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Fermare la macchina del fango e ragionare

La politica lasci libero il campo a forze veramente nuove, non solo in senso anagrafico

05 febbraio 2014

FERMARE LA MACCHINA DEL FANGO E RAGIONARE
di Agostino Spataro (montefamoso.blogspot.it, 5 febbraio 2014)

L’Italia sta vivendo una fase incerta, oscura a causa della crisi economica, ma anche di un metodo barbaro e ricattatorio di fare politica. Gli ultimi giorni, fra incidenti alla Camera e invettive sui blog, giornali e tv, sono stati davvero incredibili, preoccupanti. Forse, è questa la prima volta in cui non si riesce a capire dove si voglia andare a parare. Se qualcun ritiene di saperlo, per favore ci illumini.
Ma perché siamo a questo punto? Certo, grandi sono le responsabilità della "politica", genericamente intesa. Tuttavia, tanto disastro non poteva essere provocato dalla sola "politica". Dietro le quinte, agiscono altri poteri, molto più influenti dei "politici" che, in ogni caso, sarebbe il caso d’identificare con nomi e cognomi. Giacché, con questo genericismo d’accatto ("politica", "politici"), coniato e divulgato dai media, si sta facendo, intenzionalmente, confusione, tanta confusione, per consentire ai padroni delle testate, al riparo dei loro consigli di amministrazione, di realizzare lucri scandalosi.

Il problema dell’adeguatezza del ceto politico esiste fin dal crollo (pilotato?) della c.d. "prima Repubblica" e ancora non è stato risolto. E non poteva esserlo poiché i subentranti della "seconda" non erano/non sono espressione di un reale processo di cambiamento, ma solo figure di seconda e terza file del parterre della "prima". La situazione si è ulteriormente aggravata con l’approvazione, nel 2005 ossia alla vigilia della campagna elettorale, del "porcellum" che consente a una diecina di capipartito e di capicorrente di nominare, di fatto, i deputati e i senatori ossia il Parlamento al quale la Costituzione affida la tutela della sovranità popolare e della dignità morale della nazione. Questa ineffabile "diecina" ha sottratto ai cittadini elettori il diritto, costituzionale, di scegliere, col voto di preferenza (uno solo e numerico per evitare compravendite di voti) il proprio rappresentante. Una legge "porcata" che si vorrebbe addebitare al solo rubicondo ex ministro leghista Calderoli. Gli altri ne hanno preso le distanze anche se l’hanno usata ed abusata a tutto spiano.

Una legge, dunque, da modificare radicalmente come impone la sentenza della Corte costituzionale? Parrebbe proprio di no. A giudicare dalla proposta di riforma Renzi-Berlusconi si va dritti alla riconferma del "porcellum", con qualche aggravante. Insomma, siamo davanti a un groviglio di cose malfatte, d’intrecci d’interessi, anche personali, inconfessabili, di pressioni indebite, interne e internazionali, di prevaricazione dei corretti rapporto fra politica, istituzioni e cittadini, di un imbarbarimento del sistema delle relazioni politiche e sociali, di governi ondivaghi, in attesa dell'imbeccata che sembrano, quasi, eterodiretti. Per queste ed altre ragioni, la situazione rischia di avvitarsi su stessa e degenerare in un preoccupante imbarbarimento della vita politica e itituzionale. Crescono soltanto la disoccupazione, le tasse, il debito, l’evasione fiscale, l’odio e le cattive maniere.

E’ venuto il tempo di fermare questo andazzo, questa colossale macchina del fango e ragionare, per vedere, insieme e nelle forme possibili, che cosa c’è da fare per invertire la tendenza e rilanciare l'economia. L’Italia è un grande paese, quasi una civiltà a se stante; il popolo italiano, specie nei passaggi più drammatici della storia repubblicana, ha dimostrato di essere degno e all’altezza di tale grandezza. Di crisi ne abbiamo avute tante. Per tutte ricordo quella terribile della metà degli anni ’70 caratterizzata da una drammatica decadenza del tessuto industriale che s’intrecciava con i disegni di un terrorismo eversivo (di vario colore) che scossero gli assetti fondamentali del potere democratico, la base stessa della democrazia. La superammo con l’apporto di tutti, con le lotte dei lavoratori, degli studenti, degli artisti, con buone leggi fatte in Parlamento e non con le urla e le offese indecenti, le minacce e gli infingimenti che vediamo in questi giorni in tv.

Furono quelli gli anni più critici della tanto biasimata "prima Repubblica" che - bisogna ricordarlo - riuscì a trasformare l’Italia da paese arretrato e devastato dalla guerra fascista a settima potenza economica del Pianeta. Tutto ciò non avvenne per miracolo, ma sulla base di una sana intesa politica generale, di fatto, fra le forze di maggioranza e d’opposizione di sinistra. Nell’ultimo ventennio, la c.d. "seconda Repubblica" ha solo dilapidato il patrimonio ereditato, ha intaccato molte conquiste sociali dei lavoratori, ha accresciuto il debito pubblico frutto, amaro, della corsa clientelare concorrenziale scatenata, negli anni ‘80, da Dc e Psi. Se così stanno le cose - come pare - è necessario fermare questa folle corsa verso l’abisso. Ai partiti (no ai singoli leader), alle forze sociali, ai governi dobbiamo chiedere d’indicare la via (i programmi, signori, non i pugni, le urla!) per uscire dalla crisi rinnovati, con più equità sociale e più diritti, più servizi e più occupazione per tutti. Poiché è, sommamente, ingiusto continuare a chiedere sacrifici ai ceti medio-bassi a tutto vantaggio di un gruppo di affaristi che si stanno impadronendo della ricchezza della nazione. Le ricette? Ognuno presenti la propria, se ce l’ha. Altrimenti, lasci libero il campo a forze veramente nuove, non solo in senso anagrafico, capaci d’innovare e di progettare un nuovo futuro.

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05 febbraio 2014
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