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Finalmente a casa

Dopo 15 giorni in mano dei talebani Daniele Mastrogiacomo è rientrato in Italia. ''Grazie a tutti mi avete salvato la vita''

21 marzo 2007

Tanta felicità e tanta riconoscenza. Mai Patria fu Madre per un uomo, mai la propria Terra fu così intensamente amata. Dopo 15 giorni in mano ai talebani, l'inviato di Repubblica, Daniele Mastrogiacomo ieri sera, alla 23.20, è arrivato all'aeroporto militare romano di Ciampino. Ad attenderlo i famigliari, il presidente del Consiglio Romano Prodi e il direttore di Repubblica, Ezio Mauro.
L'inviato di Repubblica appena messa la testa fuori dal Falcon della presidenza del Consiglio, ha salutato a braccia alzate in segno di vittoria la folla di autorità e giornalisti che lo attendevano sulla pista. Le braccia in aria e i pugni chiusi, come uno sportivo di ritorno da una grande impresa. Un olimpionico dell'informazione che per fare informazione ha rischiato la vita.

Appena messo piede a terra, Mastrogiacomo è stato travolto dall'abbraccio della figlia. E poi tutti intorno a lui la moglie, l'altro figlio, il fratello e la mamma. Saluti commoventi, come quello scambiato pochi istanti dopo con il direttore di Repubblica Ezio Mauro, che Daniele, stringendolo a sé per la gioia, solleva quasi di peso. Informale e raggiante anche l'accoglienza del presidente del Consiglio Romano Prodi, al quale Mastrogiacomo ha rivolto parole che in un altro contesto avrebbero potuto suonare di circostanza: ''Grazie lei mi ha salvato la vita''.
Nel volto di Mastrogiacomo c'è la raggiante gioia di chi nelle mani di altri uomini ha visto la propria vita in ballo, e tanta riconoscenza per un Paese che non lo ha mai abbandonato un momento e che ha fatto tutto quello che bisognava fare, nella maniera per molti migliore, con il dialogo e la diplomazia.
Daniele Mastrogiacomo ha ringraziato i colleghi assiepati nella saletta dello scalo militare romano. ''Grazie a tutti siete stati fantastici'', ha detto prima di sfilare rapidamente verso la macchina diretta a piazzale Clodio dove già in nottata è stato ascoltato dai pubblici ministeri Franco Ionta, Pietro Saviotti, Erminio Amelio e Giovanni Salvi. Si tratta dei magistrati romani titolari dell'inchiesta aperta sul suo sequestro, ma anche di vecchie conoscenze di Daniele, che prima di passare agli esteri si è occupato a lungo di cronaca giudiziaria.

Tutti felici per la sua liberazione, ma le polemiche sulle modalità su come questa è avvenuta ci sono state. Appena salvo, dall'opposizione si sono alzate critiche e voci di scetticismo. Quale prezzo è stato pagato? Che senso ha avuto tagliare fuori dalle operazioni il ministero della Difesa nonché i servizi segreti? Chi sono veramente i cinque talebani scarcerati in cambio della liberazione di Mastrogiacomo? E i nostri soldati che ci stanno a fare in Afghanistan se per cavarsi dai problemi si liberano i terroristi e si scende a patti con i nemici? Domande maligne, poste anche da una parte del governo, che forse non ha capito il funzionamento della diplomazia usata dall'altra parte della maggioranza. Una diplomazia che ha funzionato bene, vogliamo dire, e per la quale non ha avuto niente da ridire nemmeno il colosso fra gli alleati, gli Stati Uniti, che hanno addirittura accolto il disegno più ampio della nostra diplomazia, ossia la proposta fatta dal ministro degli Esteri Massimo D'Alema, sull'opportunità di mettere sul tavolo afghano una conferenza di pace che coinvolga principalmente i paesi vicini all'Afghanistan. Insomma un percorso di diplomazia internazionale importante e coerente, e sicuramente diverso da quello del passato governo. Un percorso diplomatico che ha liberato Daniele Mastrogiacomo, pagando un prezzo, forse alto, ma senza utilizzare la moneta che fino ad ora eravamo stati abituati a conoscere, senz'altro non più onesta né migliore.

E come dicevamo, appena arrivato a Roma Daniele Mastrogiacomo è stato subito sentito dai pm del pool antiterrorismo di Roma, davanti ai quali è arrivato a mezzanotte circa. Presenti all'audizione del giornalista anche il funzionario della Digos Giannini e del Ros Ceri. Mastrogiacomo avrebbe parlato del suo proposito di intervistare un comandante militare talebano e le modalità del suo sequestro. Al riguardo ha ricordato che l'auto sulla quale si trovava con l'interprete e l'autista fu fermata da uomini a bordo di tre motociclette e che gli fu contestato l'ingresso abusivo in territorio talebano. Mastrogiacomo ha aggiunto che il sequestro era gestito da un ''comandante'', di essere stato custodito da numerose persone, di aver cambiato rifugio ogni giorno e di aver assistito all'uccisione dell'autista. Il giornalista di Repubblica ha anche ricordato ai magistrati che per fornire agli intermediati dei suoi sequestratori la prova della sua esistenza in vita ha fornito particolari della sua vita privata, come il nome dei cani dei suoi genitori. Inoltre sono stati girati diversi video, oltre a quello apparso in televisione.
Infine, Mastrogiacomo ha detto ai pm che sarebbe in grado di riconoscere alcuni dei suoi carcerieri, ma non può fornire elementi sulla loro identificazione, in particolare quello del mullah Dadullah.

Dopo l'incontro con i magistrati romani, Mastrogiacomo è tornato nella sua casa, accolto dalla moglie che davanti la porta, sormontata dalla scritta ''Bentornato Daniele''.

- ''I miei 15 giorni in catene'' di Daniele Mastrogiacomo (Repubblica)

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21 marzo 2007
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