Ecco cosa scriveva Mancino a Napolitano
"Non chiedo interventi che possano provocare polemiche, ma mi attendo iniziative da parte di chi è preposto alla tutela dell'unitarietà della giurisdizione"
Ieri, durante il processo sulla trattativa Stato-mafia, il segretario generale del Quirinale Donato Marra, ha consegnato alla Corte d'assise, che celebra il dibattimento, la lettera che l'ex ministro Nicola Mancino, il 27 marzo del 2012, inviò al capo dello Stato Giorgio Napolitano ponendo il problema della mancanza di un'unitarietà di indirizzo investigativo nelle indagini sul presunto patto tra clan e pezzi delle istituzioni condotte da tre Procure: quella di Palermo, Firenze e Caltanissetta. La missiva è stata letta in aula dal pm Nino Di Matteo.
Marra inviò la lettera di Mancino alla procura generale della Cassazione insieme a una nota predisposta dall'allora consigliere giuridico del Quirinale Loris D'Ambrosio e sottoscritta dallo stesso Marra. Nella nota, come ha ribadito il teste, si invitava il pg a valutare se adottare iniziative di coordinamento investigativo.
In più occasioni il segretario generale del Quirinale, anche ricordando la sentenza della Consulta che ha risolto il conflitto di attribuzioni tra la Procura di Palermo e il Colle nato a proposito delle intercettazioni delle telefonate tra Mancino e Napolitano, ha sottolineato di non poter parlare delle questioni relative ai rapporti del capo dello Stato con i suoi consiglieri.
"Onorevole Presidente, tre Procure della Repubblica hanno lavorato e continuano a lavorare per venire a capo delle responsabilità penali di chi ha organizzato la strage di Via D'Amelio, di chi ha ucciso in via dei Georgofili o fatto esplodere le bombe a Milano o in via Fauro a Roma, nella primavera-estate '93. Centrale per un'indagine è la valutazione sull'atteggiamento tenuto dai responsabili istituzionali addetti in quel periodo all'applicazione del regime del carcere duro" si legge nel passaggio conclusivo della lettera.
Nella missiva Mancino lamentava l'assenza di un coordinamento investigativo nelle indagini condotte dai pm di Firenze, Palermo e Caltanissetta. "La domanda che mi pongo, onorevole Presidente, - scriveva l'ex politico Dc, che nel processo sulla trattativa è indagato per falsa testimonianza - è se un ordinamento come quello italiano non abbia, come io invece credo che debba avere ed ha, gli strumenti utili a dare alle indagini quella unitarietà di indirizzo di procedure e di motivazioni che, attraverso un unico organo giudiziario, possa esprimere coerenti conclusioni sui fatti oggetto di indagini penali e sulle motivazioni che le hanno originate".
"A me, se me lo consente Signor Presidente, la probabilità che tre Procure, tre organi giudiziari possano concludere sui fatti di via D'Amelio in modo difforme non appare in armonia con il nostro ordinamento. - concludeva - Non chiedo interventi che possano provocare polemiche, ma mi attendo iniziative da parte di chi è preposto alla tutela dell'unitarietà della giurisdizione. La ringrazio per l'attenzione che può riservare alle mie considerazioni e la saluto rispettosamente". [ANSA]