Crea gratis la tua vetrina su Guidasicilia

Acquisti in città

Offerte, affari del giorno, imprese e professionisti, tutti della tua città

vai a Shopping
vai a Magazine
 Cookie

Essere figli di Totò Riina. Essere vittime del Capo dei Capi

Due interviste, a Maria Concetta Riina e a Rita Borsellino, pubblicate da la Repubblica

31 gennaio 2009

"LA MIA VITA CON UN PADRE CHE SI CHIAMA TOTÒ RIINA"
di Attilio Bolzoni (Repubblica.it, 28 gennaio 2009)

Comincia a parlare anche di quando erano tutti fantasmi, latitanti in Sicilia. Lei con sua madre Ninetta, con i fratelli Gianni e Salvo, con la sorella Lucia. E con suo padre Totò Riina: "Chi eravamo, noi lo sapevamo da sempre: noi lo sapevamo che eravamo latitanti. Da quando io mi posso ricordare, l'ho sempre saputa questa cosa che mio padre era ricercato e che noi dovevamo scappare perché lo cercavano, perché mio padre era accusato di tutti questi omicidi". Ricorda ancora di quella vita in fuga: "Per me però era una cosa che era al di fuori da quello che vedevo io o che sentivo in tv. Era una cosa lontana da quello che vivevo nella mia famiglia". Parla Maria Concetta Riina, la figlia del capo dei capi di Cosa Nostra. Per la prima volta si fa intervistare da Repubblica e si concede alle nostre telecamere per raccontare suo padre, l'uomo più pericoloso d'Italia per un ventennio, il mafioso che è stato catturato - il 15 gennaio del 1993 - dopo un quarto di secolo di omicidi e trame.

Maria Concetta è nella sua Corleone. Ha deciso di uscire allo scoperto "per il futuro dei miei figli". Parla un poco di quel suo passato oscuro e tanto del suo tormentato presente. Mai di affari di famiglia. Di vittime. Di una Sicilia soffocata e insanguinata. Parla molto dei fratelli in carcere e "di quel 41 bis che mi fa soffrire tanto per Gianni" e parla del nome terribile che porta. E si presenta: "Io sono Maria Concetta Riina, ho 34 anni, tutti gli amici mi chiamano Mari. Sono sposata con Toni Ciavarello e abbiamo tre figli: Gian Salvo, Maria Lucia e Gabriele. Vivo a Corleone dal 16 gennaio del 1993, il giorno dopo che si sono portati via mio padre".

Quale è stata la sua prima reazione quando ha scoperto che suo padre era il nemico numero uno dello Stato italiano, quello accusato di avere ucciso anche Falcone e Borsellino?
"Era una situazione surreale, assurda. Quello che dicevano su di noi io lo sentivo ma è come se non mi appartenesse. È come se non parlassero di me, di mio padre, della mia famiglia ma di qualcun altro".

Suo padre è stato condannato per decine di omicidi, misfatti di eccezionale crudeltà, stragi. È mai possibile che tutto questo per lei fosse soltanto "assurdo" o "surreale"? Come poteva non credere a tutto quello che si diceva sul conto di suo padre?
"Per me, e questo lo pensa anche lui, è stato un parafulmine per tante situazioni. Faceva comodo a molti dire che tutte quelle cose le aveva fatte Totò Riina. Tutti sanno benissimo comunque che qualsiasi cosa gli avessero chiesto, lui non sarebbe andato più di là, oltre. Non avrebbe mai fatto nomi e cognomi di nessuno. A lui hanno chiesto tante volte in maniera esplicita di pentirsi, ma il suo è sempre stato un no tassativo. È stato detto e non detto anche che quel suo l'avrebbero fatto pesare su di noi. Sui figli, su tutta la sua famiglia".

Perché quando parla di suo padre non pronuncia mai la parola mafia?
"Non ho problemi a parlarne. Però quella parola messa in bocca a me... Se dico qualcosa può venire mal interpretata. Direbbero: guarda, parla di mafia proprio la figlia di Totò Riina... A casa mia, io non l'ho vissuta quella mafia".

