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Ecomafia 2014

Nell'annuale dossier di Legambiente la Sicilia risulta seconda in classifica per reati ambientali

12 giugno 2014

Sono 29.274 le infrazioni accertate nel 2013 in Italia, più di 80 al giorno, più di 3 l'ora. In massima parte hanno riguardato il settore agroalimentare: ben il 25% del totale, con 9.540 reati, più del doppio del 2012 quando erano 4.173. Il 22% delle infrazioni ha interessato invece la fauna, il 15% i rifiuti e il 14% il ciclo del cemento.
Sono alcuni dei dati di Ecomafia 2014, il dossier di Legambiente che monitora e denuncia puntualmente la situazione della criminalità ambientale, quest’anno dedicato alla memoria di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e del sostituto commissario di polizia Roberto Mancini, recentemente scomparso per la malattia contratta proprio a causa delle indagini sui traffici dei rifiuti condotte tra Campania e Lazio.

La Sicilia è la seconda regione nella classifica generale dei reati ambientali, dopo la Campania e prima di Puglia, Calabria e Lazio.
Il fatturato, sempre altissimo nonostante la crisi, ha sfiorato i 15 miliardi di euro grazie al coinvolgimento di numerosi clan (ben 321) che per i loro traffici hanno potuto contare spesso sull'aiuto di funzionari e dipendenti pubblici consenzienti o decisamente disonesti che hanno semplificato iter e processi autorizzativi in cambio di sostanziose mazzette.
E se l'aggressione ai beni comuni continua senza sosta e senza troppi scossoni, cambia la geografia degli ecocrimini, sempre più insofferente ai confini territoriali e amministrativi (sia regionali che nazionali o internazionali), così come mutano le strategie criminali e i modus operandi.
I rifiuti, ad esempio, non finiscono solo sotto terra, ma anche nei circuiti del riciclo in nero o del finto riciclo, i soldi incanalati nei circuiti finanziari internazionali. Ci troviamo quindi, di fronte ad una imprenditoria ecocriminale, caratterizzata da un vivace dinamismo, a cui fa da contraltare l'immobilismo della politica nazionale: nel nostro Paese vige ancora una legislazione a tutela dell'ambiente del tutto inadeguata, a carattere sostanzialmente contravvenzionale e basata su una vecchia impostazione che riconosce massimamente le ragioni dell'economia tralasciando i costi ambientali, sanitari e sociali.

All'inizio di quest'anno sembrava possibile uno scatto politico in avanti per affrontare questi reati con strumenti adeguati. Il disegno di legge sui reati ambientali approvato alla Camera e la gestazione in Parlamento di un disegno di legge sulla corruzione sono iter necessari e non più rinviabili. Invece, ancora una volta, sono bloccati. La commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti non è ancora operativa. E gli inquinatori festeggiano. Perché senza l'approvazione della legge che inserisce i reati ambientali nel codice penale, che seppure troppo limitata e imperfetta rappresenterebbe un chiaro indirizzo e magari anche un punto di non ritorno nella lotta alle ecomafie, sarà difficile istituire inchieste e colpire gli ecocriminali che nonostante i danni pesantissimi inferti alla comunità e all'ambiente continueranno a farla franca.

Analizzando le tipologie di reato, Ecomafia 2014 evidenzia un leggero calo delle infrazioni rispetto al 2012 (-14%), dovuto soprattutto alla riduzione degli incendi, un aumento delle denunce (28.360, erano 28.132 l'anno precedente), il calo dei sequestri (7.764 nel 2013, 8.286 nel 2012), mentre il numero degli arresti rimane stabile a 160.
Aumentano i reati nel ciclo dei rifiuti, passando da 5.025 a 5.744, +14,3%, con 6.971 denunce (+ 15,9%) e 90 arresti: 90 (+3,4%). Salgono anche i sequestri: 2.318, + 3,9%. Il 40% dei reati avviene nelle 4 regioni a tradizionale insediamento mafioso, Campania in testa con 953 reati, il 17% del totale, seguita da Puglia, Calabria e Lombardia. Tra le provincie, prima è Napoli seguita da Roma quindi Reggio Calabria e Salerno.

Nel ciclo del cemento calano i reati: 5.511 nel 2013 (-12,7%, erano 6.310 scorso anno) e salgono gli arresti (21), calano denunce (7.155) e sequestri (1.566). Il 44,2% dei reati avviene nelle 4 regioni a tradizionale presenza mafiosa, Campania in testa, seguita da Puglia, Calabria, Lazio, Sicilia e Toscana. Napoli è la provincia più colpita.
Eclatante il boom dei reati nel settore dell’agroalimentare che dai 4.173 reati del 2012 passa a ben 9.540 con il raddoppio delle denunce e 57 persone arrestate.
Salgono anche i reati contro la fauna con infrazioni per commercio illegale di specie protette, abigeato, bracconaggio, allevamenti illegali, pesca di frodo, maltrattamenti e combattimenti clandestini: 8.504 totali, più 6,6%, con l'impennata degli arresti che passano da 7 a 67, 7.894 denunce e 2.620 sequestri. La maggior parte dei reati si registrano in Sicilia con 1.344 infrazioni, seguita da Campania (1.075) e Puglia (953).

Buone notizie sul fronte incendi, che diminuiscono notevolmente: dagli 8.304 del 2012 ai 3.042 del 2013 (- 63%), dimezzate le persone denunciate (da 742 a 375) con calo degli arresti (da 21 a 7) e dei sequestri: da 154 a 88. Nonostante ciò, rimane alto il numero di ettari di superficie boscata percorsi dal fuoco: 1.304. Se la creazione del catasto delle aree bruciate e il monitoraggio messo in campo da un numero crescente di amministrazioni ha funzionato da deterrente, speriamo che il trend positivo sia confermato anche nei prossimi anni. Il fenomeno degli incendi boschivi vede la Puglia in cima alla classifica delle regioni più colpite.
Numerose truffe in questi anni hanno contaminato il mondo della Green Economy e delle energie rinnovabili, un settore strategico per affrancare il paese dalle fonti fossili e per fronteggiare la crisi investendo su innovazione e tecnologie pulite che però ha subìto gli effetti della deregulation che domina il settore, permettendo a cosche e comitati d'affari spesso in joint-venture di mettere a segno colpi importanti a scapito delle imprese oneste.

- www.legambiente.it

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12 giugno 2014
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