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Gli “amici” americani non daranno all'Italia i nomi del commando di militari che uccise Nicola Calipari

05 maggio 2006

Sono stati chiari e definitivi gli “amici” americani per quanto riguarda la richiesta per rogatoria presentata dalla procura di Roma per fare chiarezza su quello che avvenne il 4 marzo del 2005 a Baghdad lungo la strada che porta all'aeroporto.
Il dipartimento di Giustizia di Washington ha comunicato "in modo definitivo" al ministero della Giustizia italiano di non poter fornire ulteriori informazioni oltre a quelle contenute nel rapporto del Multi National Corps-Iraq, già trasmesso al governo italiano, in relazione alla morte in Iraq del funzionario del Sismi Nicola Calipari.
In altre parole, non verranno resi noti ufficialmente i nomi del componenti del commando militare Usa chiesti per rogatoria dalla procura di Roma che indaga sulle circostanze dell'uccisione di Calipari, subito dopo il rilascio della giornalista Giuliana Sgrena, a un posto di blocco Usa.

A dire il vero un nome (quello del militare statunitense Mario Lozano, di origini ispano-americane) era contenuto nel rapporto della commissione amministrativa che si era occupata della vicenda. Il nome di Lozano fu reso noto grazie all'eliminazione degli omissis dal rapporto redatto dalla Commissione d'inchiesta statunitense sulla morte di Calipari, reso noto un anno fa dalla Farnesina.
Lo scorso dicembre i magistrati della procura di Roma avevano formulato l'ipotesi di omicidio volontario nei confronti del soldato statunitense e predisposto una rogatoria per l'identificazione dei componenti della pattuglia americana, senza però ottenere alcun esito.
Nel comunicare il rifiuto a fornire altre informazioni sulle circostanze in cui morì il funzionario del Sismi, il dipartimento di Giustizia di Washington - si legge nella nota di via Arenula - ha espresso il "cordoglio per la tragica morte del dottor Nicola Calipari e il rammarico per le lesioni riportate da Giuliana Sgrena e dal militare Andrea Carpani".

Per quanto riguarda i tragici fatti di Nassiriya, accaduti il 12 novembre 2003, la procura di Roma potrà invece interrogare, in videoconferenza, un detenuto in Iraq ritenuto responsabile, assieme ad altri, della strage dei militari italiani. Il Dipartimento di Giustizia di Washington ha infatti accolto la rogatoria inoltrata dall'Italia e pertanto metterà a disposizione il detenuto, che è rinchiuso in una prigione irachena.

Intanto vanno avanti le indagini sull'ultimo tragico attentato avvento sempre a Nassiriya la scorsa settimana. Dietro l'attentato ci sarebbero elementi legati alla polizia irachena. La voce era circolata all'indomani dello scoppio costato la vita a tre militari italiani e ad un soldato rumeno ma non aveva trovato alcuna conferma. In questi giorni, fonti del comando del contingente italiano, hanno dichiarato che per l'attentato di giovedì scorso sono stati fermati alcuni sospetti e non è escluso che siano legati alle autorità di sicurezza irachene: avrebbero "chiuso un occhio" oppure avrebbero addirittura aiutato i responsabili della strage a piazzare l'ordigno.
I fermi sono scattati dopo decine di interrogatori che nei giorni scorsi hanno coinvolto elementi delle forze di sicurezza locali sospettati di complicità con gli autori dell'attentato, nonché civili della zona.

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05 maggio 2006
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