E' un Paese ad alto rischio idrogeologico
La Sicilia è una delle regioni più a rischio, la gente lo sa ed ha paura. Ma le istituzioni...
Nubifragi e smottamenti hanno fatto tornare nelle ultime ore la paura in Sicilia. Nuovi crolli si sono verificati a Giampilieri e nelle altre zone della provincia di Messina già duramente colpite dall'alluvione del 2009 che provocò 37 vittime e un centinaio di feriti. Poco, da allora, è stato fatto. E tra i cittadini cresce la preoccupazione per lo stato in cui versa il territorio.
Da un'indagine, condotta dall'Istituto Nazionale di Ricerche Demopolis, risulta che il 53% dei siciliani teme che la zona in cui vive sia a rischio idrogeologico, che possano verificarsi frane ed alluvioni. L'ennesima emergenza nell’Isola ha, dunque, determinato nell'opinione pubblica una crescente percezione di insicurezza abitativa in un territorio altamente sismico e molto fragile sul piano idro-geologico. Secondo i dati del Monitor continuativo Demopolis sull'opinione pubblica, diretto da Pietro Vento, la percentuale di cittadini che esprime timore sull'eventualità che i cambiamenti climatici e le piogge, sempre più ricorrenti, possano provocare danni al territorio è cresciuta di 22 punti in due anni: dal 31% del 2008 al 53% di questi giorni.
Si mantiene inoltre elevata la percezione di rischio sismico nell'Isola: il 66% degli intervistati esprime preoccupazione sugli effetti che potrebbe determinare un eventuale terremoto nella zona di residenza. Sul dato - in crescita considerevole dal 2008 ad oggi - grava anche la memoria del terremoto in Abruzzo e della tragedia di Haiti.
Per prevenire e contrastare i pericoli connessi alla sempre più evidente vulnerabilità del territorio siciliano, i cittadini - intervistati dall'Istituto Demopolis - chiedono, a maggioranza assoluta, ai Governi nazionale e regionale che si vieti la costruzione di edifici in zone a rischio (57%) e che si verifichino lo stato del territorio e le condizioni strutturali degli immobili (54%).
Inoltre, il 48% chiede che si mettano in sicurezza gli edifici pericolanti (48%) e che si controlli il rispetto dei criteri di sicurezza nelle nuove costruzioni (41%).
Proprio quello che da anni chiedono diversi specialisti e ricercatori del settore. Secondo Mimmo Fontana, presidente di Legambiente Sicilia, dopo il nubifragio dell'altro ieri nel Messinese, l'atteggiamento del Governo regionale è "irresponsabile, perché continua a perdere troppo tempo non affrontando la questione in modo strutturale". "Il dissesto idrogeologico - ha aggiunto Fontana - non è solo una questione di Protezione civile, ma soprattutto un problema da affrontare con serie e efficaci politiche di prevenzione. Siamo stanchi di fare le cassandre, è ora che ognuno si assuma le proprie responsabilità e che si faccia qualcosa per noi siciliani e per il nostro territorio". "Legambiente - ha aggiunto - ha stilato da oltre un decennio le sue proposte per evitare il ripetersi di bollettini di cronaca su alluvioni e frane. Quello del denaro che non c'è o non è sufficiente è ormai diventato un alibi. L'obiettivo più urgente non dev'essere quello di realizzare grandi e costosissimi manufatti e opere, spesso inutili, se non dannosi, ma puntare su politiche di gestione territoriale realmente sostenibili. È ovvio comunque che serviranno anche grandi finanziamenti per l'adeguamento di infrastrutture viarie o per la delocalizzazione dei troppi manufatti che si trovano in aree a rischio". "Ecco perché - ha concluso Fontana - sarebbe necessario redigere un piano decennale, da finanziare di anno in anno, con il quale sostenere una grande opera di manutenzione straordinaria del territorio, indispensabile per garantire la sicurezza a quei troppi cittadini che oggi nel nostro paese sono messi a rischio".
