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A maggio tutto fiorisce in questa Sicilia baciata dal sole e strozzata dal malgoverno e dal malaffare

01 giugno 2010

SICILIA: IL DOPPIO GIOCO
di Agostino Spataro

A maggio tutto fiorisce in questa Sicilia baciata dal sole e strozzata dal malgoverno e dal malaffare.
Fioriscono le rose e le ginestre e i glicini a cascate. Fioriscono anche i letamai nelle periferie delle nostre città mortificate e le tante discariche, abusive e autorizzate, irrigate dal pestifero percolato che cola e s’infiltra fin dentro le falde che daranno acqua avvelenata ai siciliani di oggi e di domani.
Fiorisce l’incoerenza dei governanti che mentre sbandierano revoche di affari miliardari (i quattro inceneritori di Cuffaro) trattano per costruirne altri a Bellolampo e altrove, visto che la domanda è tornata insistente.

Soprattutto, nella provincia di Agrigento, che nel suo emblema si fregia di tre nobili "giganti", ultima in tutte le statistiche economiche e del vivere civile e prima nelle attenzioni dei nuovi potenti che la vorrebbero trasformare in un enorme deposito di energie inquietanti e in una sorta di cloaca colossale. Alla faccia dei Templi dorici e del luminoso silenzio del suo placido mare!
Una volta qui c’erano i Lestrigoni, una crudele razza di giganti che costruivano le grandi civiltà rupestri, ora ci sono i lestofanti, giganti di carta, generati dal caos attuale della politica che lavorano per imbrigliare il "progresso" dentro una rete d’infrastrutture che nessuno vuole dove servirebbero.
Vediamone alcune. A Porto Empedocle, sotto i templi e la casa natale di Luigi Pirandello, sorgerà un rigassificatore, mentre a Palma di Montechiaro, patria del Gattopardo, il governo Berlusconi pare vorrebbe ubicare una delle nuove centrali nucleari.
Tutto ciò, mentre fioriscono, in gran quantità, le "pale eoliche", dovunque e nel più grave disordine, specie sui pizzi più belli dei monti Sicani e stanno arrivando nuove trivellazioni in mare alla ricerca d’idrocarburi da parte di società improvvisate e dotate di capitali sociali modestissimi che hanno ottenuto permessi di ricerca in più punti della costa agrigentina.
Per realizzare i loro progetti, le grandi e le piccole società, oltre alle necessarie autorizzazioni amministrative, puntano ad acquisire il consenso delle popolazioni anche mediante pesanti interferenze nella vita politica municipale.

Il governo Cuffaro voleva imporre un termovalorizzatore di rifiuti a Casteltermini, la cui realizzazione è stata bloccata dalle proteste popolari e da una sentenza di un tribunale europeo.
Si è brindato allo scampato pericolo, al nuovo piano energetico della giunta Lombardo.
Troppo presto per cantare vittoria: oggi, ministri e governatore riparlano d’inceneritori, mentre si annunciano richieste di risarcimenti stratosferici a carico della regione da parte delle società "danneggiate" dalla sentenza che ha annullato l’irregolare appalto.
Si riapre, dunque, il capitolo termovalorizzatori. Tanto che i sindaci di Campobello di Licata e di Licata si sono precipitati a chiederne uno nei loro territori da mettere al servizio dell’Ato Ag3.

A proposito, che fine ha fatto la riforma degli Ato- rifiuti? Cosa si sta facendo per ridurli a dieci? Credo non molto, giacché sono tutti e ventisette in salute e continuano a produrre debiti sopra debiti, disservizi e cataste di rifiuti ormai intrattabili.
In questo bailamme, al quale si vanno ad aggiungere i duri colpi della manovra varata dal governo Berlusconi, fiorisce anche la fantasia del ceto politico siciliano che non sa più cosa inventarsi per far proseguire una legislatura in evidente affanno.
Ecco, allora, un buon diversivo per far passare l’estate: proporre bizzarre formule di governo per superare l’attuale che mal si regge su una gamba sola.
Ovviamente, vi sono altri obiettivi inconfessabili, primo fra tutti quello d’oltrepassare il solstizio d’estate che porterà l’Ars verso l’equinozio d’autunno quando "il Sole incontra l’equatore celeste" ovvero i due anni e mezzo della legislatura.
L’offerta è varia: dal "governo con chi ci sta", formula poco fortunata visto che, oggi, a starci ufficialmente è solo una minoranza, al governo istituzionale (tutti i partiti dentro) proposto dall’Udc, stremata dalla lunga astinenza assessoriale, a quello dei tecnici ossia una compagine di tutti i partiti che governerebbero per interposta persona: il tecnico, per l’appunto.
E che governo sarebbe? Una versione balneare rispetto all’attuale o un nuovo prodotto del laboratorio politico siciliano: il passaggio dalla partitocrazia alla tecnocrazia?
Niente paura. I tecnici sarebbero solo un paravento, un espediente per consentire a chi li ha nominati di continuare a governare con meno imbarazzo. Tanto, in caso d’insuccesso, si potrà addossare loro il fallimento e quindi agevolmente scaricarli.
E la giostra riprenderà a girare con gli abituali avventori.
Insomma, tutto può accadere, tranne che i partiti si assumano le loro responsabilità sulla base di una corretta dialettica democratica fra maggioranza e opposizione così come indicato dagli elettori.
Se queste condizioni non ci sono, diventa un’insopportabile sofferenza il volere prolungare l’agonia di questa legislatura.

Di fronte all’alta criticità della situazione siciliana, governo e forze che lo sostengono (o che lo avversano) annaspano, non sanno che fare. Invece di proporre soluzioni, si organizza la propaganda per deviare il malcontento sociale contro nemici veri o inventati.
Oggi la moda è di prendersela col governo amico di Silvio Berlusconi che boicotta la Sicilia. Vediamo assessori ed esponenti berlusconiani della prima ora salire, in compagnia di vecchi amici del MpA, sulle barricate a incitare le masse alla rivolta contro il Cavaliere e i suoi ministri. Quasi volessero rubare il mestiere a quelli dell’opposizione.
I motivi della protesta sono, in gran parte, reali. Anzi alla lista se ne potrebbero aggiungere altri. Sono i protestatori che non convincono giacché protestano contro un governo di cui fanno parte. Questo si chiama doppio gioco, propaganda ingannevole che alimenta un grande equivoco che presto bisognerebbe chiarire: se Berlusconi non è più amico della Sicilia, allora, da buoni siciliani, devono dimettersi da quel governo e passare all’opposizione. Non ci sono vie di mezzo.
Invece, questi civettano a destra e a sinistra, il traccheggio continua con Berlusconi e i suoi colonnelli impegnati a riportare all’ovile "le pecorelle smarrite" e Lombardo alla collaborazione col PdL, com’era nei patti originari.
Se questo è lo scenario, nessuno capisce la posizione pericolosamente indefinita del Pd che resta appesa a un filo troppo esile per resistere alla imprevedibilità degli avvenimenti politici e d’altra natura.
Per sapere dove il PD debba collocarsi alla regione credo non ci sia bisogno di un referendum giacché gli stessi elettori del PD l’hanno indicato col voto del 2008. Qualche dirigente può cambiare idea, ma non la maggioranza del corpo elettorale.

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01 giugno 2010
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