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Ecco il ''Lombardo-bis''

Presentata la nuova squadra di governo siciliano. Tre le new entry mentre è assente l'Udc

29 maggio 2009

Il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, ha presentato la nuova giunta  nella quale ci sono sei assessori confermati, mentre due deleghe sono state tenute dal governatore per sè.
Del "Lombardo-bis" fanno parte quattro deputati dell'Ars: gli uscenti Titti Bufardeci, Luigi Gentile e Michele Cimino del Pdl, Roberto di Mauro e Giuseppe Sorbello dell'Mpa. Confermato il tecnico Massimo Russo, in quota Mpa. Gli altri nuovi tecnici sono: Caterina Chinnici, procuratore minorile a Palermo e figlia di Rocco Chinnici, il magistrato ucciso dalla mafia nell'83; l'avvocato Gaetano Armao, ex sovrintendente del Teatro Massino di Palermo; Marco Venturi, vice presidente di Confindustria Sicilia e presidente del settore Piccola industria.
"Il nostro è un governo dell'autonomia, di uomini liberi che non temono diktat", ha detto Lombardo nel corso dell'affollata conferenza stampa di presentazione della giunta. Il governatore ha poi aggiunto che "nessun assessore, che nel precedente governo ha operato la caccia all'uomo, può essere premiato e non farà mai parte di questo governo".

Questa mattina il presidente Lombardo, in collegamento con "Panorama del giorno" di Maurizio Belpietro, su Canale 5, aveva detto: "Si va a una correzione di rotta perché nella barca c'era chi remava contro all'interno della stessa maggioranza. La maggioranza era e resta quella che gli elettori hanno voluto e così l'opposizione. Si tratta di determinare cambiamenti che ci consentano di andare avanti più speditamente. Tra l'altro il sistema siciliano, come quello di tante altre regioni italiane è in profonda crisi, la recessione e la vigilia del federalismo ci costringono a scelte dure ma necessarie, non possiamo che farlo in sintonia".

Nella nuova compagine due sono le cose che subito saltano all'occhio: la mancanza di Giovanni Ilarda, il magistrato entrato nel primo governo Lombardo e dato fino all'ultimo tra gli assessori confermati, e l'assoluta mancanza in giunta di rappresentati dell'Udc.
Per quanto riguarda Ilarda, Lombardo ha spiegato: "Ilarda è stato scelto come tecnico, ma se decide di seguire la linea politica dell'Udc, significa che automaticamente perde la sua qualifica di tecnico". Per quanto rigurda invece l'assenza totale dell'Udc, il presidente Lombardo ha detto di essere comunque disponibile al dialogo col partito.

L'ASSURDA FAIDA DELLA SICILIA
di Gian Antonio Stella (Corriere.it, 29 maggio 2009)

«Mi sto divertendo molto»
, ridacchia Raffaele Lombardo. Certo si divertono meno gli sbigottiti elettori del centrodestra. Che si chiedono: com'è possibile che proprio lì, nell'isola del mitico «cappotto» alle politiche del 2001 (61 parlamentari a 0), delle 9 province su 9 oggi in pugno ai «moderati», del trionfo (65%) alle ultime regionali, sia scoppiata nella coalizione, a pochi giorni dalle Europee, la «guerra termonucleare»?Perché così è stato definito dai suoi stessi protagonisti lo scontro che sta squassando la traboccante maggioranza (61 seggi contro 29) che potrebbe dominare incontrastata l'Assemblea Regionale Siciliana: una «guerra termonucleare». Dove da settimane i protagonisti si scambiano insulti d'ogni genere, da «sleale» a «farabutto», da «delirante» a «stigghiularu», venditore ambulante di budella. Dove velenosi dispetti avevano esclusi dal ricevimento in onore di Napolitano in visita perfino il presidente del Senato Renato Schifani e il Guardasigilli Angelino Alfano. Dove un sotto-segretario alla presidenza del Consiglio, Gianfranco Miccichè, in rotta coi vertici del Pdl, arriva a dire: «Mi dovranno sparare per fermarmi». Per non parlare dello stesso governatore che, vittima anni fa dell'intimidatoria affissione di manifesti listati a lutto, si è spinto a evocare la lontana e oscura uccisione dell'indipendentista Antonio Canepa: «Non escludo di fare la stessa fine». Parole che, in una terra segnata da una spaventosa catena di delitti «politici », non vanno prese troppo metaforicamente.

Cosa succede? Il nodo, forse, è proprio nell'eccesso di sicurezza d'una coalizione che da tempo, anche a causa di una sinistra via via evaporata in un lamento vittimista («perché i siciliani non ci capiscono?») e ridotta qua e là a numeri di testimonianza, vince ogni elezione a mani basse. E non sembra avere ormai altri avversari che se stessa. La rivendicazione del rapporto esclusivo con Roma. La voglia di affermare un tasso più alto di combattività sicilianista. Gli appetiti insaziabili di notabili che controllano ettari di territorio, blocchi di contrade, pezzi di partito, pacchetti di voti. Scommettiamo: anche per il Cavaliere sarebbe meglio un'opposizione più forte che una guerra tra galli per il dominio di un pollaio.

«Zucchero non guasta bevanda», ha detto mesi fa il sindaco uscente di un paese agrigentino con un «comunale» ogni 13,7 abitanti, spiegando che se avesse potuto avrebbe assunti altri dipendenti ancora. Ecco: può darsi che a ricandidare uomini così si possano vincere le elezioni. Ma poi? Non basta vincere e neppure stravincere: poi occorre governare. Questa è la lezione che arriva da Palermo. E in un momento di difficoltà come questo in cui più acute si fanno le gelosie dei «lumbard» sui soldi «dovuti» al Nord e di Lombardo per quelli «dovuti» al Sud, lo spettacolo indecente offerto dalla insanabile faida dentro la trionfante ma litigiosissima destra isolana, al di là delle ragioni e dei torti, esige una risposta. Che non va data solo ai siciliani.

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29 maggio 2009
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