Fossa comune mediterranea
Morire o vivere da ''Invisibili''. L'oscuro destino dei migranti clandestini verso la ''terra della speranza''
Il Mediterraneo è diventato una ''fossa comune''. Ad inghiottire i cadaveri di imprecisate migliaia di persone, un'acqua azzurra come il cielo dei Paesi del Sud. Un manto, a volte liscio come l'olio, a volte crespo come un tessuto pregiato, che non sempre ricopre del tutto i corpi di chi una volta viveva, ma che in certe circostanze li fa affiorare come a voler ricordare a chi quel mare lo solca per diversi motivi che lì, in quell'acqua, qualcuno ha perso la vita.
Gli ultimi cadaveri sono stati ripescati nei giorni scorsi. Tredici, quattordici corpi. Chissà quanti sono finiti nel fondo, chissà quanti sono stati trasportati da altre correnti. Corpi rigonfi e senza vita, senza nome, senza storia. Migranti clandestini che dalla loro terra sono scappati incontro alla speranza. Hanno trovato la morte. Sono stati cancellati dall'esistenza.
Poi ce chi riesce a raggiungere la terra sano e salvo. Questo non vuol dire però che è salva la propria esistenza. I loro piedi, dopo settimane di navigazione, toccano la terra ferma, ma la loro vita può diventare, e spesso lo diventa, invisibile. Succede sovente ai bambini e ai ragazzini, spediti nella ''terra della speranza'' dai propri genitori. Minori che arrivano senza nome né data di nascita e che rimangono in balia di tutto, indifesi e senza alcuna protezione.
Il 23 febbraio dello scorso anno Amnesty International rendeva noto il rapporto ''Invisibili, i diritti umani dei minori migranti e richiedenti asilo detenuti alla frontiera marittima italiana'', al termine di oltre un anno di ricerche sulla presenza e sul trattamento dei minori, accompagnati e non, nei molti luoghi di detenzione per migranti collocati nei pressi delle coste meridionali italiane.
In questa maniera si è conosciuta una tale realtà e la pubblicazione del rapporto ha dato il via all'omonima campagna che, grazie all'impegno degli attivisti di Amnesty International e all'adesione di oltre 50.000 persone, ha sottoposto alle autorità italiane le richieste urgenti dell'organizzazione per i diritti umani, volte a riportare la condizione dei minori migranti in arrivo via mare in Italia in linea con gli standard internazionali.
Le richieste della campagna ''Invisibili'' poste al governo italiano nell'inverno del 2006 erano:
- evitare la detenzione dei minori migranti, considerandola una misura eccezionale, ovvero escludendola del tutto per i minori non accompagnati e non applicandola, di regola, ai nuclei familiari con minori, dando priorità al superiore interesse del minore in ogni decisione presa, caso per caso, in riferimento alla detenzione dell'intero nucleo;
- fare chiarezza sui dati relativi alle presenze dei minori in arrivo via mare e nei centri di detenzione;
- garantire il beneficio del dubbio, ossia la presunzione di minore età, a tutti ragazzi e le ragazze la cui maggiore età non fosse dimostrata o dimostrabile, evitando la detenzione e l'espulsione in tutti i casi di incertezza;
- modificare l'approccio che per oltre 10 anni ha creato e diffuso una confusione semantica, pratica e finanziaria, tra detenzione e accoglienza e ha via via esteso l'uso della privazione della libertà a categorie sempre più ampie di migranti, fino a includervi la totalità dei richiedenti asilo con le modifiche della legge c.d. Bossi-Fini del 2002;
- assicurare la trasparenza dei centri di detenzione e la loro accessibilità da parte di Ong indipendenti, avvocati, esponenti della società civile, compresi i giornalisti.
Dopo 16 mesi la novità più evidente è l'accresciuta conoscenza della situazione dei minori che arrivano in Italia via mare. All'inizio del 2007 il Ministero dell'Interno ha reso disponibili, per la prima volta in forma disaggregata per età e genere, le statistiche sugli arrivi di migranti sulle coste italiane nel 2005 e nel 2006. Questa era una delle principali richieste della campagna ''Invisibili''. Secondo questi dati, nel 2005 sono arrivati via mare in Italia 1622 minori, nel 2006 sono stati 1335 (quasi il 7% degli arrivi via mare), molti di essi da aree di conflitto o di crisi per i diritti umani, tra cui l'Eritrea, l'Etiopia, il Sudan, la Somalia, il Libano. Altri minori, per lo più non accompagnati, arrivano dall'Egitto, dal Marocco, dalla Tunisia.
Queste statistiche consentono anche di confermare un dato denunciato dal rapporto ''Invisibili'' relativo ai massicci arrivi di minori dall'Egitto, sino ad allora rimasti totalmente nell'ombra. Secondo il ministero dell'Interno, sono infatti quasi 2000 i minori non accompagnati egiziani giunti via mare in Italia tra il 2005 e il 2006. Nel 2006 essi rappresentano il 63% dei minori arrivati via mare in Sicilia.