Per lo Stato italiano è un assassino, per lei chi è suo padre?
"Sembrerà strano... mio padre viene presentato come un sanguinario, crudele, quasi un animale, uno che addirittura avrebbe fatto uccidere anche i bambini. Ma a me, come figlia, tutto questo non risulta. So io quello che mi ha trasmesso. Educazione. Moralità. Rispetto. E quando parlo di rispetto non parlo in quel senso, in senso omertoso. La persona che io sono ora, è quella che mio padre e mia madre hanno lasciato".

Si rende naturalmente conto che c'è un contrasto nettissimo tra come suo padre è descritto in centinaia di sentenze e come lo sta descrivendo lei adesso. Come può parlare di moralità e di rispetto una persona che ha fatto uccidere tanti uomini?
"Ecco perché ho detto che vi sembrerà strano, ma mio padre per me è così. E io così l'ho vissuto e così lo vivo ancora".

Dopo 19 anni che lei ha vissuto in latitanza con tutta la sua famiglia è arrivata a Corleone nel gennaio del 1993. Come è stato il passaggio dalla clandestinità alla visibilità?
"Come una seconda vita. Abbiamo potuto fare una cosa che non avevamo mai fatto prima: incontrarci di presenza con tutti i nostri parenti. Abbiamo trovato tutte le mie zie, mia nonna...".

Corleone è sempre stato il regno di suo padre, il paese che aveva in pugno, per alcuni il paese più mafioso e omertoso della Sicilia dove la paura poteva "proteggere" la sua famiglia. Come è stato il ritorno?
"Il paese ci ha accolti bene, non ci ha isolati. Anzi, molte persone hanno cercato di farci sentire a nostro agio. Come se avessimo vissuto lì da sempre".

Chiamarsi Riina molte volte vi ha fatto comodo, è un nome che in Sicilia faceva tremare. Lei sente di esercitare qualche potere?
"Perché non pensate alle difficoltà che ho avuto?".

Quali difficoltà?
"Il problema vero per noi è sempre stato trovare un lavoro... Tutti hanno paura di essere messi sui giornali, paura magari di essere considerati collusi. Qualche tempo fa ho frequentato i corsi di una cooperativa a Palermo, poi a un certo punto mi è stato detto che dovevo andarmene perché altrimenti quella cooperativa la chiudevano. Non è bello sentirsi dire certe cose. Giustamente tu dici: io non ho fatto niente, mi sono comportata bene con tutti. Mi hanno penalizzato solo perché mi chiamavo Riina. E non è stata l'ultima volta".

Ma Totò Riina per lo Stato è sempre stato "il capo dei capi": se ne dimentica?
"Ma per me ormai è un calvario. Tempo fa avevo anche fatto una domanda di accesso a un corso che organizzava servizi finanziari. Sono salita a Milano, è andato tutto bene, ho legato con tutti, anche con il direttore commerciale. Tutto a postissimo. Poi hanno visto sul mio documento di identità nome e provenienza: Riina e Corleone. Alla fine mi hanno fatto la fatidica domanda: "Ma tu sei parente di?". Io ho risposto: certo, sì, sono la figlia. L'ho detto con naturalezza... io non lo dico mai prima, non cammino con il cartello appeso al collo con su scritto "Sono la figlia di Riina", però se me lo domandano non ho problemi a dirlo. Non è passata nemmeno mezz'ora e mi ha chiamato il direttore dicendo che era offeso perché non gliel'avevo detto prima. Era un grosso problema per lui, per l'immagine della sua azienda".

Torniamo a suo padre. È in isolamento da 16 anni. Ma quando va a colloquio, lo vede dietro un vetro blindato e non gli ha mai chiesto conto delle accuse che gli vengono rivolte?
"È dalla mattina del 16 gennaio '93 che non lo accarezzo, certo se non ci fosse quel vetro... Prima ci andavo spesso a trovarlo ma adesso è complicato, ho tre figli. Mio padre ha condizioni peggiori del 41 bis normale, non ha contatti con altri detenuti, è messo in un'area a parte fatta apposta per lui".

