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E' stata firmata dalle Nazioni Unite la Convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità

02 aprile 2007

La scorsa settimana il Ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, insieme al Sottosegretario Franca Donaggio, si sono recati a New York, alle Nazioni Unite, per firmare a nome dell'Italia la Convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità, la prima grande Convenzione Internazionale in materia di diritti umani del Terzo Millennio.
Questa Convenzione, che riguarda oltre 650 milioni di persone che in tutto il mondo sono costrette a convivere con le difficoltà legate alla loro condizione e alle discriminazioni più diverse, riafferma i diritti inalienabili che appartengono a ciascun individuo e che non possono essere negati proprio alla parte più fragile della popolazione.
Per la prima volta, dunque, le Nazioni Unite riconoscono con una speciale Convenzione l'esigenza di dare dignità alla ''nazione'' dei disabili: una realtà che numericamente viene al terzo posto dopo le popolazioni della Cina e dell'India. In una solenne cerimonia, un primo gruppo di una cinquantina di Paesi ha firmato il documento che sancisce il riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità e si impegna a favorire con concrete iniziative il loro effettivo inserimento nella società, incominciando dalla scuola e soprattutto dal mondo del lavoro.

L'Italia, senza dubbio, può vantare di essere una delle prime firmatarie di questa Carta dell'Onu, e può essere fiera di avere una delle legislazioni più avanzate in questo campo. Ma l'essere accomunata nel plotone dei primi 50 firmatari con paesi come Austria, Cipro, Croazia, Danimarca, Finlandia, Germania, Irlanda, Islanda, Israele, Lituania, Portogallo, Regno Unito, San Marino, Slovenia, Svezia e Spagna, e fra le nazioni extraeuropee anche alla Corea, al Sudafrica e alla Cina, ci ridimensiona bruscamente quando dalle dichiarazioni astratte di principio e dalle formule legali si passa alla verifica concreta di ciò che è stato fatto per dare applicazione a questi nobili principi.
Il problema non è soltanto una questione di risorse finanziarie. L'Italia infatti, per le varie indennità come l'accompagnamento dei disabili, e per le misure di sostegno nella scuola, spende già 8 miliardi di euro e, inoltre, nella scuola, ha uno degli indici di sovraffollamento delle classi più bassi del mondo.
E' la realtà ad essere diversa. Per capirlo basta confrontare il modo in cui è tutelata la mobilità del portatore di handicap in Italia con quanto accade non solo in Svezia (il che è scontato) ma negli Stati Uniti, che pure hanno fama di essere refrattari al Welfare State. A New York il disabile ha diritto di fermare l'autobus e salire quando gli pare, perfino nelle ore di punta, e l'autista è tenuto ad aiutare il passeggero. La procedura è lenta e macchinosa ma nessun automobilista si mette a strombazzare per il traffico bloccato. In Italia, lo sappiamo tutti, episodi simili appartengono alla pura fantascienza.

Per non parlare delle stazioni italiane, dove nessuno ha ancora pensato a realizzare quell'invenzione non moderna che sono le pensiline a livello con i treni. Il viaggiatore si presume dotato di capacità acrobatiche, essenziali per arrampicarsi sui vagoni con pesanti valigie e per saltare a terra. Se è disabile o comunque non in forma, si faccia aiutare da qualcuno; altrimenti resti a casa.
Per non ripetere con indignazione le condizioni delle strade, le migliaia di barriere architettoniche presenti in ogni dove e i tanti, tantissimi umilianti ''blocchi'' ai quali i nostri diversamente abili sono costretti quotidianamente a fermarsi.

''Il problema - ha spiegato il ministro Ferrero - in Italia non è di aumento delle risorse ma di miglioramento dei servizi''. Ancora più grave del trasporto è, per il disabile italiano, la situazione in fatto di accesso al mercato del lavoro. Secondo le statistiche, infatti, la disoccupazione italiana negli ultimi anni è scesa al 6,8%. Si tratta di un dato che, per quanto dovuto in buona parte al forte impulso dei contratti di lavoro a tempo, rispetto alla media europea di paesi come la Francia o la Germania può sembrare positivo. Ma per il portatore di handicap il lavoro resta quasi sempre un miraggio se è vero, come afferma il ministro, che ''nella categoria dei disabili la disoccupazione in Italia è del 76%''.
La speranza è che con questa nuova ''carta dei diritti'' i ''normalmente abili'' inizino a smantellare tutte le barriere architettoniche, cominciando da quelle che si hanno in testa.

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02 aprile 2007
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