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Fine pena...

Un altro suicidio dietro le sbarre: è il 38° caso dall'inizio dell'anno. Questa volta è successo a Catania, nel carcere della Bicocca

24 luglio 2010

Trentotto. E' il numero dei suicidi registrati nelle carceri italiane in questo funesto 2010. Un dato aggiornato a ieri mattina quando il corpo di un detenuto è stato trovato senza vita nella sua cella della casa circondariale di Catania Bicocca. Andrea Corallo, 39 anni, si sarebbe reciso la carotide mentre si stava facendo la barba.
A rendere nota l'infausta notizia è stato il segretario della Uil/Penitenziari, Eugenio Sarno. "Abbiamo la sensazione - ha detto il sindacalista - che nemmeno questa strage silenziosa che si consuma all'interno delle nostre degradanti prigioni scuota dal torpore una classe politica che ha, evidentemente, accantonato la questione penitenziaria". "Nelle nostre galere - ha osservato ancora Sarno - si continua a morire. Dal 1° gennaio 2010: 38 detenuti, 4 agenti penitenziari ed un dirigente generale si sono suicidati. È forse il caso di approfondire ed investigare? Noi diremmo anche di risolvere. Invece nulla. Tutto è rimesso alla sola buona volontà ed alle evidenti capacità del personale. Si continuano ad ammassare persone in spazi che non ci sono". "Il personale - ha sottolineato il sindacalista - deve rinunciare ai diritti elementari e sottoporsi a turni massacranti per reggere la baracca. La questione penitenziaria, nella sua drammaticità, è anche una questione morale. Per i tanti sprechi. Per l'incapacità di risolvere. Per l'indecenza delle strutture. Per il degrado degli ambienti. Per i rischi igienico-sanitari". "Riceviamo continui inviti da parte del Dap (Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria) a non allarmare, ma noi non allarmiamo, informiamo sulle gravi realtà, nel tentativo di scuotere le coscienze - ha concluso Sarno - la società e la stampa, però, appaiono indifferenti ai drammi quotidiani che si consumano all'interno di quelle mura che sempre più sono il confine tra civiltà e inciviltà".

L'allarme è condiviso anche dall'Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria): "Le proteste per le condizioni disumane dovute al sovraffollamento - ha detto il vice segretario generale Domenico Nicotra - possono portare anche ad azioni dimostrative molto pericolose come quella accaduta. Purtroppo, questa volta, non è stato possibile salvare un'altra vita".

La Procura della Repubblica di Catania ha aperto un'inchiesta e ha disposto l'autopsia per Andrea Corallo, che non era recluso nel settore di massima sicurezza. Secondo quanto riferito da Riccardo Arena, che cura la rubrica Radiocarcere su Radio Radicale, Corallo aveva iniziato "una rumorosa protesta e minacciava di uccidersi proprio tagliandosi la gola. I tentativi degli agenti di farlo calmare sono stati inutili". Corallo si trovava in carcere dall'aprile del 2008 e divideva la cella con altri due detenuti, che ora sono ascoltati dagli inquirenti.
L'uomo, originario di Ragusa, era detenuto in attesa di giudizio. Era stato arrestato il 16 aprile del 2008 assieme a altre sette persone, nel Ragusano, da polizia e carabinieri nell'ambito di un'operazione antiracket coordinata dalla Dda della Procura della Repubblica di Catania. Secondo l'accusa la banda, guidata da un ex appartenente alla cosca Dominante, in pochi mesi avrebbe compiuto diverse decine di estorsioni nei confronti di commercianti e imprenditori di Comiso, Vittoria e Ragusa. [Informazioni tratte da Ansa, La Siciliaweb.it, www.agenziaradicale.com]

Ucciardone, carcere al collasso. E i detenuti finiscono nel "canile"
di Ranieri Salvadorini (Repubblica.it, 23 luglio 2010)

Il primo allarme l'aveva lanciato Radiocarcere di Riccardo Arena, che il 22 maggio del 2010 pubblicava la lettera di Giuseppe, 32 anni: "Cara Radiocarcere, sono un detenuto dell'Ucciardone e quando sono entrato qui dentro sono stato nel 'canile'. Ovvero una gabbietta, larga un metro e alta due, dove stai chiuso in pedi per ore, qualcuno anche per giorni, io ci sono stato 10 ore. E' stato terribile. Vomitavo, facevo i bisogni e piangevo. Ma nessuno è venuto a vedere come stavo".
La scorsa settimana una delegazione composta da Radicali, l'Associazione Ristretti Orizzonti, alcuni volontari e personale dell'Ufficio del Garante dei detenuti della Sicilia, si è recata in visita al carcere palermitano per un'ispezione. "Sono stati i detenuti a parlarci dell'esistenza del 'canile' - spiega Rita Bernardini, deputata Radicale - e lo chiamano così perché, in pratica, non può essere definito diversamente: è una struttura separata dal carcere, ed è proprio come un canile, solo che vecchio, sporco e fatisciente". E' dove mettono i detenuti transitori, cioè gli arrestati, in attesa di essere immatricolati e, poi, smistati nelle sezioni del carcere. "Il giorno dell'ispezione dentro c'era un ragazzo - prosegue la Bernardini -, ma quando ho fatto per chiedergli da quanto tempo fosse lì dentro, di fatto, mi è stato impedito".
Gloria Cammarata, - Responsabile dello Sportello dell'Ufficio del Garante dei detenuti presso l'Ucciardone - il "canile" lo descrive così: "le gabbie formano una sorta di struttura a "U", sono larghe forse un metro e mezzo, il tetto è una plastica ondulata deteriorata, la parete è una grata metallica molto fitta, non ci passa nemmeno un dito e l'unico punto luce è il blindo". Prosegue Cammarata: "Il pavimento è una gittata di cemento, e poi non c'è altro: solo un buco alla turca, protetto - si fa per dire - da un muretto molto basso, c'è solo sporco e le condizioni igieniche sono molto scarse". Inoltre, "tra queste 'celle' è stata ricavata anche l'infermeria dove i detenuti effettuano la prima visita medica".

