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Finisca il rumore delle armi

"E' possibile per tutti percorrere le vie della pace?" Le parole di Papa Francesco e la guerra in Siria

09 settembre 2013

Finisca il rumore delle armi. Nella giornata del digiuno e della preghiera per la pace in Siria, il Papa ha fatto sentire forte l'appello per la pace nel mondo: "Finisca il rumore delle armi. La guerra segna sempre il fallimento della pace, e' sempre una sconfitta per l'umanità".
Sabato, Papa Francesco, nel corso della Veglia a Piazza San Pietro, gremita da oltre 70 mila persone, ha citato il discorso che Paolo VI fece alle Nazioni Unite nel 1965: "Non più gli uni contro gli altri, non più, mai, non più la guerra, non più la guerra".
Papa Bergoglio ha esortato: "perdono, dialogo, riconciliazione sono le parole della pace: nell'amata nazione siriana, nel Medio Oriente, in tutto il mondo. Preghiamo per la riconciliazione e per la pace, lavoriamo per la riconciliazione e per la pace e diventiamo tutti, in ogni ambiente, uomini e donne di riconciliazione e di pace".

"E' possibile per tutti percorrere le vie della pace? Si può uscire da questa spirale di dolore e morte?" ha continuato il Pontefice che, nel corso dell'omelia a San Pietro, si è rivolto direttamente ai potenti del mondo, a quanti sono chiamati a governare le nazioni: "vorrei che ognuno di noi, dal più piccolo al più grande, fino a coloro che sono chiamati a governare le Nazioni, rispondesse: Sì, è possibile per tutti. Sì lo vogliamo". Da qui l'auspicio: "Come vorrei che per un momento tutti gli uomini e le donne di buona volontà guardassero alla Croce! Lì si può leggere la risposta di Dio: lì, alla violenza non si è risposto con violenza, alla morte non si è risposto con il linguaggio della morte. Nel silenzio della Croce tace il fragore delle armi e parla il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace".
Il Papa si è poi rivolto a quanti sono confortati dalla fede in Dio e ai "fratelli della altre religioni". E ha detto: "vorrei chiedere questa sera che ogni uomo e donna di buona volontà gridasse con forza: la violenza e la guerra non è mai la via della pace".

Un auspicio e una richiesta, mentre il presidente Obama continua a valutare un intervento in Siria senza l'assenso dell'Onu, e molte opinioni pubbliche temono la mondializzazione di un conflitto in Siria. E quando non solo i cristiani siriani temono che un dopo Assad  possa rivelarsi altrettanto nefasto del dopo-Saddam iracheno.   
Intanto, il presidente siriano Bashar Assad, intervistato in esclusiva dal giornalista Charlie Rose per l’emittente americana Cbs, ha ribadito di non essere dietro l'attacco con armi chimiche del 21 agosto, ripetendo che non ci sono prove dell'evento. Per questo minaccia una ritorsione in caso di attacco americano. E avverte che in caso di intervento armato di Usa e Francia, gli amici della Siria, le milizie libanesi di Hezbollah e l'Iran (tutti uniti dalla comune fede sciita) effettuerebbero rappresaglie.
Secondo Assad, ha riferito Rose, un attacco potrebbe diminuire le capacità delle sue truppe (come vorrebbe Barack Obama) ma così facendo si concederebbe un vantaggio alle frange qaediste dell'opposizione.
Charlie Rose ha intervistato Assad nel palazzo presidenziale di Damasco. L'intervista sarà trasmessa interamente sulla Cbs questa sera, lo stesso giorno in cui il presidente americano Barack Obama concederà interviste a sei reti americane nella sua azione a tappeto per convincere il Congresso e gli americani a sostenere l'azione militare in Siria.

Continua intanto il pressing mediatico da parte del governo Usa. Mentre il presidente Obama si sta preparando al discorso alla nazione e a una mitragliata di interviste per i prossimi giorni, John Kerry interviene da Parigi. "Non è una fantasia, il presidente siriano Bashar al Assad ha usato armi chimiche almeno 11 volte", ha affermato il segretario di Stato americano. "Damasco possiede uno tra i più grandi arsenali di armi chimiche al mondo", ha aggiunto il capo della diplomazia americana.
Non tutto il Congresso, però, condivide le certezze di Obama e di Kerry. I video mostrati in briefing riservati non convincono alcuni deputati repubblicani. "Le prove non sono così forti come dicono le dichiarazioni pubbliche del presidente e dell'amministrazione", afferma Justin Amash, del Michigan, "ci sono alcune cose che vengono abbellite nei discorsi pubblici". "I briefing mi hanno reso in realtà più scettico sulla situazione". Di opinione simile Buck McKeon della California, secondo il quale "hanno prove che mostrano una probabile responsabilità del regime" ma questo non è sufficiente per lanciare attacchi militari. "Secondo me non hanno fornito legami diretti con Assad" dell'attacco chimico, ha proseguito McKeon, che è presidente della commissione Servizi armati della Camera Usa.

Sono invece parecchie le informazioni, le inchieste e le testimonianze che “scagionano” il governo di Assad dall’attacco del 21 agosto scorso, e parlano invece di una piena colpevolezza dei ribelli, oggi frange terroristiche vicine ad Al Qaeda.

- Bombardamenti col gas nervino? «Abito a 500 metri» dal luogo degli attacchi e «non ho sentito niente» di Francesco Amicone (www.tempi.it)

- "Sono stati i ribelli, e non Assad, a usare le armi chimiche" di Pino Scaccia (La Torre di Babele)

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09 settembre 2013
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