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Gli Italiani del futuro saranno sempre di meno e sempre più anziani. Ecco le proiezioni dell'Istat fino al 2050

24 marzo 2006

Popolazione in calo, anziani e immigrati in aumento, lieve ripresa delle nascite. Il quadro disegnato dall'Istat per l'Italia del futuro conferma tendenze già manifestatesi con qualche elemento di novità. Una revisione della popolazione italiana per il periodo 2005-2050, che anticipa i risultati delle previsioni ufficiali che saranno rese note nel corso del 2006. I dati più significativi: 55,8 milioni di abitanti contro i 58,6 del 2005; la vita media che cresce da 77,4 a 83,6 anni per gli uomini, da 83,3 a 88,8 anni per le donne; 150 mila immigrati in più all'anno, dagli attuali 1,3 figli per donna a 1,6.

Popolazione - Nei primi anni di simulazione, i residenti aumentano gradualmente da 58,6 milioni nel 2005 a circa 59,2 milioni nel 2014, a un tasso di incremento annuo dell'1,1 per mille. Dopo il 2014 ha avvio un lento e progressivo declino che porterà la popolazione fino a 58,3 milioni nel 2030, a un ritmo del meno uno per mille ogni anno. Nel lungo periodo, una composizione per età della popolazione molto invecchiata e l'esposizione ai livelli predetti delle componenti demografiche conducono la popolazione italiana a diminuire fino a 55,8 milioni nel 2050, a un ritmo del -2,2 per mille l'anno.

Aspettative di vita - Nella simulazione l'Istat suppone un ulteriore miglioramento dei livelli di sopravvivenza rispetto a quanto già rilevato negli ultimi anni. In particolare, la vita media degli uomini cresce da 77,4 anni nel 2005 a 83,6 nel 2050; quella delle donne da 83,3 anni a 88,8. Si ipotizzano dunque importanti incrementi che, sebbene inferiori a quelli registrati nel più recente passato (rispettivamente +7,6 e +7,7 il guadagno in termini di vita media nel solo trentennio 1974-2004 per uomini e donne), collocano l'Italia ai vertici della graduatoria nell'ambito dei Paesi della Ue. Le ragioni sono rintracciabili nella crescente adozione di stili di vita salutari e nelle terapie sempre più efficaci.

Fecondità - Anche per la fecondità Istat ipotizza un aumento, sia pur contenuto, da 1,3 figli per donna nel 2005 a 1,6 figli per donna nel 2050, nel quadro di un processo di convergenza della fecondità nazionale a quella media dei Paesi Ue. In effetti, il trend recente della fecondità è di progressivo incremento: dal 1995, anno di minimo storico per la fecondità nazionale, al 2004, si è passati da 1,19 a 1,33 figli per donna. Tale recupero si è concentrato prevalentemente nel Nord e nel Centro, mentre da un punto di vista generazionale esso è dovuto alla posticipazione della maternità da parte delle donne nella fase matura della loro vita riproduttiva, ossia ben oltre i 30 anni e fino ai 40.

Immigrazione - Si suppongono flussi migratori netti dell'ordine delle 150 mila unità aggiuntive annue per tutto il periodo di previsione. A questo livello si è giunti considerando che la mobilità con l'estero è stata caratterizzata da cambiamenti molto profondi.

Aumenta 'forbice' nascite-decessi - Osservando i risultati della simulazione dell'Istat, si rileva come già nei primi anni di previsione la forbice tra nati e morti subisca un'ulteriore dilatazione, con un saldo naturale che supera le meno 100 mila unità nel 2011. Dal 2013 il numero dei nati scende sotto la soglia delle 500 mila unità mentre quello dei morti prosegue la sua crescita ben oltre le 600 mila. Tra il 2020 ed il 2040 il numero di nati si stabilizza intorno alle 460-470 mila unità annue, mentre i morti passano da circa 660 mila ad oltre 730 mila. Nel 2040 il saldo naturale supera la soglia negativa delle 265 mila unità e nel decennio successivo arriva a toccare quasi le 330 mila, alla fine del quale i nati si aggirano intorno alle 450 mila unità mentre i morti superano la soglia dei 770 mila.

Sempre più anziani - In conseguenza di questa dinamica naturale, e nonostante l'ipotesi di un apporto positivo della immigrazione, volta a coprire buchi generazionali sempre più importanti, la struttura per età italiana è destinata a modificarsi gradualmente in direzione di un ulteriore invecchiamento. Infatti, entro il 2030 la proporzione di giovani fino a 14 anni passa dal 14,2% al 12,2% mentre parallelamente aumenta sensibilmente, dal 19,5% al 27%, il peso delle classi di età sopra i 65 anni e, all'interno di questa classe di età, quello degli 85enni e più (i cosiddetti grandi vecchi), dal 2% al 4,7%. In termini pratici, il rapporto tra anziani con più di 65 anni e popolazione complessiva passa da 1 ogni 5 del 2005 a 1 ogni 4 nel 2030. Nello stesso periodo, per quel che riguarda gli over 85, lo stesso rapporto passa da 1 ogni 50 a 1 ogni 20.

Tanti anziani ogni giovane - Nel lungo periodo, l'impatto di una prolungata esposizione alle condizioni demografiche previste darà luogo a una popolazione che nel 2050 sarà composta per il 33,6% di over 65enni e soltanto per il 12,7% da giovani fino a 14 anni di età, i quali recuperano peso in questa seconda fase anche grazie a una fecondità che si avvicina gradualmente a 1,6 figli per donna. In questo quadro l'indice di vecchiaia, che misura appunto il rapporto numerico tra anziani e giovani, cresce costantemente per tutto il periodo previsivo, passando da 138 anziani per 100 giovani nel 2005, a 222 nel 2030, fino a raggiungere i 264 anziani per 100 giovani nel 2050.

Fonte: Repubblica.it

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24 marzo 2006
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