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Ferro 3 - La casa vuota

''Siamo tutti case vuote e aspettiamo che qualcuno ci apra la porta e ci liberi''

28 dicembre 2004



Noi vi segnaliamo...
Ferro 3 - La casa vuota
di Kim Ki-duk

Più che vivere Tae-suk abita. Porta dopo porta, attacca volantini sulle serrature di tutte le case. Per scoprire, quando il volantino non viene tolto per giorni, quali non sono abitate. Successivamente s'intrufola nelle abitazioni e vi rimane finchè i legittimi proprietari non vi fanno ritorno. Non ruba e non danneggia nulla, semmai ripara gli oggetti che non funzionano più. E' il suo modo di nascondersi al mondo. O forse è il suo modo di osservare il mondo. Un giorno viene sorpreso dalla proprietaria di una lussuosa villa, che vive prigioniera di un matrimonio infelice, di un marito che la maltratta. Lui la porterà via e insieme varcheranno altre porte. Poi, improvvisa, la separazione: Tae-suk finisce in prigione. Ma cosa possono le sbarre per uno che ha varcato le porte dell'amore, del tempo e della vita?
"Qualcuno aprirà il lucchetto che blocca la mia porta e mi renderà libero", Kim Ki-duk


Distribuzione Mikado
Durata 95'
Regia Kim Ki-duk
Con Lee Seung-yeon, Jae Hee
Genere drammatico


La critica
"Studente d'arte a Parigi, Kim Ki-duk sta nel solco della visionarietà di Antonioni che tuttavia personalizza con una tonificante dose di ironia e una spiritualità orientale. Vedi nel protagonista il rituale, emblema di disciplina e pulizia interiore, di lavare la biancheria e riparare gli oggetti nelle case occupate."
Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 8 settembre 2004

"Protagonista del film-sorpresa tenuto in serbo da Muller per il concorso, 'La casa vuota' ovvero 'Ferro 3' (è una mazza da golf) del coreano Kim Ki-duk, il giovane resta senza nome e senza voce, giacché in tutto il film non apre mai bocca. Però è un tipo che molti vorrebbero incontrare. (...) Kim Ki-duk è troppo sottile per dar spiegazioni, e riesce in un salto logico - dal fisico al metafisico - con naturalezza assoluta. Prodezze da atleta, chi ha visto 'Primavera, estate' etc., sa di cosa stiamo parlando. E poi, siamo franchi, come resistere a una riproposta profana del caro vecchio angelo custode?"
Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 8 settembre 2004

"Kim Ki-duk non solo è il regista già premiato a Venezia per 'L'isola' (1999) ma è anche quello che l'anno scorso ha realizzato un gioiello intitolato 'Primavera estate autunno inverno', intensa quanto leggera riflessione sui massimi sistemi senza tralasciare una vena di umorismo. La straordinaria combinazione si rinnova nella nuova opera che, dispensando i frutti di una fantasia veramente senza limiti, la casualità o la malizia degli incastri festivalieri induce a paragonare un po' al film di Placido. Anche qui, per dirla in soldini, non si sa mai se ci troviamo nella realtà oppure in un'altra dimensione."
Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 8 settembre 2004

"A sorpresa entra nell'affollatissimo cartellone di Venezia 61, '3-Iron' del coreano Kim Ki-duk, autore premiato con l'Orso d'argento alla Berlinale 2004 per 'Samaritan Girl', suo anche 'Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera' (candidato all'Oscar 2003). Arrivato a catalogo chiuso, è definito, appunto, film a sorpresa. E lo è stato a sentire l'applauso scrosciante dei festivalieri al Palagalileo, dove convivono da anni distributori, produttori, claque, pubblico e giornalisti. (...) L'happy-end va costruito dai primi fotogrammi, è un'intenzione, difficile. Tutto il cinema lo desidera come fuoriuscita da sé, dal mondo logico, per essere rivoluzione permanente del reale. Kim Ki-duk ci riesce con la sua storia di fantasmi coreani che sono insieme di carne e ossa e puro spirito..."
Mariuccia Ciotta, 'Il Manifesto', 9 settembre 2004

"Per una felice coincidenza il film-sorpresa dell'ultima Mostra di Venezia riuscì a diventare, al di là del premio speciale, il migliore del concorso. 'Ferro 3' del giovane coreano Kim Ki-duk mette in scena un racconto davvero intelligente, imprevedibile e intrigante nel mescolare il fisico col metafisico, la fluidità narrativa con l'eleganza scenografica. (...) Che 'Ferro 3' non s'esaurisca in un progetto d'arte e d'essai, lo dimostrano gli sprazzi di comicità, la disinvoltura con cui si volge in paradosso la mania del golf, la gentilezza favolistica con cui s'arriva in fondo alla parabola. Certo, Kim Ki-duk è troppo sottile e inquietante per rifugiarsi nelle scorciatoie fantasy; ma il fatto è che nell'asciutto e commovente scioglimento il protagonista martoriato diventa invisibile: forse un delirio, forse un'allegoria delle umane (troppo umane) aspirazioni alla cognizione del dolore."
Valerio Caprara, 'Il Mattino', 11 dicembre 2004


- PREMIO PER LA REGIA ALLA 61MA MOSTRA INTERNAZIONALE DEL CINEMA DI VENEZIA (2004)

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28 dicembre 2004
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