Giardini in autunno
Otar Iosseliani dirige una commedia dolce e incantevole sull'avidità che ci inganna e tradisce
Noi vi segnaliamo...
GIARDINI IN AUTUNNO
di Otar Iosseliani
Vincent è un ministro, un uomo potente, non brutto, piuttosto elegante, grande bevitore e buongustaio. Odile, la sua amante, è una ragazza molto bella, intelligente, lucida e affascinante. Ma non bisogna mai far dipendere il proprio destino dalle belle ragazze: la cosa potrebbe costare piuttosto cara. Infatti, nel momento in cui Vincent viene cacciato dal ministero, lei lo lascia.
Théodière, il nuovo ministro in carica, s'insedia nel sontuoso ufficio di Vincent e distrugge tutto quello che trova. Cambia gli scaffali, i rivestimenti di poltrone e divani, la scrivania, fino addirittura ai posacenere e ai telefoni. Per quanto tempo resterà in carica? Chi lo sa... Ma lui è ottimista.
L'ex ministro Vincent, invece, comincia a vivere..
E così, alla fine della nostra storia, Vincent incrocia Théodière, suo rivale e successore caduto in disgrazia a sua volta, ma Vincent non proverà né odio, né gioia perversa, anzi gli dirà:
«Mi sembri stanco... tieni, bevi un bicchiere!».
Anno 2006
Distribuzione Mikado
Durata 121'
Regia e Sceneggiatura Otar Iosseliani
Montaggio Otar Iosseliani, Ewa Lenkiewicz
Con Michel Piccoli, Pascal Vincent, Séverin Blanchet, Muriel Motte
Genere Commedia
Intervista con Otar Iosseliani
di Claire Vassé
Giardini in autunno racconta la storia di un ministro costretto a lasciare il potere e che ritroverà la gioia di vivere semplicemente bevendo, suonando e riscoprendo i luoghi dell'infanzia. Il titolo vuole forse dire che bisogna aspettare l'autunno per raggiungere e adottare questa filosofia?
Bella domanda! Per alcuni è così, e mi riferisco a coloro che organizzano la propria vita puntando tutto esclusivamente sulla professione, che fanno carriera e che perdono lo sguardo metafisico sui fenomeni della vita. Sono privi della gioia di vivere, pensano che la cosa essenziale sia fare carriera e conquistare posizioni nella scala sociale. Ma se il destino sorride loro, un giorno possono anche risvegliarsi da tutto questo e ricominciare a vivere. Il protagonista della nostra storia detiene il potere, è in una posizione invidiabile, ma viene cacciato... per sua fortuna. Siamo molto contenti per lui perché alla fine comincerà semplicemente a vivere. A volte tutto questo succede tardi, nell'autunno della vita. L'autunno è il tempo dei rimpianti, rimpianti per il tempo perduto...
Fino a che punto il suo film si riferisce ad un periodo preciso e ad eventi reali?
Nel film, non mi riferisco né ad un periodo preciso né tanto meno a fatti realmente accaduti. Il film si basa su un fenomeno ben noto a tutti, l'avidità della gente e la sete di potere. E' una parabola su una tentazione con la quale, prima o poi, tutti noi dobbiamo fare i conti. Un meccanismo che osserviamo nei politici di oggi, accaniti, scatenati, lanciati verso una sfrenata corsa al potere che finisce sempre con un fiasco. Le persone assetate di potere sono, ai miei occhi, un po' malate, sicuramente non equilibrate psicologicamente! Fingono di essere dei grandi uomini saggi, che sanno sempre quello che fanno ma tutti sbagliano. E poiché tutti sbagliano, questa preoccupazione costante di accaparrarsi il potere è costantemente oggetto di scherno. Esistono persone più sagge e lucide, ma non sono queste ad andare al potere. Ed è sempre stato così.
Giardini in autunno sembra a tratti una favola ma al tempo stesso ha molto a che vedere con quello che succede oggi intorno a noi...
Dai tempi delle favole di Esopo, che sono state copiate in maniera magistrale da La Fontaine in Francia, sappiano fino a che punto la parabola trova sempre una base molto concreta nella realtà. Sappiamo perfettamente chi è il lupo e chi l'agnello... E' la realtà, sicuramente concentrata e compressa. E' la base di tutta la poesia, che permette a volte di dire in due righe ciò che sarebbe difficilmente comprensibile con un centinaio di pagine. La vita che ci circonda ci offre costantemente tanta materia sulla quale riflettere ed è un'autentica gioia cercare di trasformarla in una formula che sarà chiaramente comprensibile a tutti. Un progetto viene elaborato quando una semplice osservazione comincia a disturbarvi, e allora pensate: «Perché quelle persone vivono in quel modo? Che peccato!». La favola è la forma che uso in tutti i miei film. La differenza in questo caso, rispetto a ''Addio terraferma'' e ''Lunedì mattina'', è che l'argomento affrontato può essere considerato più vasto. Diciamo che esco dall'universo famigliare e affronto quello della società in senso più ampio.
Possiamo dire che questo film è più ottimista rispetto ai suoi due film precedenti?
Da un certo punto di vista sì, perché qui il nostro eroe riesce a trovare una nuova vita cosa che invece non succedeva nei due film precedenti anche se devo confessare che è una cosa piuttosto rara, almeno in Francia, che un ministro diventi giardiniere... E' un vero peccato, perché è una cosa che mi piace un sacco!
La critica
''Brutta bestia il Potere, ma si può sempre guarire. E se il Napoleone di Virzì dall'esilio prepara la riscossa (è storia), il ministro trombato di Iosseliani la prende con ben altra filosofia. Succede in 'Jardins d'automne', una meraviglia di intelligenza e divertimento che come ogni film del grande georgiano è fatto soprattutto di corpi, ritmi, gesti, ripetizioni, distribuiti in gag sapienti e sottili come i suoi piani sequenza. Una musica che ti entra dentro e non esce più. Proprio questo fa infatti Iosseliani: prende un tema certo non nuovo (la vanità del potere, le gioie della vita semplice) e lo asciuga, lo concentra, lo sublima in facce e andature mai viste. Fino a farne una sorta di danza quasi senza dialoghi. (...) E' una posizione cinematografica (il tema trasformato in musica) ma anche morale: spogliati del potere cosa ci resta? Le nostre quattro ossa, o poco più. Ma non è poco, è moltissimo. Basta saperlo, e saperne godere. Questo ci manda a dire da Parigi l'esule Iosseliani. L'altro esule, Bonaparte, riempirà i libri di storia. Ma dovessimo passare un giorno o un anno con uno dei due, sapremmo chi scegliere.''
Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero'
''Il venerato maestro georgiano-parigino (vive in Francia da decenni) si fa la parodia da solo. (...) Unica sorpresa: Michel Piccoli con il guardaroba smesso di 'Psycho'.''
Mariarosa Mancuso, 'Il Foglio'
''Dal regista dei 'Merli canterini', una commedia dolce e ingannevole sull'avidità che ci inganna e tradisce, l'elegia di un mondo semplice da rivalutare per trovare un metro quadro di libertà. Per ridere, c'è Michel Piccoli en travesti.''
Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera'
''Giardini in autunno propone, in realtà, una definizione giusta e gioiosa della libertà concreta.''
Jean-François Rauger, 'Le Monde'