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Ecco perché Cuffaro è colpevole!

Depositata la sentenza d'Appello del processo sulle 'talpe alla Dda'. Secondo i giudici "Cuffarò favorì Cosa nostra"

24 aprile 2010

I giudici della terza sezione penale della corte d'Appello hanno depositato giovedì scorso la sentenza del processo denominato 'Talpe alla dda' che vedeva imputati, tra gli altri, l'ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro e l'imprenditore della sanità privata Michele Aiello.
Il collegio, rispettando la data dei 90 giorni per la compilazione della motivazione, scaduta il 22 aprile, in 939 pagine ha spiegato perché, modificando il verdetto del primo grado, ha condannato Cuffaro per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra (il tribunale lo aveva ritenuto responsabile del reato di favoreggiamento semplice) aumentando da 5 a 7 anni la pena inflitta al politico. Nella dettagliata motivazione anche le ragioni dell'inasprimento di pena (da 14 anni a 15 e 6 mesi) per Aiello e della condanna per concorso in associazione mafiosa a otto anni dell'ex maresciallo del Ros Giorgio Riolo (il tribunale lo aveva ritenuto responsabile del reato di favoreggiamento aggravato alla mafia e gli aveva dato 7 anni).

Sostenendo la candidatura politica di un uomo vicino al boss Giuseppe Guttadauro e facendo arrivare al padrino, in più occasioni, notizie riservate su indagini in corso a suo carico, l'ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro agì per favorire Cosa nostra. Questo, in estrema sintesi, il ragionamento seguito dai giudici della corte d'appello di Palermo che, a febbraio scorso, riformando il verdetto di primo grado, che condannava l'ex presidente per favoreggiamento semplice, ritennero il politico responsabile del più grave reato di favoreggiamento aggravato alla mafia. Valutazione che comportò anche un inasprimento della pena inflitta a Cuffaro: 7 anni di reclusione contro i 5 della prima sentenza.
Nell'articolatissima motivazione il collegio analizza le "relazioni pericolose" del politico, strenuo sostenitore della candidatura alle regionali del 2001 di Mimmo Miceli (nella foto), suo delfino, poi condannato a 10 anni per mafia. Per i magistrati l'ex governatore era pienamente consapevole dei legami di Miceli con il boss Giuseppe Guttadauro.
"Dal contenuto delle conversazioni ambientali intercettate presso l'abitazione del Guttadauro, - hanno scritto i giudici - risulta proprio che alla scelta della candidatura Miceli si addivenne a seguito di un sostanziale ed effettivo accordo, certamente mai diretto ma mediato, che coinvolse proprio l'associato mafioso e l'imputato Cuffaro". "Ciò che appare sicuramente incontestabile - hanno proseguito - è la circostanza che il Cuffaro era perfettamente consapevole dell'appoggio fornito non soltanto a titolo personale da Guttadauro, ma dall'associazione mafiosa, alla candidatura Miceli, dei frequenti incontri tra i due, del rapporto confidenziale che essi avevano". "Può quindi fondatamente ritenersi - hanno spiegato - che la scelta della candidatura Miceli fu il risultato di una lunga partita a scacchi giocata dall'associato mafioso e da Cuffaro ognuno consapevole del ruolo e degli interessi dell'altro".

Per la corte, inoltre, la prova del rapporto tra Cuffaro e il boss Guttadauro si deduce anche dalla vicenda relativa al concorso per l'assunzione dei medici assistenti all'ospedale Villa Sofia di Palermo "in relazione alla quale - si legge nella motivazione - è risultato inequivocabilmente provato, attraverso l'analisi delle conversazioni intercettate, che Giuseppe Guttadauro aveva raccomandato a Cuffaro due sanitari, tramite Domenico Miceli". Secondo i giudici, "l'uomo politico ben aveva presente l'origine della sollecitazione riguardante i dottori: cioè l'associato mafioso".
Dettagliata anche la parte della sentenza relativa alle diverse fughe di notizie fatte da Cuffaro in favore di esponenti mafiosi. Come quella relativa alla presenza di microspie a casa di Guttadauro, comunicata dal politico al boss, a giugno del 2001, sempre tramite Miceli. La rivelazione, peraltro, consentì al capomafia di scoprire la cimice e di mandare a monte possibili sviluppi investigativi.
"Se Cuffaro - hanno scritto i giudici - avesse trasmesso a Miceli la notizia del suo esclusivo coinvolgimento in operazioni di intercettazioni da parte del ROS, allora avrebbe potuto affermarsi che aveva voluto agevolare solo l'amico ed al più correre il rischio, soltanto ipotetico e minimamente probabile, della trasmissione di una informazione anche ai componenti dell'organizzazione mafiosa con esso in contatto". "Avendo, invece, Cuffaro - prosegue la sentenza - trasmesso a Miceli la notizia del coinvolgimento di questi e dell'associato mafioso Guttadauro nelle operazioni di intercettazioni, egli agì ritenendo non semplicemente possibile ma certo od altamente probabile l'evento della trasmissione della notizia anche al membro dell'organizzazione". Secondo i giudici, "con la trasmissione della notizia riguardante la sottoposizione ad intercettazione di entrambi (sia Miceli che Guttadauro), infatti, Cuffaro divulgava un fatto assolutamente dirompente non soltanto per il capomafia, ma per l'organizzazione stessa".
22/04/2010

[Informazioni tratte da Ansa, La Siciliaweb.it]

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24 aprile 2010
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