Gli impegni per il clima e la paura della crisi internazionale
Raggiunto l'accordo tra i Paesi Ue sul pacchetto-clima ed energia 20-20-20
Nei giorni scorsi il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Durao Barroso, aveva detto che il cosidetto "pacchetto 20-20-20", ossia gli obiettivi del pacchetto clima dell'Unione europea, "non sono negoziabili", anche se, ha spiegato anche Barroso, è necessario garantire "un'equa distribuzione" dei costi del pacchetto con una "flessibilità" a fronte di "preoccupazioni giustificate".
Il presidente Barroso ha inoltre ricordato che non sarebbe giusto per l'Unione Europea "annacquare" le ambizioni del suo pacchetto sul clima, ora che gli Stati Uniti, con il presidente eletto Barack Obama, si stanno avvicinando alle posizioni europee. Quindi, sarebbe un errore mandare agli Usa il messaggio che l'Unione europea abbassa le sue aspettative sul clima. "Questo è un test della credibilità per l'Ue", ha sottolineato Barroso.
Il pacchetto clima-energia dell'Unione Europea, del quale si è cominciato ieri a discutere a Bruxelles, ha tre obiettivi: la riduzione di gas serra del 20% entro il 2020, il 20% di energie rinnovabili entro la stessa data e infine il miglioramento del 20% dell'efficienza energetica (da qui la definizione di obiettivi 20-20-20).
Il pacchetto climatico dell'Unione europea non è però piaciuto né all'Italia né alla Germania, entrambe preoccupate che, come nato all'inizio l'accordo potesse danneggiare il settore industriale già in sofferenza per colpa della crisi internazionale.
Nei giorni scorsi il ministro degli Esteri Franco Frattini aveva detto: "Sono stati fatti passi avanti ma l'Italia non è ancora soddisfatta. Ci sono alcune richieste imprescindibili e visto che il testo dovrà passare all'unanimità le difenderemo". Tra queste la possibilità di rivedere l'intera strategia nel caso di fallimento del negoziato mondiale sul post-Kyoto del prossimo anno e la difesa del comparto manifatturiero dall'ineluttabile delocalizzazione in caso di fallimento dei negoziati planetari. Roma aveva chiesto anche di sfilare alcuni settori, tra cui il termoelettrico, dal sistema di quote per inquinare a pagamento. "Con un po' di buona volontà si potrà trovare un compromesso - aveva concluso Frattini - ma senza i nostri punti non potremo dare via libera".
Sempre nei giorni scorsi, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, aveva ribadito che l'Italia sarebbe stata pronta al veto "se non riusciremo a ottenere quello che abbiamo chiesto con grande chiarezza fin dall'inizio". "Spero - aveva aggiunto Berlusconi - che non si debba arrivare a questo. E' assurdo parlare di clima quando c'è la crisi economica, prendere una decisione sul clima in questo momento mi sembra sia abbastanza inopportuno".
Ma nella truppa degli scontenti non c'è solo il governo italiano e quello tedesco. L'Unione europea ha dovuto negoziare anche con i paesi dell'Est Europa, guidati dalla Polonia, che chiedevano un fondo di solidarietà per auitare le loro industrie a carbone ad essere ammodernate.
La Francia, presidente di turno, si è detta d'accordo, tanto che proprio ieri, a poche ore dall'inizio del summit sul pacchetto-clima ed energia, ha diffuso alle cancellerie una nuova bozza di compromesso che va incontro ad alcune richieste dei nuovi stati membri e accoglie alcune richieste dell'Italia ancora aperte, tra le quali quella di poter aumentare la quota 'scontata' dagli obiettivi nazionali grazie ad aiuti allo sviluppo ecologico in paesi terzi e che le esenzioni per i settori esposti siano del 100% secco.
"Si va verso un compromesso", ha detto quindi Berlusconi, perché, ha chiarito, "stiamo ottenendo tutto ciò che abbiamo chiesto...".
E oggi, sembra sia stata raggiunta l'intesa sul pacchetto clima ed energia. Il vertice di Bruxelles ha trovato un'intesa che mette d'accordo i 27 paesi Ue su come affrontare la lotta ai cambiamenti climatici e riconvertire il sistema energetico del Vecchio Continente. Un testo che il presidente francese Sarkozy ha definito "storico", e il premier Berlusconi ha salutato come "una grande vittoria dell'Italia".
L'articolato finale ribadisce l'obiettivo di ridurre del 20% entro il 2020 le emissioni di gas serra, arrivando alla stessa scadenza alla stessa percentuale di efficienza energetica e di produzione da fonti rinnovabili. Il compromesso con i paesi "oppositori" è stato raggiunto piuttosto sulle modalità con cui arrivare a centrare le ambizioni ambientali europee. In particolare l'Italia nella versione finale porta a casa una maggiore gradualità nel processo di estensione delle quote di emissioni a pagamento. Si passerà, per le industrie giudicate non a rischio di delocalizzazione, dal 20% nel 2013 al 70% nel 2020, ma nel 2025 si arriverà al 100% dei diritti di emissione a pagamento. Una novità, questa, introdotta per non incappare in una bocciatura da parte dell'Europarlamento, schierato su posizioni decisamente più ambientaliste rispetto al Consiglio. Sulla definizione delle industrie a rischio di delocalizzazione (carbon leakage) che potranno beneficiare dei diritti di emissione gratuiti al 100%, la nuova bozza accoglie soprattutto le richieste avanzate dalla Germania per tutelare le sue imprese manifatturiere e la produzione di cemento, acciaio e alluminio. Le rivendicazioni italiane a tutela di ceramica, vetro e carta saranno soggette invece a un complicato calcolo in base alla percentuale di extra costi che l'acquisto di certificati di emissione comporterebbero per i diversi settori e sottosettori.
Le pretese di Palazzo Chigi erano, comunque, ben altre. L'Italia in teoria avrebbe voluto rinviare tutto il pacchetto 20-20-20 in blocco, rimandandolo a un'eventuale uscita dalla crisi. Senza timore di apparire in esemplare controtendenza rispetto a quanto stanno facendo Stati Uniti, Germania, Francia, Gran Bretagna e persino Cina promuovendo con forza politiche di sostenibilità ambientale per rilanciare l'economia, il premier non aveva esitato a definire le iniziative contro il riscaldamento globale "un malato di polmonite che pensa alla messa in piega".
Sicuramente più corpose le concessioni fatte in sede di trattativa alla Polonia e agli ex paesi del blocco comunista che hanno ottenuto sostanziosi aiuti economici ed agevolazioni per riconvertire il loro sistema energetico al momento prevalentemente a carbone.
Ora il testo varato dal vertice dovrà passare al vaglio del "trilogo", ovvero di un ulteriore confronto con Consiglio Europeo, Europarlamento e Commissione. Se "ratificato" andrà in votazione mercoledì nella prevista seduta dell'assemblea di Strasburgo.