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E' stata applicata la legge. Niente processo d'appello nei confronti dell'imputato Berlusconi Silvio

28 aprile 2006

Il processo d'appello nei confronti di Silvio Berlusconi per la vicenda Sme non sarà celebrato.
Lo hanno stabilito i giudici della seconda Corte d'appello di Milano respingendo tutte le eccezioni, compresa quella sulla legittimità costituzionale della legge sull'inappellabilità, proposte da accusa e difesa.

In pratica l'approvazione alla fine della scorsa legislatura della cosiddetta ''legge Pecorella'' (legge che prende il nome dall'onorevole Gaetano Pecorella, presidente della Commissione Giustizia della Camera, nonché difensore di Berlusconi) sull'inammissibilità dell'appello per chi è stato assolto in primo grado, ha determinato la fine del processo per Berlusconi, assolto dall'accusa di aver corrotto nel 1988 il giudice Filippo Verde per ostacolare la Cir di Carlo De Benedetti e prosciolto perché il reato nel frattempo è divenuto prescritto grazie alle attenuanti generiche accordate al Cavaliere per la corruzione nel 1991 di 434 mila dollari del capo dei gip romani Renato Squillante.

Insomma, l'uscente presidente del Consiglio, si è nuovamente ritrovato innocente in virtù della prescrizione e di una legge che impedisce un'ulteriore visura di tutti gli atti da parte dell'accusa.
La sentenza, infatti, era stata impugnata dalla procura perché le attenuanti accordate a Berlusconi erano state negate al coimputato Cesare Previti (condannato a 5 anni). Ma la legge Pecorella, approvata dal Parlamento il 12 gennaio scorso, ha precluso ai pm la possibilità di impugnare le assoluzioni. Quindi il processo di secondo grado, che la Corte d'appello aveva ancora fissato dopo le elezioni del 9-10 aprile, non si potrà fare: l'impugnazione si convertirà in ricorso per Cassazione (senza riesame del merito).

Quando la ''legge Pecorella'' fu approvata, si osservò che la limitazione dei poteri del pm è una grave violazione della parità delle parti nel processo, sancita dalla Costituzione. Ma la Costituzione non prevede espressamente un doppio grado di giurisdizione, e il processo di appello rientra, dunque, nelle scelte discrezionali del legislatore. E' questo uno dei motivi che hanno determinato i giudici della Corte d'appello di Milano a respingere l'eccezione di costituzionalità sull'inappellabilità di un verdetto assolutorio presentata dalla procura generale di Milano.
"Il doppio grado di giurisdizione di merito - motivano i togati milanesi - non gode di copertura costituzionale e neppure trova fondamento nell'articolo 2 del Protocollo addizionale n. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali approvata a Strasburgo". Per questo "deve convenirsi che la limitazione del potere di proposizione dell'appello rientra nelle scelte discrezionali del legislatore".

Il procedimento di carattere civile, così come chiesto dalla Cir, comunque ci sarà. La Corte ha dichiarato ammissibile il ricorso presentato dal gruppo di De Benedetti il 3 giugno dello scorso anno per chiedere "l'accoglimento delle sue pretese civili collegate alla vicenda giudiziaria riguardante la compravendita delle azioni Sme". Toccherà al presidente della seconda Corte, Alfonso Marra, fissare l'udienza in cui si discuterà solamente questo capitolo della vicenda Sme.

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28 aprile 2006
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