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Ecco chi era l'"Iron man" di Ficarazzi

Nelle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia il riscontro di alcune vicende che hanno portato agli arresti nel centro alle porte di Palermo

07 agosto 2010

L’operazione dei carabinieri, denominata 'Iron man', che ha colpito il racket a Ficarazzi (LEGGI) ha fatto emergere vicende che trovano riscontro anche nelle parole di due pentiti di primo piano: Andrea Bonaccorso e Santino Puleo.

Bonaccorso, affiliato del clan Lo Piccolo è stato arrestato nel gennaio del 2008. Viene indicato quale il conducente della moto dalla quale il 13 giugno del 2008 Sandro Lo Piccolo, delfino del clan, sparò al reggente della famiglia mafiosa della Noce, Nicola Ingarao, uccidendolo (LEGGI). Coinvolto in altri gravi fatti di sangue, una volta tratto in arresto, ha deciso di collaborare, fornendo utilissime informazioni sull’assetto di Cosa nostra palermitana.
In questo senso, ha rivelato, in maniera chiara: "Mi risulta che il reggente a Ficarazzi sia Giovanni Trapani. Conosco la circostanza per averla appresa da Pino Scaduto [...] A carico dello stesso mi risulta che si sia interessato tra l’altro di estorsioni [...] In un’altra occasione il Trapani aveva preteso di entrare in società con un costruttore, pretendendo il pagamento di una cifra per ciascuno degli appartamenti".
Viene poi chiarito che la somma pretesa corrispondeva a 3.000 euro ad appartamento, per un totale di circa 50-60 mila euro, trattandosi di due palazzine di appartamenti. Nella circostanza, secondo quanto spiegano i carabinieri, proprio Bonaccorso si offrì di intermediare a favore del costruttore, vittima della richiesta estorsiva: l’intervento andò a buon fine nel senso che ci si accordò affinché il costruttore si limitasse a fare soltanto "un regalo" al Trapani.

Molto più articolate - hanno spiegato i carabinieri - le dichiarazioni di Santino Puleo, un ex vetraio di Brancaccio. Sottoposto al fermo di indiziato di delitto da parte del pm, nel gennaio 2009, perché ritenuto responsabile del reato di tentata estorsione aggravata dalla finalità mafiosa in danno di un imprenditore, ha subito manifestato la propria volontà di collaborare con la giustizia, ammettendo la propria responsabilità per i fatti contestatigli.
Puleo ha spiegato di fare della famiglia mafiosa di Corso dei Mille, su mandato della quale svolgeva atti intimidatori e danneggiamenti finalizzati alle estorsioni e alle ritorsioni deliberate dall’associazione per imporre la sua supremazia sul territorio. Il collaboratore ha riferito ai magistrati di "una riunione svoltasi a Bagheria durante la latitanza di Antonino Lo Nigro e di Stefano Marino, alla quale presero parte anche [...] il fabbro di Ficarazzi Atanasio Alcamo, […] la riunione si tenne nell’abitazione nella quale trascorreva la sua latitanza Stefano Marino [...]". Latitanza che secondo i militari dell'Arma venne gestita proprio da Alcamo.
"Si staglia – dicono i carabinieri - in maniera netta ed evidente il pieno inserimento di Atanasio Alcamo nel contesto della famiglia mafiosa di Ficarazzi, attese, peraltro, la notevole capacità operativa, il forte controllo del territorio nonché la spregiudicatezza dimostrate nella gestione di un latitante; inoltre proprio questa forma di disponibilità a fornire accoglienza e riparo ai latitanti, braccati dalle incessanti indagini delle forze dell’ordine, rappresenta il vero salto di qualità nell’organizzazione e conferma il moto ascensionale del quale è protagonista Alcamo in seno a Cosa Nostra, ritenuto affiliato fidato, leale e di spessore". [Informazioni tratte da Ansa, LiveSicilia.it, GdS.it]

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07 agosto 2010
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