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Giorgio Bocca fa arrabbiare l'Arma

Il Comando generale dell'Arma respinge ''con fermezza'' quelle che reputa ''accuse infamanti'' del giornalista

14 agosto 2009

L'ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il capo siciliano della mafia Totò Riina, lo scrittore della sicilitudine Leonardo Sciascia, il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa ucciso dalla mafia perché la conosceva bene, Massimo Ciancimino il figlio del sindaco mafioso di Palermo don Vito e altri esperti della onorata società hanno spiegato invano agli italiani che il problema numero uno della nazione non è il conflitto fra il legale e l'illegale, fra guardie e ladri, fra capi bastone e le loro vittime inermi, ma il loro indissolubile patto di coesistenza. L'essere la mafia la mazza ferrata, la violenza che regola economia e rapporti sociali in province dove la legge è priva di forza o di consenso... [continua a leggere su L'espresso]

Il Comando generale dell'Arma respinge "con fermezza" le "accuse infamanti" mosse ai carabinieri da Giorgio Bocca in un articolo pubblicato in questi giorni sul settimanale L'espresso. Nell'articolo, dal titolo "Quanti amici ha Totò Riina", spiega il Comando generale, "si proietta, in modo sconcertante, sui Carabinieri che operano in Sicilia l'ombra della collusione e della pavidità, ombra che il Comando generale respinge con fermezza e con indignazione. Basterebbe a confutarla la menzione dei 33 caduti per mano della mafia, tra i quali il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, sorprendentemente accostato a figure come Totò Riina e Massimo Ciancimino, entrambi arrestati dai Carabinieri".
"All'eroica testimonianza dei caduti - prosegue la nota del vertice dell'Arma - si affianca quella delle migliaia di Carabinieri che in Sicilia continuano ad offrire quotidiane prove di abnegazione e di riconosciuta efficienza. Sono i Carabinieri che ieri hanno arrestato lo stesso Riina e oggi hanno stroncato sul nascere il tentativo di riorganizzazione di Cosa Nostra. Sorprendono, quindi, le ingiustificate e infamanti accuse che si risolvono nella delegittimazione dell'operato di fedeli servitori dello Stato". "Il Carabiniere - conclude il Comando generale - è pienamente consapevole del rischio che corre ed è invero innaturale insinuare che risponda a 'tacite regole di coesistenza', perché obbedisce con coraggio e lealtà unicamente all'imperativo del dovere, per la difesa della legalità e l'affermazione del bene comune. E sulla via di quel dovere muore a Palermo come a Monreale, a Vicenza come a Pagani, a Platì come a Nassiriya, a Torre di Palidoro come alle Fosse Ardeatine".

Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, si è detto "indignato per le farneticazioni" di Giorgio Bocca e scende a difesa dei Carabinieri, tacciati di "coesistenza" con la mafia in Sicilia.
"La solidarietà e la stima incondizionata all'Arma dei Carabinieri ed ai Carabinieri che operano in Sicilia - ha detto La Russa - è ovvia ma non è sufficiente. Credo che occorra l'indignazione verso chi, come Giorgio Bocca, non ha esitazioni ad infangare una delle principali, se non la principale, eccellenza italiana riconosciuta come tale nel mondo. Dalle sue parole farneticanti - ha detto ancora - si capisce la scelta di intitolare "L'Antitaliano" la sua settimanale rubrica sull'Espresso, rivista che ovviamente la accoglie volentieri".

[Informazioni tratte da Ansa.it, La Siciliaweb.it]

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14 agosto 2009
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