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Fermato un traffico di reperti archeologici tra la Sicilia e il Nord Italia

L'organizzazione criminale aveva la sua base a Caltanissetta: 16 gli indagati

23 febbraio 2015

Un vasto traffico di reperti archeologici tra la Sicilia e il Nord Italia, messo in piedi da un'organizzazione criminale che aveva la sua base in provincia di Caltanissetta e che si sarebbe anche occupata di realizzare alcuni falsi per venderli come opere autentiche, è stato scoperto dai carabinieri. Sedici le persone indagate nell'ambito dell'inchiesta ribattezzata "Demetra", accusate a vario titolo di associazione a delinquere e ricettazione.
I componenti dell'organizzazione si occupavano di trafugare i reperti archeologici effettuando scavi clandestini tra le province di Caltanissetta e Agrigento. Gli oggetti antichi di produzione greca e romana, risalenti soprattutto al IV-V secolo avanti Cristo, erano destinati ad essere venduti a collezionisti del Nord Italia. Persone facoltose che avevano la possibilità di spendere cifre cospicue per assicurarsi oggetti di valore come anfore, statuette, vasi, monete e lucerne. Gli acquirenti sarebbero stati consapevoli della provenienza illecita dei beni.

Oltre mille i reperti archeologici che i Carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Palermo e i colleghi del Nucleo investigativo di Caltanissetta hanno sequestrato nel corso di perquisizioni effettuate tra Sicilia, Piemonte, Liguria e Veneto.
"Parliamo di beni dal valore inestimabile - ha spiegato il procuratore Sergio Lari nel corso di una conferenza stampa - basti pensare che soltanto una delle ottocento monete ritrovate, su cui è impressa la figura dell'aquila di Akragas, potrebbe avere un valore di circa un milione di euro".

Secondo gli inquirenti il personaggio centrale dell'inchiesta sarebbe un 70enne, di Riesi, piccolo centro della provincia di Caltanissetta. Oltre ad essere uno dei presunti "tombaroli", l’uomo sarebbe riuscito a mettere insieme una rete di persone che agivano nel nord Italia le quali, a loro volta, prendevano contatti con i collezionisti interessati all'acquisto dei reperti.
Quando i trafficanti non riuscivano a soddisfare pienamente le richieste dei committenti - ad esempio nei casi in cui veniva chiesto un certo numero di monete - avrebbero realizzato dei falsi per accontentarli, naturalmente spacciandoli per autentici.

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23 febbraio 2015
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