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Gli assassini preferiscono il lunedì. Dai dati del rapporto Eures-Ansa sull'omicidio volontario in Italia

17 gennaio 2007

Che il lunedì sia, per certi versi, il giorno della settimana più difficile e più detestabile è un fatto risaputo. E proprio nel giorno in cui ricomincia l'intera settimana, il giorno più lontano da quelli che si dedicano al riposo e al tempo libero, sembra che avvengano preferibilmente gli omicidi, come se gli assassini decidano di mettere in atto le proprie malvage intenzioni dopo la riflessione domenicale.
Tale primato è stato assegnato al lunedì dal Rapporto Eures-Ansa 2006 sull'omicidio volontario in Italia.
Dallo studio emerge che in Italia, nel 2005, un numero consistente di omicidi, 501 casi sui 598 totali, è avvenuto proprio durante il primo giorno della settimana. Nel 2004, sempre secondo i dati Eures, la scelta degli assassini privilegiava il week-end. Per essere ancora più precisi, le ore preferite per commettere un omicidio sono quelle della fascia serale e notturna (dalle 18 alle 23,59): in questo orario è stato consumato il 38,7% dei delitti.

Complessivamente il numero degli omicidi è in calo, prendendo però in esame i numeri dell'anno interessato dallo studio, il 2005, si appura, per esempio, che quelli consumati in famiglia rispetto a quelli firmati dalla criminalità organizzata, sono aumentati: 174 vittime contro 146.
La regione che si conferma prima per numero di omicidi tra le mura domestiche è la Lombardia. Milano e Roma, con 14 vittime ciascuna, le città più violente.
Le vittime preferite, parlando sempre di omicidi in famiglia, sono le donne con una percentuale che sfiora il 56,3%. Se il luogo privilegiato anche nel 2005 è rimasta l'abitazione della vittima (172 casi) è l'arma da fuoco ad avere il ruolo predominante: circa il 55% delle vittime cade, infatti, sotto il fuoco di pistole e fucili.
Il principale movente dell'omicidio familiare è quello passionale. Con il 25% dei casi rappresenta circa un quarto dei delitti commessi in questo ambito. La gelosia (e qui si converte un luogo comune storico) uccide soprattutto al nord con 25 vittime nel corso dell'anno preso in considerazione.

Bisogna fare un discorso a parte per quanto riguarda gli omicidi della criminalità organizzata che, nonostante la cronaca recente proveniente dalla Campania (dove, infatti, c'è una prevalenza costante), sono in diminuzione, in particolar modo quelli attribuibili alla mafia siciliana. Un dato sicuramente da ''valutare positivamente''. Ma non può, e non deve, essere utilizzato ''per misurare la pericolosità della mafia'' e, soprattutto, ''non significa che le capacità strategiche e militari delle organizzazioni criminali sono diminuite''.
L'analisi di questa porzione di dati Eures-Ansa è stata affidata al procurato nazionale Antimafia Pietro Grasso, che è intervenuto alla presentazione del rapporto, insieme al presidente dell'Eures Fabio Piacenti, al direttore dell'Ansa, Giampiero Gramaglia, al condirettore generale dell'Agenzia, Michele Gatta, al criminologo Francesco Bruno.

Nel superamento del numero dei delitti in famiglia rispetto a quelli compiuti dalla mafia e dalla criminalità organizzata, c'è da leggere, ha commentato il presidente dell'Eures ''l'incapacità di moltissime persone a gestire le situazioni di difficoltà'' sia la presenza ''di gruppi di individui sempre più piccoli e isolati all'interno della società'' che vedono, per esempio, i vicini non come persone con cui stringere legami ma come veri e propri nemici. E la strage di Erba, prosegue Piacente, è solo l'ultimo di una serie di episodi simili. Gli omicidi familiari o cosiddetti ''di prossimità'', rappresentano dunque fenomeni di ''assoluta preoccupazione''.
Analisi condivisa da Francesco Bruno, secondo il quale bisognerebbe porre più attenzione ai segnali premonitori. ''In Italia - ha spiegato il criminologo - mancano gli strumenti sociologici e giuridici per intervenire quando ci sono le avvisaglie. Non c'è alcun supporto per chi denuncia situazioni di maltrattamenti o violenze''. Secondo Bruno, inoltre, gran parte della responsabilità è da cercare ''in un peggioramento della qualità della vita e nella conseguente difficoltà di stabilire relazioni interpersonali corrette''.

Quanto ai delitti di stampo mafioso, il procuratore Grasso ha ribadito la necessità di una corretta interpretazione dei dati. ''Meno omicidi si commettono - ha detto - più la mafia lavora senza contrasti al suo interno''. Secondo il procuratore Antimafia, c'è dunque anche un'altra chiave di lettura: ''La diminuzione potrebbe significare la stabilizzazione del controllo del territorio dopo un periodo di guerra''.
Ed è ciò che sta avvenendo in Cosa Nostra, dove il calo dei delitti ''è il frutto di una precisa direttiva'' da parte dei vertici. Il rischio è però che dopo l'arresto del super boss Bernardo Provenzano possa riesplodere la guerra tra i clan. ''L'organizzazione vive un momento difficile - ha spiegato infatti Grasso - manca un vertice ed è possibile che avvengano fatti al di fuori delle 'regole'. È un momento di crisi in cui potrebbe esserci un risveglio della violenza''. Quanto agli strumenti necessari per combattere la criminalità organizzata, Grasso ha affermato che non è certo con ''mezzi ordinari che si può fare il contrasto''. ''I mezzi più adeguati per una battaglia efficace sono le intercettazioni telefoniche e ambientali e i collaboratori di giustizia''. Fermo restando che il primo punto per vincere la partita è togliere il consenso alle organizzazioni mafiose. ''E purtroppo non siamo ancora riusciti a debellarlo del tutto - ha concluso Grasso - nonostante la repressione e la lotta''.

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17 gennaio 2007
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