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Giusto per capire perché

Il pm Nino Di Matteo rientra in gioco per la Procura nazionale antimafia. Però si chiede: "perché in Dna candidati con meno esperienza di me?"

12 marzo 2015

"Mi aspetto di comprendere per quali ragioni nella proposta della Commissione in Csm, per i candidati in Direzione nazionale antimafia, sono stato collocato in graduatoria dopo molti colleghi che possono vantare un'esperienza temporalmente molto più limitata presso le Direzioni distrettuali antimafia rispetto alla mia".
Così ha commentato il pm della Dda di Palermo, Nino Di Matteo, l'esclusione dalla terna indicata dalla Terza Commissione del Csm per i primi tre posti liberi per la Direzione nazionale antimafia.

Il magistrato è tornato comunque in pista grazie alla proposta alternativa presentata dal togato Aldo Morgigni, di Autonomia e Indipendenza. A questo proposito il pm Di Matteo, che rappresenta l'accusa nel processo per la trattativa tra Stato e mafia e vive sotto scorta per le numerose minacce da Cosa nostra, ha voluto smentire con forza di appartenere alla corrente Autonomia e Indipendenza, nata dalla scissione di Magistratura Indipendente. "Preciso di non avere aderito a nessuna corrente", ha sottolineato.
L'iniziativa di Morgigni, che ha proposto per primo Di Matteo e a seguire Eugenia Pontassuglia e Salvatore Dolce, ha però determinato il rinvio al prossimo plenum, per dar modo intanto a Franco Roberti di esprimere il suo parere - necessario ma non vincolante e già dato sugli altri candidati - anche sul pm siciliano.

Non è invece passata la richiesta più radicale del togato di Area Piergiorgio Morosini - che è stato il gip del processo sulla presunta trattativa Stato-mafia in cui Di Matteo e pubblico ministero - di far tornare la pratica in Commissione per un "supplemento di riflessione", finalizzato a valutare se la posizione del magistrato fosse stata "adeguatamente considerata". Il tutto nell'obiettivo di arrivare a una "soluzione condivisa".
La bocciatura è stata netta con soli 8 voti a favore e 16 contrari; un no che da qualcuno, come il togato di Unicost Luca Palamara, è stato motivato dal timore di aprire un varco in grado di determinare "la paralisi dei lavori del Csm", con la messa in discussione delle decisioni già prese dalle Commissioni. Difficilmente dunque ci sarà una marcia indietro su questi tre posti; mentre sembra più fattibile che Di Matteo ce la faccia al prossimo giro, quando si tratterà di assegnare altri due posti alla procura di Roberti: uno già libero, l'altro destinato a diventarlo a breve. Ed un'ulteriore opportunità è legato al possibile ampliamento della pianta organica della procura di via Giulia, che potrebbe arrivare con la conversione in legge del decreto che le assegna le funzioni di coordinamento e impulso anche delle indagini sul terrorismo.

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12 marzo 2015
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