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Famiglie in cambiamento

Come è cambiata la famiglia italiana negli ultimi anni e quali sono le risposte di cui questa ha bisogno

05 maggio 2007

Verrebbe da dire: ''La famiglia... questa sconosciuta''. Sì, perché si ha sempre l'impressione che della famiglia, in quanto concetto, in quanto valore, in quanto entità concretamente esistente se ne parli sempre di più a sproposito, senza che ci si renda veramente conto di cosa si stia parlando. Insomma, la famiglia non è più quella... ''cosa'' vigente fino a qualche decennio fa e che, suppur non totalmente scomparsa, oggi la si ritrova sovente nei ''manuali del buon cattolico'' o nelle malinconiche pagine del libro della memoria passata. Non è neppure, e questo è un dato certo ed assodato (e di questo ne siamo felici), quella ''cosa'' che si vede nelle pubblicità, né quell'altra che molti programmi televisivi spacciano per autentica, vista la moda dei reality.      
Beh, quindi che cos'è la famiglia? Che cos'è quella cosa per il quale il 12 maggio prossimo i cattolici italiani andranno a manifestare, e che i laici vogliono più progredita a livello concettuale e legislativo?

Bene, innanzi tutto si dovrebbe tenere presente i grandi cambiamenti avvenuti nella famiglia italiana, ed in particolar modo nei ''modelli familiari''. Mutamenti che sono stati rivelati nell'Indagine conoscitiva sulle condizioni sociali delle famiglie in Italia approvato dalla Commissione Affari sociali della Camera. Infatti, il tessuto sociale italiano nell'ultimo decennio ha visto una diminuzione dei nuclei familiari estesi rispetto alla crescita dei single e delle coppie senza figli.
Dai dati dell'indagine risulta che le ''nuove forme familiari'' ammontavano a circa 5 milioni e duecentomila nel 2005, il 23% del totale, rispetto ai 3 milioni e cinquecentomila del 1995. Insomma, l'Italia va somigliando sempre di più a tanti altri paesi europei, pur mantenendo alcune differenza che la nostra Nazione tiene insieme ad alcuni paesi mediterranei, come ad esempio la ''cultura'' di rimanere ancorati alla famiglia d'origine anche dopo il matrimonio.
Sostanzialmente, quindi, la famiglia italiana si è contratta ed è invecchiata. C'è poi da segnalare il vero e proprio boom dei figli nati da coppie fatto in Italia: dal 1995 al 2004, infatti, c'è stato un aumento del 70% (dall'8,1 al 13,7) dei neonati fuori dal matrimonio.

L'indagine considera il profondo cambiamento dei modelli familiari legato ''all'ingresso massiccio delle donne nel mercato del lavoro, che ha anche comportato la nascita di nuovi modelli di relazioni familiari, meno gerarchici del passato, e di nuovi bisogni non ancora del tutto soddisfatti''. Lo studio mostra però che con le donne lavoratrici l'Italia ha visto un progressivo dilazionamento dell'età del matrimonio: si tende infatti ad aspettare che uomo e donna portino a termine la propria istruzione e che si sistemino nel mercato del lavoro. Per il Belpaese, però, lo spostamento in avanti del matrimonio rappresenta anche una posticipazione dell'uscita dalla famiglia d'origine e della costruzione di un nuovo nucleo, con una tendenza a procrastinare nel tempo il momento della procreazione.

L'indagine della commissione parlamentare, in un ampio capitolo ha affrontato anche i problemi principali per le coppie italiane, dalle difficoltà di gestione del rapporto famiglia-lavoro all'aggravarsi della posizione della donna nello svolgimento delle funzioni lavorative e familiari. Secondo le rilevazioni statistiche pubblicate nel testo, circa 564 mila donne cercherebbero lavoro se avessero un adeguato supporto da parte dei servizi sociali, e vorrebbero più figli se la politica fosse più attenta ai bisogni basilari affinché una ''famiglia'' si possa mettere in piedi.
Ed è proprio questo il punto che mette sotto accusa la politica e le non-scelte nelle politiche sociali. Se le nascite sono leggermente aumentate negli ultimi tre anni (da 1,22 a 1,31) tutto il merito è delle donne immigrate per cui la natalità negli ultimi dieci anni è passata dal 6 al 10 per cento. Il punto è  - come è stato spiegato in varie audizioni - che ''le coppie italiane hanno un figlio in meno di quello che desidererebbero''.
La Commissione ha individuato i responsabili di queste attese negate: ''L'insufficienza dei sostegni per quello che riguarda i costi, i limiti di un sistema fiscale che non favorisce le famiglie con figli, l'inesistenza di politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia visto che poco o nulla viene fatto per combinare gli orari, per creare asili nido o altre strutture socio-educative''.

Il problema dei costi è quello che incide di più, oltre al posto di lavoro e alla casa, sulle scelta di avere figli. Il 50 per cento delle famiglie italiana vive (la fonte in questo è l'Istat) con entrate che non superano i 1800 euro al mese. Per il 15 per cento arrivare a fine mese è molto difficile. Siccome mantenere un figlio che ha meno di sei anni costa alla famiglia all'incirca il 19,4 per cento, ecco che avere figli diventa quasi impossibile. Una coppia senza figli ha una spesa media mensile di 1.300 euro; un figlio tra zero e 5 anni costa 252 euro al mese; tra i 6 e i 14 anni costa 212 euro e 233 tra i 15 e i 18 anni. Sono numeri che non lasciano dubbi eppure il sistema fiscale italiano ne tiene conto poco o nulla visto che non esistono agevolazioni in relazione al numero dei componenti del nucleo famigliare.

Alla fine dell'indagine, la prima approntata dal Parlamento per ''studiare laicamente'' la famiglia, la commissione ha stilato anche delle possibili soluzioni, ai problemi che sono stati messi finalmente sotto i riflettori. Uno capitolo apposito di ''possibili interventi'' da fare subito senza perdere altro tempo. Prima di tutto ''evitare interventi spot, sporadici''. La politica per la famiglie ''non è settoriale ma nasce dalla convergenza della politica fiscale, del lavoro, dell'istruzione, della salute, della casa, dei servizi sociali, delle pari opportunità''.
1) Sostenere il desiderio di maternità rimuovendo certi ostacoli come la non tutela per le donne con contratti a tempo e atipici;
2) Agevolare ed estendere le forme di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare (orari, distanze, congedi, part time);
3) Sostenere i genitori nella crescita e nella cura dei figli con agevolazioni fiscali;
4) il sostegno nella scuola;
5) programmi di edilizia pubblica e agevolata per favorire l'autonomia dei giovani;
6) Ridurre la precarietà nei rapporti di lavoro. Seguono una serie di interventi mirati per le famiglie dove vivono persone disabili o anziane, quelle con bambini piccoli, con tre o più figli.

Bene, se le cose da fare sono chiare, rimane però un... però: adesso bisognerebbe che i politici capiscano dove trovare i soldi per attuare tali interventi ''senza perdere altro tempo''.

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05 maggio 2007
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