Il Direttore dell'Ucciardone, Maurizio Veneziano, ha affermato che nel "canile" i detenuti non sostano più di 5 ore. Ma i detenuti, dice Rita Bernardini, raccontano un'altra verità. E secondo Laura Baccaro, psicologa e criminologa di Ristretti Orizzonti "nel momento in cui facciamo della legittimità di una situazione del genere solo una 'questione di ore' perdiamo di vista il problema: è giusto lasciare una persona in quelle condizioni?", si chiede l'esperta. "Il rischio è di perdere di vista proprio il concetto di legalità e di diritto pensando che in galera tutto sia concesso per il semplice fatto che non sono persone ma detenuti che devono scontare una pena. Un'idea di pena che si identifica con questo tipo di carcere", conclude, "si traduce in un processo di normalizzazione delle violazioni dei diritti umani che, in ultima istanza, coinvolge tutti: operatori, agenti e detenuti".
"L'Ucciardone è il carcere simbolo del collasso delle carceri italiane", spiega anche Rosario Di Prima, responsabile per la Sicilia del Comparto Sicurezza Cgil-Funzione Pubblica. "La storia del canile è vera ed è brutta, ma non va dimenticato che in pochi carceri come nel nostro, nei limiti del possibile, c'è un lavoro così intenso per costruire un rapporto umano con i detenuti". Una testimonianza confermata sia dagli ispettori che dal Garante: Salvo Fleres, senatore Pdl e Coordinatore nazionale dei Garanti regionali segnala che i lavoratori dell'Ucciardone "fanno un ottimo lavoro, segnalano con precisione i casi d'ascolto e sono molto collaborativi, così come il direttore, ma purtroppo la situazione è disastrosa e va ben oltre le responsabilità dei singoli operatori". Quest'anno, inoltre, la Regione ha praticamente azzerato i finanziamenti agli uffici di Fleres: da 500 mila euro a 12 mila - "ci bastano per i francobolli per rispondere ai detenuti, e poco altro", spiega il Garante.

Il fitto dossier preparato dagli ispettori radicali descrive una situazione da incubo. Ecco un piccolo estratto: "All'Ucciardone ci sono 700 detenuti a fronte dei 430 previsti dal regolamento e l'organico della polizia è sotto di 160 agenti. Per le spese di ordinaria amministrazione il carcere dispone di 8 mila euro l'anno. Ci sono 1 solo infermiere e 1 solo medico che devono coprire per 24 ore tutto il carcere. Il 15 per cento dei detenuti è sieropositivo, sono difusissime malattie infettive e patologie psichiatriche di ogni genere. Non ci sono spazi di alcun genere, né per lavorare né di socialità. Un detenuto in cella n°1 ha fatto domanda per un colloquio 13 mesi fa e non ha avuto ancora risposta. In una cella un detenuto da solo con tubercolosi: indossa una mascherina ed è tenuto a distanza da tutti (detenuti e agenti). Solo dieci minuti d'aria al giorno, con caldo infernale. Difficile avere un colloquio con gli educatori, attese anche di 7 mesi". E poi: "I topi, gli scarafaggi, e le formiche nelle celle. Nell'area retrostante il passeggio, su cui si affacciano le celle, sono presenti animali morti e salgono odori insopportabili. Molti detenuti si privano di vedere i figli. Perquisizioni anche ai bambini con i cani, tolgono perfino i pannoloni".
Per riprendere le parole con cui il giovane ha scritto a Radiocarcere: "Dopo il canile mi hanno portato in uno stanzone pieno zeppo di detenuti. Lì c'era gente malata di mente, stranieri, tossicodipendenti in crisi d'astinenza, malati d'Aids. Dopo circa un mese mi hanno portato in quella che sarebbe diventata la mia cella e mi son detto: 'il peggio è passato!' E invece mi sbagliavo, l'inferno vero all'Ucciardone iniziava lì".

 

 

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24 luglio 2010
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