Faust
La Storia del Cinema conta un altro capolavoro: il Faust di Sokurov va oltre il cinema per coinvolgere arte, letteratura, filosofia
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FAUST
di Aleksandr Sokurov
Faust è un pensatore, un trasmettitore di parole, un cospiratore, un sognatore. Un uomo anonimo guidato da istinti semplici: fame, avidità, lussuria. Una creatura infelice e perseguitata che lancia una sfida al Faust di Goethe. Perché rimanere nel presente se si può andare oltre? Spingersi sempre più in là, senza notare che il tempo si è fermato. E passeremo anche noi.
Anno 2011
Nazione Russia
Produzione Andrey Sigle per Proline Film
Distribuzione Archibald Films
Durata 134'
Tratto dalla tragedia omonima di Johann Wolfgang fon Goethe
Soggetto Yuri Arabov
Sceneggiatura Aleksandr Sokurov e Marina Koreneva
Regia Aleksandr Sokurov
Con Johannes Zeiler, Anton Adasinsky, Isolda Dychauk, Georg Friedrich, Hanna Schygulla, Sigurður Skúlason, Eva-Maria Kurz
Genere Drammatico
In collaborazione con Filmtrailer.com
La critica
"Il Faust di Aleksandr Sokurov si distingue per ambizione, complessità e originalità autoriale. Del personaggio all'origine della tragedia di Marlowe e del capolavoro di Goethe (oltre che di mille altre opere non solo letterarie), Sokurov privilegia la sfida della conoscenza: il suo eroe è divorato da una inestinguibile ansia di sapere che lo porta a non accontentarsi mai di quello che sa. Una frenesia che sullo schermo si traduce in un continuo muoversi, spostarsi da un luogo all'altro per andare oltre, come di chi è condannato a non trovar mai pace. Una pace che forse non vuole nemmeno trovare, perché il patto con cui il diavolo voleva prendersi la sua anima - almeno nei versi di Goethe - era proprio quello di trovare un attimo, un momento talmente appagante da fargli desiderare che non trascorresse mai. Nel film questo patto si intuisce (quando per un momento la bellezza di Margherita si 'blocca' sullo schermo) ma viene ben presto dimenticato in nome del tormento della conoscenza, che spinge Faust lungo un cammino dove prima Margherita e poi anche il demone-usuraio che lo tenta finiranno per essere abbandonati. Questo percorso, Sokurov e il direttore della fotografia Bruno Delbonnel ce lo mostrano con una macchina da presa mobilissima e quasi 'inafferrabile' e dei colori slavati e polverosi, dove il grigio e il marrone vincono su tutto. Ininterrottamente parlato, il film ha anche momenti di difficile decifrazione e altri forse un po' semplicistici (le domande sull'esistenza di Dio) ma è anche vero che una sola visione non basta certo a coglierne tutta la complessità."
Paolo Mereghetti, 'Il Corriere della Sera'
"Chi studia a scuola il 'Faust' di Goethe ricorda la storia di un uomo che vende la sua anima al diavolo in cambio di un attimo di piacere destinato a durare per sempre. Il mefistofelico patto è stato da sempre considerato il tema cardine della tragedia alla quale lo scrittore tedesco lavorò per sessant'anni, dal 1772 al 1831. Al Festival di Venezia il russo Alexander Sokurov ne ha proposto una versione personalissima che fa emergere i veri significati rimasti tra le righe di un'opera fondamentale per la cultura europea. Contando su una sontuosa, monumentale e visionaria messa in scena in sintonia con la grandiosità del personaggio, il film complesso, spesso sgradevole in alcune scene mortifere ambientate tra carni massacrate che rimandano alla pittura di Bosch (...), identifica in un continuo, inquieto errare tra ghiacciai, boschi e lande desolate l'essenza stessa della condizione umana. E afferma il tragico paradosso secondo il quale solo la presenza del demonio può condurci al divino."
Alessandra De Luca, 'Avvenire'
"Chi sostiene che il diavolo non è brutto come lo si dipinge, vada a vedere il 'Faust' di Aleksandr Sokurov. Non solo perché ci sono dentro le riflessioni cardine dei nostri tempi, ma perché si mostra il belzebù più disgustoso della storia del cinema. A farne le spese è Anton Adasinskiy (celebre mimo coreografo e rockettaro siberiano) qui deformato in una sorta di topone molle, capelli rossastri spelacchiati, avvolto in spire di cotenne cadenti e un sesso piccolo piccolo appeso dalla parte sbagliata, a mo' di codino. Incontinente e flatulento, dà sfoggio di spirito blasfemo facendo i suoi bisogni in chiesa e leccando con voluttà le statue dei santi, ma poi si fa fregare alla grande da un 'Faust' molto più cinico e diabolico di lui."
