorrevano le strade più di cinquemila carretti. "Nelle sponde, nelle ruote, nella cassa in cui predominano il giallo, il rosso, il verde e il turchino, vi sono - dicevano i Ducato ai loro allievi - i colori della passione, del sole, dello zolfo, delle arance e dei limoni, delle angurie e dei ficodindia, del cielo e del mare, della lava che sgorga dall'Etna e della focosità dei siciliani".

Lo scrittore Carlo Levi, nel suo libro "Le parole sono pietre" (Einaudi, 1955), dove descrive i suoi tre viaggi in Sicilia, dell'arte dei Fratelli Ducato scrive:
«Entrando a Bagheria, sui lati della strada vedemmo dei carri rovesciati a pancia in su, con una complicazione d'intagli e di forme minute, bianche e gialle di vernice, come budella stese al sole. Erano carri in costruzione, davanti all'antica bottega di una vecchia famiglia di illustri pittori di carri, i fratelli Ducato fu Michele. Sulla porta incrostata di strati di colore come una tavolozza abbandonata, stava scritto, forse per moderno influsso dei tempi, "Ducati bros - pictures"; ma dentro l'androne dove i fratelli e i loro aiutanti lavoravano, sulla parete di fondo spiccava, in grandi caratteri, la sentenza antica Dio solo è grande.

Ci fermammo a ammirare l'abilità con cui un lavoratore ornava e filettava una ruota, facendola girare sotto il suo pennello, mentre uno dei padroni era intento a dipingere, su un'ottima imprimitura a olio, un pannello con una scena di battaglia tra Bradamante e Dama Rovenza, con splendidi colori tradizionali, il vermiglio, il giallo, il verde e l'azzurro.
Dappertutto, nella bottega, stavano sportelli e pannelli, e casse di fuso intagliate con San Giorgio, coi ferramenti e gli arabeschi, e chiave scolpite col Bambino Gesù, e barroni con le loro teste, e traversine o chiomazzelli, fondi di cassa e tavolazzi: tutte le parti di quei meravigliosi strumenti che percorrono le strade di Sicilia, preparate e dipinte secondo i preziosi disegni tramandati dal padre, di cui era piena una grande cassa, in un angolo».

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26 giugno 2009
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