Amnesty International è stata autorizzata a visitare i centri di detenzione e nell'aprile 2007 è stata emanata dal Viminale una direttiva che chiede ai Prefetti una maggiore trasparenza dei centri e la garanzia dell'accesso per l'Unhcr, le ''organizzazioni umanitarie internazionali e nazionali'' e gli enti locali; l'accesso dei giornalisti è sottoposto all'autorizzazione del Prefetto territorialmente competente.
Le ulteriori valutazioni di Amnesty International, a 16 mesi dall'inizio della campagna sono le seguenti:
- il centro di Lampedusa è dotato, dal maggio 2006, di una sezione separata di circa 40 posti, nella quale vengono alloggiati i minori non accompagnati e le donne con bambini. E' risultata superata, nei confronti dei minori non accompagnati, la prassi di far seguire un ulteriore periodo di detenzione a quello applicato a Lampedusa. Questo, assieme all'abbreviarsi del periodo di permanenza di migranti e richiedenti asilo nel centro sito sull'isola, ha prodotto una drastica riduzione dei tempi di detenzione dei minori non accompagnati dopo l'arrivo, ha ridotto i rischi e i disagi connessi ai lunghi trasferimenti e ha sottratto molti minori non accompagnati a ulteriori rischi come quelli connessi alla mancata separazione dagli adulti. Tuttavia la detenzione generalizzata dei richiedenti asilo negli altri centri è ancora molto diffusa e non è cessato l'utilizzo di strutture ''occasionalmente'' destinate alla detenzione;
- la detenzione sistematica dei nuclei familiari con minori è proseguita. Nel momento in cui Amnesty International ha visitato il centro di Crotone, il 24 gennaio 2007, all'interno dello stesso vi erano due donne in gravidanza; due donne, ognuna delle quali con un bambino di un mese; una famiglia con un bambino di 11 mesi; una famiglia con una minore di 15 anni;
- le espulsioni collettive verso la Libia, nel corso della XV Legislatura, non sono mai state utilizzate. E' tuttavia importante segnalare l'infittirsi dei rapporti diplomatici tra Italia e Libia dopo l'insediamento del governo Prodi, finalizzati ad accordi operativi, i cui dettagli non vengono resi pubblici, in materia di contrasto dell'immigrazione irregolare.
Amnesty International ha inoltre esaminato il disegno di legge delega governativo di riforma delle norme sull'immigrazione. Esso contiene un'indicazione di principio sulla presunzione della minore età in caso di incertezza, che accoglie una richiesta della campagna ''Invisibili'', e adotta un positivo mutamento di approccio rispetto alle politiche via via più restrittive applicate a partire dal 2000, in materia di conversione del permesso di soggiorno dei minori al compimento dei 18 anni. Lo stesso disegno di legge sembra voler ridimensionare l'uso della detenzione dei migranti. Tuttavia, non risolve la confusione tra accoglienza e detenzione che ha caratterizzato le politiche applicate in questi anni alle frontiere. Per questo motivo, non si può considerare scongiurato il rischio, particolarmente riferito alla detenzione a scopo di identificazione di migranti appena arrivati, che le riforme possano limitarsi a una reinterpretazione lessicale del sistema vigente.
Nella Giornata mondiale del rifugiato, che si celebra oggi, Amnesty International nota come il Mediterraneo stia diventando una fossa comune e come, negli ultimi mesi, sia sorto un imbarazzante scaricabarile tra Stati rivieraschi, intrattenutisi a discutere le rispettive responsabilità verso le persone a rischio in mare mentre le vite di queste erano in pericolo.
La complessità del diritto internazionale del mare e delle norme che regolano le responsabilità dei diversi attori coinvolti - Stati, capitani e proprietari delle imbarcazioni - non possono far dimenticare che il salvataggio delle vite in mare è innanzitutto un imperativo umanitario, oltre che un'antica consuetudine della gente di mare.
Questi avvenimenti indicano purtroppo che il sistema della ricerca e del soccorso in mare stia subendo pressioni a causa dei diversi interessi delle parti coinvolte, ma anche che tali pressioni hanno già iniziato a intaccare il nucleo migliore della cultura marinara dei paesi del Mediterraneo. Per questo motivo gli Stati dovrebbero non solo impegnarsi a fondo nella ricerca e nel soccorso in mare, ma anche permettere lo sbarco immediato delle persone tratte in salvo da imbarcazioni da pesca e valorizzare il rispetto, da parte dei propri cittadini, dei principi umanitari.
Amnesty International ribadisce quanto sia essenziale, per la costruzione di un sistema rispettoso dei diritti umani di tutti, che l'Italia non resti priva di una legislazione organica in materia di asilo e che ne adotti al più presto una in linea con gli standard internazionali sui diritti umani.
- www.amnesty.it