Fare la fine dei polli
L'influenza aviaria, meglio conosciuta come ''influenza dei polli'', potrebbe raggiungere l'Italia in primavera
Circa due anni fa siamo venuti a conoscenza di un virus che ammalava i polli e che poteva essere trasmesso all'uomo con conseguenze drammatiche. Abbiamo conosciuto l'influenza aviaria, più comunemente chiamata ''influenza dei polli'', e abbiamo appreso di intere province vietnamite messe in ginocchio da questa. Ma il Vietnam è lontano e noi occidentali cinicamente potevamo pensare: ''A noi il morbo della mucca pazza, a loro l'influenza dei polli''.
Quest'anno l'influenza dei polli potrebbe bussare alle porte della Penisola Italiana in primavera. Un'ipotesi formulata dagli esperti del servizio veterinario e di salute animale della Fao, che hanno lanciato un appello per lo stanziamento di fondi per contrastare il dilagare del virus H5N1 nel mondo.
Ma come arriverebbe questo dall'Oriente fino a noi?
Seguendo le rotte degli uccelli migratori. Alla Fao, infatti, si aspettano che il prossimo focolaio di influenza aviaria si manifesti tra il Caspio e il Mar Nero e da qui, attraverso i Balcani, arrivi nel resto d'Europa.
Nell'area, infatti, nidificano gli uccelli e si trovano anche molti acquitrini in cui la contiguità tra specie domestiche e selvatiche risulta particolarmente pericolosa.
Per la nostra nazione il rischio maggiore sarà la prossima primavera quando si incroceranno nelle zone umide tra Francia e arco alpino le rotte delle migrazione del Mar Nero oltre a quelle dell'Atlantico degli uccelli che svernano sulle sponde dell'Africa occidentale insieme ai volatili provenienti dall'Asia centrale.
''Non essendo state intraprese tutte le misure di prevenzione richieste il virus - ha spiegato Samuel Jutzi, del dipartimento prevenzione e salute animale della Fao - si è diffuso e si diffonderà a breve nell'Europa occidentale. Anzi con lo spostamento nei prossimi mesi degli uccelli migratori ci aspettiamo un dilagare dell'influenza aviaria anche in Africa orientale, nel Medio Oriente ma anche nel sud est asiatico, che fino ad ora non è stato interessato dal fenomeno''. Ed è la situazione dei paesi poveri del sud-est dell'Europa a preoccupare particolarmente la Fao. In questi Paesi non ci sarebbero le condizioni per fronteggiare eventuali emergenze e questa incapacità di gestione diventerebbe una cassa di risonanza per il virus.
Dal 2003 a oggi l'influenza aviaria ha ucciso oltre 60 persone in Asia e più di 140 milioni di volatili sono morti o sono stati abbattuti nel tentativo di contenere i focolai epidemici. ''Fintanto che il virus H5N1 continuerà a circolare tra i polli, gli esseri umani saranno a rischio'', ha spiegato Joseph Domenec, capo del servizio veterinario della Fao. L'unico modo per contrastare il dilagare del virus e il rischio di una pandemia da influenza aviaria, è di attuare un valido servizio di controllo a livello animale e di abbattere tutti gli esemplari nel momento in cui si manifesti la malattia. Qualsiasi mezzo poi, per tenere separati animali domestici e selvatici, sarebbe altamente auspicabile fintanto che non ci saranno maggiori informazioni scientifiche sulla trasmissione del virus.
Il rischio in Italia
Se l'influenza aviaria dovesse trasformarsi da epidemia in pandemia, acquisendo la capacità di passare da uomo a uomo anziché soltanto da animale a uomo, una volta arrivata in Italia provocherebbe 16 milioni di contagi, due milioni di ricoveri, 150 mila morti.
Sono queste le previsioni diffuse dagli esperti internazionali riuniti in questi giorni a Malta per la II Conferenza europea sulla malattia.
Si tratta di una ipotesi possibile, probabile secondo le stime dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ma non scontata, visto che al momento il virus è stato segnalato solo marginalmente in Europa e non è ancora in grado di passare da essere umano ad essere umano.
Le autorità sanitarie italiane sono comunque convinte di essere pronte a fronteggiare l'emergenza nel caso si avverassero le previsioni più cupe.
A ribadire le linee guida della nostra politica di profilassi è stato il ministro della Salute Francesco Storace commentando l'allarme giunto proprio da Malta. ''E' probabile - ha detto il ministro Storace - che dai luoghi dove adesso si registra, il virus si possa estendere nella Russia meridionale, nelle zone ancora più vicine all'Europa, e occorre capire se poi la diffusione continuerà o meno verso l'Occidente''. ''Contro questo rischio - ha proseguito il ministro - l'Italia ha puntato più sul vaccino che sui farmaci antivirali, perché è importante agire sulla prevenzione. E da questo punto di vista possiamo vantare un record mondiale: siamo il Paese che si è mosso con straordinaria tempestività. Il 10 agosto, il ministero ha sottoscritto tre contratti di prelazione con aziende farmaceutiche per la sperimentazione e l'immissione sul mercato di questi vaccini, per circa 35 milioni di dosi''.
Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, la mossa italiana non è da considerarsi saggia, e il ritardo che la nazione sta accumulando nel rifornirsi di farmaci antivirali potrebbe creare seri problemi. ''L'epidemia è inevitabile - commenta Pietro Crovari, presidente della Commissione pandemia influenzale del ministero della Salute italiano -. Ci stiamo preparando''.
Il nostro paese al momento può contare su poco più di 185 mila cicli dosi di antivirali, i farmaci indispensabili nella prima fase di contrasto della malattia. Poche rispetto a nazioni che hanno già raggiunto, come l'Olanda, coperture per quasi un terzo dei cittadini: oltre 5 milioni su 16 milioni e mezzo.
Il ministro Storace ha comunque annunciato che già ''venerdì prossimo sarà approvato un decreto che consentirà l'acquisizione di ulteriori scorte per circa sei milioni di cicli antivirali, in grado di coprire il 10% della popolazione. Un altro 10% - ha aggiunto il ministro - riguarderà lo sforzo che dovranno fare le regioni. Da questo punto di vista, quindi ci stiamo rimettendo in carreggiata''.
Per l'Oms anche questi nuovi interventi rischiano comunque di rivelarsi insufficienti. Altre nazioni di dimensioni paragonabili all'Italia, come la Gran Bretagna, che conta 60 milioni di abitanti, hanno già incamerato quantità di farmaci per intervenire su quasi il 25% della popolazione.
Alla strategia farmacologica si affiancherà anche quella informativa, impegnando in prima linea i medici di famiglia. La Società italiana di medicina generale (Simg) ha già preparato un libro bianco e un opuscolo, destinati rispettivamente ai medici e ai cittadini per offrire un supporto scientifico e informativo in caso di emergenza. Entrambi saranno a disposizione entro la fine di settembre.
In ogni Asl sarà nominato inoltre un commissario, che, in caso di dichiarazione di pandemia influenzale, avrà il compito di gestire l'emergenza. Non si tratterà di un manager con superpoteri, ma di una figura di collegamento con le regioni, il ministero, gli altri ospedali ed i medici di famiglia, per organizzare al meglio ogni intervento.
Tutto questo in attesa del vaccino, già allo studio.