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E' morto solo Salvatore Cancemi

L'ex boss di Porta Nuova, in contrasto con Bernardo Provenzano, fu il primo pentito ad accusare Silvio Berlusconi di rapporti con la mafia

28 gennaio 2011

È morto il collaboratore di giustizia Salvatore Cancemi, uno dei più importanti pentiti della storia della mafia palermitana: fu, infatti, primo componente della "Commissione" di Cosa Nostra a rompere i legami con le cosche e il primo collaboratore di giustizia ad accusare il presidente del Consiglio Berlusconi di rapporti con la mafia. Cancemi, ex capomafia di Porta Nuova, è deceduto per un ictus il 14 gennaio scorso - ma la notizia si è appresa solo ora - nella località protetta in cui viveva da quando scelse di passare dalla parte dello Stato.

All'alba di un giorno di luglio del 1993, dopo una latitanza durata anni, bussò alla caserma dei carabinieri di piazza Verdi, a Palermo, e si consegnò. Disse di temere per la propria vita, di aver paura che Bernardo Provenzano, che lo aveva formalmente convocato per chiedergli conto di alcune sue prese di posizioni sulle strategia stragista, lo volesse far fuori. Perciò "Totò caserma", coì era soprannominato, avrebbe preferito lo Stato ai clan.
Passò anni in una caserma in compagnia sempre dello stesso maresciallo dei Ros. "La mia collaborazione - dichiarò una volta - non è stata una passeggiata". Tommaso Buscetta aveva di lui una grande considerazione: "Quello che dice Cancemi è oro colato, deve solo imparare ad avere più fiducia nello Stato".
Ma la versione sulle ragioni della svolta del pentito Omega, così lo chiamarono in codice i pm, non convinse molto gli investigatori, che a lungo restarono scettici anche sulla sua attendibilità. Ai carabinieri, l'uomo che prese il posto di Pippo Calò alla guida di uno dei mandamenti più importanti di Palermo, diede, almeno in principio, una versione assai soft del suo ruolo in Cosa nostra. Omettendo la sua partecipazione ad omicidi e, soprattutto, alle stragi del '92. A un avvocato che gli rimproverava omissioni e reticenze, rispose in aula: "io non sono un sacco che si svuota, ma una vite arrugginita che si svita lentamente". E per far fare il giro completo alla vite dei ricordi di Salvatore Cancemi, ci sono voluti anni e le dichiarazioni di altri pentiti come Ganci, Di Matteo e Ferrante.

Inchiodato dagli ex "commilitoni", Omega, per anni componente della Commissione di Cosa nostra, ammise delitti come quello dell'eurodeputato dc Salvo Lima e le stragi di Capaci e Via D'Amelio, seppure cercando di ridimensionare il suo "apporto". In carcere, però, il primo pentito a parlare dei mandanti occulti degli eccidi del '92, non ha passato nemmeno un giorno. Restano memorabili alcuni suoi confronti nelle aule di giustizia: come quello col boss Pippo Calò. O col finto collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino, ora sospettato di un clamoroso depistaggio delle indagini per l'eccidio del giudice Borsellino. "Tu non sei mafioso - disse Cancemi al picciotto della Guadagna - Non parli con un linguaggio mafioso, sei la vergogna dell'Italia, chi ti ha messo in bocca le cose che stai dicendo, tu non sai che cosa significa 'uomo d'onore', tu sei un bugiardo".
Considerava Totò Riina e Bernardo Provenzano come delle vere e proprie "belve". E ricordò quando, in una riunione della Commissione, "zio Totuccio" aveva "dato ordine che si dovevano distruggere tutti i parenti dei pentiti fino al ventesimo grado di parentela, incominciando da quando hanno 6 anni a salire".
Ma anche sulla sua di attendibilità i magistrati si sono interrogati. Decine di sentenze gli hanno creduto. Ma non mancano i provvedimenti in cui la sincerità di Cancemi è messa in serio dubbio. Il gip di Caltanissetta Tona, ad esempio, nel provvedimento di archiviazione delle indagini su Berlusconi e sul senatore Dell'Utri, nell'ambito dell'inchiesta sui mandanti occulti delle stragi del '92, definì le sue dichiarazioni "anguillose" e "viziate dalla costante propensione ridimensionare il proprio ruolo nei reati contestatigli".

Cancemi è morto solo. Avrebbe compiuto 69 anni a marzo. Era malato da tempo di tumore, ma lo ha stroncato un ictus. Nessuno dei suoi familiari aveva condiviso la sua scelta e l'aveva seguito lontano dalla Sicilia.

[Informazioni tratte da Ansa, Lasiciliaweb.it, Corriere del Mezzogiorno.it]

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28 gennaio 2011
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