Giuseppina Manin, 'Il Corriere della Sera'
"In un mondo primordiale, una no man's land grigio marrone, 'Faust' si aggira come il quarto potente della Sokurov list dopo Hitler, Lenin, Hirohito, senza sete di conoscenza, solo di potere. Lontano dal classico (Goethe-Strehler, Murnau, Mann), il regista russo vede un uomo eterno sprofondato in una campagna primordiale con echi di pittura, soffi di poesia e la tangibile mostruosità di una coscienza deformata che si allarga a oggi. Non tutto arriva a destinazione ma ragione e cuore sono in subbuglio."
Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera'
"Tra i grandi personaggi del novecento dai celebri lati oscuri, protagonisti dei precedenti film di Aleksandr Sokurov ('Taurus', 'Moloch', 'Il sole') se ne aggiunge un quarto, l'uomo con caratteristiche che sopravanzano il suo limite, il 'Faust' assetato di potere (e di amore) senza limiti e che oggi perde qualche colpo, fissato per sempre da Goethe, fa sperare in una rivincita. II film è stato premiato inevitabilmente con il Leone d'oro a Venezia perché dotato di pura arte cinematografica, sorprendente per la perfezione della sua immaginazione e profondità, quasi una sfida tra il creatore e il suo oggetto, tra Sokurov e Faust, un lungo braccio di ferro durato parecchi anni per portarlo a termine. Faust incede con forza attraverso sorprendenti scenari, è indubbio che l'identificazione può portare a credere che il genere umano possa essere imbattibile, eppure esiste un orizzonte finale che gli fa da limite. Potrebbe essere l'orizzonte della scena, o l'orizzonte del paesaggio islandese scelto come ambientazione, oppure anche un paesaggio da cosmonauta interplanetario. Sempre oltre. (...) Qui ogni scena è un'affermazione dell'uomo su Mefistofele, diabolico usuraio, considerato semplice accessorio per l'uomo colto, compagno di strada da sopraffare e irridere, senza il quale non c'è da divertirsi. Fin dalle prime righe è un gioco tra l'essere umano e il cosiddetto spaventoso personaggio. Ed emblematica e finale è la scena in cui Faust si mette a cavillare sul 'contratto', e ne corregge gli errori di grammatica."
Silvana Silvestri, 'Il Manifesto'
"Chi sarebbe oggi disposto a dannarsi l'anima in cambio della giovinezza, del danaro e dei favori di una splendida fanciulla? Più o meno tutti. Anche per una sola delle tre opzioni e forse meno ancora. Questo ha fatto crollare le quotazioni dell'anima sul mercato del diavolo. Il vero problema non è più vendersi, ma trovare qualcuno disposto a comprare. A partire da questa mesta consapevolezza Alexander Sokurov è partito per riscrivere al cinema il mito di Faust. (...) Il cinema di Sokurov è destinato a pochi. Ma chi si è abbandonato per una volta allo splendore delle sue opere, non può perdere questo film indimenticabile. Bello in ogni suo aspetto, dalla regia alla scrittura poetica di Yuri Arabov ai dialoghi di Marina Koreneva, dalle scenografie di Elena Zhukova alle musiche di Andrey Single, per non parlare dei due attori protagonisti, il Faust di Johannes Zeller e l'usuraio di Anton Adasinskiy, oltre a un cast formidabile nel quale spicca una lunare Hanna Schygulla. Di rado, almeno negli ultimi anni, il Leone di Venezia è stato assegnato con tanto merito. A proposito, si discute da anni sulla presunta inutilità dei festival del cinema e sulla ritualità dei premi."
Curzio Maltese, 'La Repubblica'
"Avete mai avuto una cosa bella senza fare fatica? Beati voi, ma qui faticherete: Leone d'Oro a Venezia, 'Faust' di Aleksandr Sokurov è un capolavoro. Ostico e complesso, ma capolavoro assoluto, che va oltre il cinema per coinvolgere arte, letteratura, filosofia. E Dio stesso, con una Diabolica Commedia che prende da Goethe per chiudere la tetralogia del potere: dopo Hitler ('Moloch'), Stalin ('Taurus') e Hirohito ('Il sole'), il regista russo arriva nell'ultimativa stanza dei bottoni con Mefistofele (Anton Adasinsky), l'angelo caduto. Vecchio e malconcio, fa l'usuraio, mentre Faust (Johannes Zeiler) vende l'anima e si dibatte in un mondo giallo morte: il potere vuole tutto, l'inferno è in terra. E noi siamo scimmie di un altro pianeta: Sokurov cita il '2001' di Kubrick, perché che altro è Faust se non un'altra 'Odissea nello spazio' e nel tempo umano? Potere e dannazione, abbrutimento e abominio, ma nel finale si innalza la montagna della speranza, la montagna di Dio. Negli occhi Dürer e Bosch, negli orecchi il tedesco dei filosofi, ci arriviamo dopo 130 minuti, con una certezza: la storia del Cinema ha un nuovo, indelebile capitolo."
Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano'
Realizzato con il supporto del Fondo per lo sviluppo Mass Media (Oleg Rudnov) e il Fondo per il Cinema (Sergey Tolstikov) - Leone d'Oro alla 68ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (2011). Ha ottenuto anche il Premio Signis e il Future Film Festival Digital Award.