In casa Riina non ci sono più figli maschi. Gianni è all'ergastolo per tre omicidi. Suo zio Leoluca Bagarella è in carcere dal 1995. Suo fratello Salvo è tornato dentro qualche giorno fa per scontare una pena residua. Lei parlava delle "sofferenze" del carcere, ma ha mai letto gli atti che accusano suo padre e suo fratello Gianni, le carte che raccontano i loro delitti?
"Loro devono scontare quello che devono e io non voglio giudicare i processi o sentenze. Dico solo che ho sofferenza, soprattutto per Gianni che è un ragazzo, ha vissuto troppo poco la sua adolescenza. E dico anche che, secondo me, si potrebbe evitare con lui un certo accanimento. Potrebbero farlo studiare in carcere, insegnargli un mestiere".

Lei parla di vita normale, difende sempre suo padre ma non prende mai le distanze dai delitti di cui è accusato: quale futuro si aspetta?
"Come figlia mi aspetto che cambi tutto. Per me, per mio marito, per i miei figli. Vorrei una vita normale o quasi normale. Vorrei lavorare. Vorrei che mi si giudicasse per quello che sono e faccio. Vorrei soprattutto che i miei figli fossero considerati domani uomini e donne come tutti gli altri. Oggi sto parlando per loro".

Ha mai pensato di andare via da Corleone?
"Chi lo sa, forse un giorno... ".

"TOTÒ RIINA UOMO GENEROSO? MI SENTO FERITA COME CITTADINA"

di Gabriele Isman (Repubblica.it, 28 gennaio 2009)

"Quelle frasi mi hanno fatto male, molto male. E non lo dico da familiare di una vittima, ma da cittadina italiana. Perché io non cerco certo commiserazione". Rita Borsellino, 63 anni, sorella del giudice ucciso in via D'Amelio il 19 luglio del 1992 insieme con cinque uomini della sua scorta, commenta così l'intervista a Maria Concetta Riina, la figlia di Totò, il Capo dei Capi.

Che cosa l'ha ferita?
"Totò Riina, ops che lapsus, Maria Concetta fa affermazioni molto gravi e non prende alcuna distanza dal padre. Ne mette in dubbio le colpe, dice persino che è stato un parafulmine e aggiunge che chi ha le vere responsabilità, sapeva che, una volta in carcere, lui non avrebbe parlato. Come familiare di una vittima della mafia, voglio la verità: se non è stato lui, chi ha deciso quelle morti? Le sentenze dicono che fu lui. Descrive il padre come un uomo affettuoso, generoso, e non è nemmeno la prima volta che lo lascia intendere".

A dire il vero è la prima volta che la figlia del boss decide di parlare in un'intervista.
"Sì, certo, ma mi riferisco a molti anni fa: poco dopo l'arresto di Riina ci fu una grande polemica perché Maria Concetta era stata nominata capoclasse nel suo liceo. Ci fu un polverone, io invece la difesi: mi pareva eccessivo quell'accanimento contro una ragazzina. Oggi dice le stesse cose, ma è una donna, la situazione è molto diversa. Oggi non la difendo più, e non mi sento di commiserare né lei, né il padre, né i fratelli, né lo zio detenuti. Lei dice che lei e il marito non trovano lavoro. Anche mio genero non trova lavoro e, come lui, tanti ragazzi onesti".

Resta il fatto che la figlia del boss abbia accettato di parlare. Non lo trova importante? Fino a poco tempo fa per la mentalità mafiosa sembrava inconcepibile.
"Io temo che si sviluppi un filone giornalistico. Maria Concetta Riina dice che non è contenta della propria vita. Ma forse è un modo per cercare ciò che vuole. E non credo sia soltanto un lavoro".

A che cosa si riferisce?
"Vuole una riabilitazione: quel cognome è ingombrante. Ma io giro nelle scuole e ora vedo i ragazzi parlare di Totò Riina con gli occhi che si illuminano. E io dico solo che Riina era e resta un mafioso, un criminale, che ha ucciso tante persone e ha distrutto l'immagine, l'economia e l'essenza di questa terra, che io amo moltissimo, anche se avrei più di qualche motivo per lasciarla. Riina non ha mai parlato e non parla di quanto sa, continuando così a nuocere. Altri hanno scelto diversamente e i risultati sono arrivati. Riina no, anzi cerca di ricostituire il suo impero, come risulta dalle indagini più recenti. E allora anche il carcere di cui Maria Concetta si lamenta non dev'essere stato poi così duro".

Condividi, commenta, parla ai tuoi amici.

31 gennaio 2009
Caricamento commenti in corso...

Ti potrebbero interessare anche

Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia