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Ergastolo per Totò Riina per l'omicidio di Mauro De Mauro

Il super boss è accusato di essere il mandante dell'assassinio del "giornalista che sapeva troppo"

23 aprile 2011

La pena all'ergastolo per il boss mafioso Salvatore Riina è stata chiesta ieri dal procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia al termine della sua requisitoria nel processo per il sequestro e l'omicidio del giornalista Mauro De Mauro, davanti alla Corte d'Assise del capoluogo siciliano Palermo.
"Il pm ritiene che si sia provato che Mauro De Mauro venne ucciso da uomini di Cosa nostra su disposizione di quelli che all'epoca dei fatti disponevano del potere decisivo di Cosa nostra - ha spiegato ancora il procuratore aggiunto Ingroia durante la requisitoria prima di chiedere la pena all'ergastolo per Riina - Tra i mandanti e gli esecutori del delitto c'erano i componenti del 'triumvirato' di Cosa nostra su cui si sono acquisiti elementi idonei per affermare la responsabilità personale dell'unico rimasto in vita: Salvatore Riina, che diede ordine agli uomini di Cosa nostra di prelevare, sequestrare e uccidere Mauro De Mauro perché gli venisse impedito di proseguire la sua meritoria opera di inchieste sulla mafia".
Poi, il magistrato che rappresenta l'accusa insieme con il pm Sergio Demontis, ha continuato: "Non credo siano una coincidenza i depistaggi e le deviazioni nel caso De Mauro". E ha parlato di "strane condotte dei carabinieri" all'epoca del delitto, sul cui coinvolgimento "nel Golpe Borghese sono emersi indizi".

Secondo Ingroia l'omicidio De Mauro non è stato fatto solo "nell'interesse di Cosa nostra". Durante la requisitoria Antonio Ingroia ha ricostruito gli ultimi anni di vita del giornalista Mauro De Mauro, sequestrato e ucciso il 16 settembre 1970 a Palermo. De Mauro sarebbe stato ucciso per la "convergenza di più causali". In particolare, il magistrato ha parlato di due piste: il tentato golpe borghese e la pista della morte di Enrico Mattei, presidente dell'Eni morto in un misterioso incidente aereo nell'ottobre del '62 nel pavese. De Mauro, secondo la Procura di Palermo potrebbe essere stato prima sequestrato e poi ucciso "per evitare lo svelamento della trama" sulla morte di Mattei. I probabili legami tra la scomparsa di De Mauro e le ricerche che stava compiendo su Mattei, in seguito all'incarico affidatogli dal regista Francesco Rosi, furono evidenziati dai familiari e dalle persone più vicine al cronista, già subito dopo la sua sparizione.
L'altra pista, il golpe Borghese, secondo la Dda di Palermo è "convergente" per l'uccisione del giornalista. De Mauro sarebbe venuto a conoscenza di un progetto eversivo che vedeva il coinvolgimento di uomini dei servizi segreti, Cosa Nostra e ambienti neofascisti. A parlare delle due piste, il golpe e il caso Mattei sono stati anche alcuni collaboratori di giustizia, come Antonino Calderone, Gaetano Grado e più di recente Rosario Naimo. Alla fine, però, la decisione di uccidere il giornalista de 'L'Ora' sarebbe stata di uno dei tre componenti del triumvirato di Cosa Nostra nel '70, cioè il boss Totò Riina.

Il ritardo con cui la giustizia arriva alla verità sulla scomparsa di Mauro De Mauro è dovuto, ha sostenuto Ingroia nella requisitoria, alle manovre e ai depistaggi che hanno frenato le indagini. Ingroia ha ricordato la testimonianza dell’allora pm Ugo Saito il quale raccolse la confidenza del vice questore Boris Giuliano su una riunione di apparati investigativi e servizi segreti a villa Boscogrande, dove venne deciso di depotenziare le indagini che sembravano avviate verso certi apparati dello Stato. Anche i carabinieri, aveva aggiunto Ingroia, si sono impegnati a creare piste alternative con l’obiettivo di spostare l’attenzione della magistratura dagli ambienti che erano coinvolti nell’organizzazione del delitto.
Oltre ai depistaggi, il pm aveva insistito anche sulla singolare "assenza di notizie" negli archivi dei servizi e degli apparati investigativi ma anche alla "sottrazione delle prove". Tra gli episodi oscuri citati da Ingroia anche l’improvvisa e "imprudente" apertura del cassetto della scrivania di De Mauro, nella redazione del giornale "L’Ora", un'operazione decisa e compiuta dai vertici del giornale "prima dell’arrivo dei familiari e degli investigatori". Un altro indizio su una strategia di inquinamento delle prove è rappresentato dal fatto che in mano agli inquirenti sono finiti appunti di De Mauro depurati e quaderni con fogli strappati. È perfino scomparso il nastro sulla vicenda di Enrico Mattei, che secondo le testimonianze dei familiari il giornalista "ascoltava e riascoltava in continuazione".
In occasione del processo sono usciti dai cassetti dopo un oblio di 41 anni anche documenti riservati che hanno gettato una qualche luce sul movente che spinse Cosa Nostra ad eliminarlo e a farne addirittura sparire il corpo (LEGGI). Non si trattava di carte davvero "segrete", conservate in qualche covo della mafia, ma di documenti istituzionali tenuti, chissà perché, ben chiusi nei cassetti. Note, appunti, relazioni di servizio dell’ufficio politico della Questura, rintracciati negli archivi polverosi della polizia, dove erano stati per quasi mezzo secolo, senza che nessuno si prendesse la briga di leggerli. In una parola "insabbiati".

Il procuratore aggiunto di Palermo, ha quindi concluso: "Chiedo che venga dichiarata la colpevolezza di Salvatore Riina per il reato ascritto e l'isolamento diurno per tre anni".
Salvatore Riina, collegato in videoconferenza, ha assistito in silenzio alla richiesta di pena all'ergastolo.
Il processo proseguirà adesso il 6 maggio per ascoltare le tesi difensive delle parti civili, l'ordine dei giornalisti e i congiunti di De Mauro, e con ogni probabilità anche il primo dei difensori di Riina.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Corriere.it]

 

 

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23 aprile 2011
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