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Giustizia è stata nuovamente fatta! Il boss pentito Giovanni Brusca è tornato in carcere

L'ex boss di San Giuseppe Jato, sorpreso mentre parlava al cellulare della moglie

02 novembre 2004

Si potrebbe dire che giustizia è stata nuovamente fatta! Giovanni Brusca è tornato in carcere.
Era appena passata la polemica sui permessi premio al pentito che schiacciò il pulsante per uccidere Giovanni Falcone, quando l'altro giorno il boss di San Giuseppe Jato (PA) è tornato in carcere perché sorpreso mentre parlava al telefono cellulare della moglie.

Giovanni Brusca da qualche giorno si trovava in un albergo di Roma insieme alla moglie e al figlio. Non un albergo di lusso, pare, e neppure con particolari comfort. Fatto sta che durante un controllo la squadra mobile di Roma avrebbe trovato il pentito impegnato in una conversazione telefonica al cellulare della moglie. Neppure lei, nei giorni passati col marito, avrebbe potuto tenerne uno.
Con chi era a telefono Brusca?
Il legale del pentito di mafia, l'avvocato Luigi Li Gotti, è subito intervenuto dichiarando che il destinatario della chiamata era lui ''e ciò si può facilmente evincere dai tabulati che la polizia avrà già in mano'', anche se ha ammesso di ''non potere escludere altro, dato che non ero lì''.
Luigi Li Gotti ha spiegato nel dettaglio di aver parlato con la moglie del mafioso al cellulare proprio nella serata di venerdì scorso: "L'ho chiamata alle 18.45 - racconta - il cellulare era staccato ed ho lasciato un messaggio». Evidentemente però la signora Brusca era in grado di ascoltare la segreteria telefonica del cellulare, o come spiega l'avvocato «qualcuno l'ha avvertita". Alcuni minuti dopo la donna ha richiamato il legale "alla presenza del marito". "Volevo avvertirli – ha detto ancora Li Gotti - che il prossimo 4 novembre non potrò assistere all'udienza in merito alla posizione di Brusca. Lei ha riferito al marito che  ha detto ad alta voce: 'vabbè tutto a posto, venisse chi dice lei...', ma senza passarmelo direttamente e abbiamo attaccato".

Ovvio che se la telefonata incriminata fosse davvero questa, sarebbe un incidente e nulla di più. L'ipotesi più grave, invece, è che Brusca abbia contattato direttamente a telefono qualcun altro, tanto da convincere la polizia - che presumibilmente teneva sotto controllo il telefono cellulare della moglie - a intervenire immediatamente e a contattare il magistrato di sorveglianza che ha immediatamente revocato il permesso.

"Non mi sembra il caso di drammatizzare. Se Brusca ha violato una disposizione del magistrato di sorveglianza, usando il telefono cellulare, è giusto che sia tornato in carcere''. Il procuratore nazionale Antimafia, Piero Luigi Vigna, getta acqua sul fuoco delle polemiche sui permessi premio concessi a Brusca. Usando il telefonino Brusca ha commesso una ''violazione comportamentale'', che nulla ha a che vedere con il tornare a commettere delitti. La legge sui 'pentiti' dunque - sottolinea Vigna - non va rivista.
Il procuratore nazionale antimafia ritiene ''legittimo'' che sia stato subito sospeso il permesso premio (''e non era certamente il primo'') all'autore della strage di Capaci, nonché responsabile della morte del piccolo Di Matteo. Nel merito della vicenda, e sulla concessione o meno di futuri permessi premio a Brusca, invece, ''sarà il magistrato di sorveglianza a valutare e decidere''.

"Questi permessi premio non sono collegati alla qualifica dei collaboratori - afferma Vigna - ma sono previsti per tutti i detenuti che abbiano avuto una buona condotta in carcere. Eppure il caso Brusca ha fatto scalpore...". Quello che Vigna ritiene ''drammatico'' in Italia è invece un altro aspetto: "proteggiamo 1.100 collaboratori di giustizia e soltanto 65 testimoni. E' un dato indice di una permanenza di omertà che fa spavento. Rispetto a questa vicenda Brusca - conclude Vigna - mi fa molto più spavento, sotto il profilo della cittadinanza, che avvengano decine di omicidi senza che nessuno ne sappia nulla".

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02 novembre 2004
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