Ieri il presidente dei geologi siciliani, Emanuele Doria, con una nota in merito agli ultimi eventi franosi nel sud Italia provocati dal maltempo, ha rivolto un appello ai parlamentari siciliani "perchè trovino il coraggio di rifiutarsi di partecipare a spartizioni a tavolino di fondi, incuranti delle reali necessità delle popolazioni che rappresentano". "Ecco le conseguenze dirette dell'attuale attenzione rivolta al territorio dalla nostra classe politica, la quale pare continuare a ignorare l'emergenza idrogeologica del sud Italia" ha affermato Doria. "Nonostante la Commissione Ambiente della Camera ha stimato in 44 miliardi di euro il fabbisogno per la messa in sicurezza del territorio italiano - ha detto poi il geologo - con il Decreto milleproroghe appena approvato si è realizzato uno scippo alle regioni del Sud, ed in particolare alla Sicilia, titolari dei fondi Fas, su cui sono stati raccolti i 200 milioni di euro per il dissesto idrogeologico".
L'allarme dei geologi italiani - Allarme dei geologi italiani che, a fronte di un cruciale aumento delle calamità naturali nel nostro Paese soggetto a gravi rischi geoambientali, lamentano la riduzione dei fondi per la ricerca. Nelle scorse settimane i geologi, attraverso il loro presidente dell'Ordine Nazionale, Gian Vito Graziano, hanno lanciato un appello al ministro dell'Università e Ricerca, Mariastella Gelmini, chiedendole un incontro. "E' necessaria una riforma della governace del territorio" ha sottolineato Graziano.
"I geologi vedono ridursi finanziamenti in continuo" ha aggiunto Eugenio Carminati del Comitato di Scienze della Terra del Consiglio Universitario Nazionale (Cun). Mentre il geologo Rodolfo Carosi del Cun aggiunge: "In un Paese la cui sicurezza geoambientale è quotidanamente minacciata da una miriade di avversità naturali, troppo spesso queste avversità si tramutano in calamità per la colpevole miopia dello Stato".
"Se non prestiamo attenzione, se non salvaguardiamo il Paese dal rischio sismico, dal rischio idrogeologico, dal rischio vulcanico, senza dimenticare l'erosione delle coste, è inutile che rincorriamo le emergenze spendendo dieci volte di più" ha ribadito poi Graziano. "Per la sola Giampilieri - ha ricordato - si sono spesi 550 mln di euro per appena sei ore di pioggia. Con questi soldi avremmo potuto finanziare la cultura universitaria pensando di potenziare i Dipartimenti di Scienze della Terra e non cancellarli".
"In Italia - ha proseguito ancora il presidente dell'Ordine Nazionale dei Geologi - rischiamo di raggiungere un punto di non ritorno. Dobbiamo affrontare tali problematiche se vogliamo un'Italia sicura, se vogliamo bene ad un Paese quale il nostro che è ricco di bellezze ma anche di rischi dal punto di vista geologico". Chiaro il presidente Graziano sulla riforma universitaria: "Il Cng condivide la preoccupazione sul fronte sicurezza del territorio nell'interesse del sistema Paese. Se tagliare significa togliere fondi alla ricerca ed agli studi sul territorio, allora non ci stiamo". "Ricordo - ha sottolineato ancora Graziano - che viviamo in un Paese dove moltissime aree sono a rischio sismico 1 e dove non c'è solo tale rischio. Non si possono tagliare fondi ed eliminare i Dipartimenti di Scienze della Terra. Il legislatore deve porsi il problema e affrontarlo con una riforma di governo del territorio. Al ministro Gelmini chiediamo un incontro al fine di affrontare almeno questa parte della riforma affinchè possano esserci azioni condivise in difesa della ricerca".
[Informazioni tratte da Demopolis.it, Adnkronos/Ing, Ansa, Lasiciliaweb.it]