Giustizia e dissapori
Chi prenderà il posto del procuratore capo di Palermo, Pietro Grasso? Parte il ''toto procuratore'', tra sostegni e contrarietà
Il ruolo di procuratore nazionale antimafia (salvo colpi di scena dell'ultim'ora), sarà ricoperto dall'ancora procuratore di Palermo Pietro Grasso. L'unico candidato alla corsa per il posto lasciato da Pier Luigi Vigna lo scorso primo agosto, attende adesso il parere del ministro della Giustizia Roberto Castelli e quello del Plenum di Palazzo dei Marescialli (leggi).
Aspettando ancora l'ultima parola, già negli uffici del palazzo di giustizia del capoluogo siciliano si pensa a chi dovrà ricoprire la carica di Grasso.
I rappresentanti delle diverse correnti della magistratura fanno già i primi nomi e ipotizzano possibili alleanze.
Il candidato su cui molte toghe contavano era Luigi Croce, attuale procuratore di Messina ed ex aggiunto di Gian Carlo Caselli nel periodo in cui è stato a Palermo, ma la norma proposta dal senatore di An Luigi Bobbio, che ha tagliato fuori dagli incarichi direttivi di vertice tutti coloro che non possono garantire almeno cinque anni di servizio prima di andare in pensione, oltre ad escludere lo stesso procuratore generale di Torino che puntava, insieme a Grasso, alla Direzione nazionale antimafia, esclude anche Croce. Entrambi hanno superato i 66 anni e i magistrati vanno in pensione a 70 anni.
Fuori gioco Croce quindi, la rosa dei possibili successori si restringe su quattro nomi, tre procuratori aggiunti di Grasso: Guido Lo Forte, Sergio Lari e Giuseppe Pignatone, e il procuratore capo di Caltanissetta Francesco Messineo.
Guido Lo Forte, che aveva rinunciato nei mesi scorsi alla corsa a un posto di presidente di sezione del tribunale, quando si aprì lo scenario del trasferimento di Grasso a via Giulia, può contare sulla sua anzianità e sull'appoggio, oltre che della corrente a cui appartiene, quella di Unità per la Costituzione, anche quello di Md, oltre che dei laici del centrosinistra.
Al procuratore Sergio Lari, invece, i Verdi assicurano il loro appoggio e lo fanno tramite il segretario distrettuale Massimo Russo, il quale dice: ''Se Lari, che è della nostra corrente, dovesse presentare la sua candidatura, noi lo appoggeremo''.
Giuseppe Pignatone, che è il braccio operativo di Grasso, potrebbe contare sui voti di Magistratura indipendente e dei laici di centrodestra.
E alla vigilia della dipartita di Pietro Grasso da Palermo, si alzano voci di protesta contro la gestione che questo a portato avanti della procura palermitana. In una lettera inviata a Grasso, firmata da tredici pm della Dda di Palermo, viene infatti contestata la mancata circolazione delle notizie all'interno della Direzione distrettuale antimafia. I sostituti firmatari, in particolare, lamentano la mancata comunicazione della collaborazione di Francesco Campanella, l'ex presidente del Consiglio comunale di Villabate, accusato di avere fornito a Bernardo Provenzano la carta d'identità con il falso nome, che è servita al boss per andare in Francia (leggi).
Tra i pm che hanno firmato, Domenico Gozzo, Gaetano Paci, Roberto Piscitello e il segretario distrettuale Massimo Russo. ''E' avvilente - ha affermato Russo - apprendere dai giornali che c'è un nuovo pentito''.
I pm nella missiva hanno espresso ''amarezza e delusione'' per non essere stati informati della collaborazione di Francesco Campanella. Il fatto di averlo appreso dai giornali ha indotto i sostituti a sottoscrivere la lettera.
Già un paio di anni fa i pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia avevano sollevato il caso della ''mancata circolazione delle notizie'', protestando con Grasso perché non erano stati informati del pentimento del boss Antonino Giuffrè. La collaborazione del capomafia, infatti, venne tenuta segreta all'interno della procura per molti mesi. L'iniziativa scatenò le polemiche di molti magistrati contro il procuratore, creando spaccature nell'ufficio.
Secondo quanto si apprende da ambienti della procura di Palermo, la notizia della recente collaborazione di Campanella era stata data ai procuratori aggiunti. Per questo motivo, si sostiene negli ambienti giudiziari, ''sono state rispettate le regole previste dalla Dda di Palermo''. La notizia dell'avvio della collaborazione di Campanella era stata data, anche, ai pm interessati all'inchiesta che sono stati informati del pentimento dell'ex presidente del consiglio comunale di Villabate.
Nonostante queste polemiche, le indagini sui favoreggiatori del superlatitante Bernardo Provenzano continuano. Proprio due giorni fa i carabinieri del nucleo operativo di Palermo hanno sequestrato documenti importanti dall'abitazione dell'imprenditore di Villabate Antonino Mandalà, padre di Nicola Mandalà, arrestato lo scorso gennaio nell'ambito della grande operazione denominata ''Grande Mandamento'', che ha portato in carcere numerosi favoreggiatori di Provenzano.
L'operazione, coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e dai pm della Dda Michele Prestipino, Maurizio De Lucia e Nino Di Matteo, è collegata all'inchiesta in cui sono indagati Antonino e Nicola Mandalà in concorso con il neopentito Francesco Campanella, accusati di appropriazione indebita di grosse somme di denaro che sarebbero servite per finanziare gli affari di Cosa nostra.