Google deve pagare 96 milioni al Fisco italiano
Secondo la Guardia di Finanza la società italiana del motore di ricerca non avrebbe dichiarato redditi per 240 milioni di euro
"Nel quinquennio 2002-2006 Google non ha dichiarato reddito imponibile per oltre 240 milioni di euro, che sono pari a 96 milioni di euro di iva da versare al Fisco italiano". E' questo un passaggio della risposta scritta del ministero dell'Economia e delle Finanze all'interrogazione presentata dal deputato del Pd Stefano Graziano nella quale si chiedeva quali contromisure intendesse contro quelle imprese che, come avevano denunciato qualche giorno fa le Fiamme Gialle "si sottraggono al pagamento delle imposte in misura adeguata alla loro capacità contributiva". Insomma, gruppi mondiali che sfruttando le lacune nella legislazione tributaria locale e internazionale riescono a pagare meno tasse di quanto dovuto.
"Verifiche Gdf dal 26 novembre". Controlli che non finiscono qui, si legge nelle quattro pagine della risposta ministeriale, visto che proprio l'altro ieri è cominciata una nuova verifica fiscale nei confronti di Google Italia. Controlli che potrebbero aprire a scenari di ben altre dimensioni se si pensa che il fatturato del quinquennio successivo a quello citato nella risposte del ministero è di almeno 1,7 miliardi, dunque c'è da aspettarsi un'altra trance da almeno 600 milioni di tasse eluse, al netto delle multe. Da lunedì scorso "il nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano ha avviato una verifica fiscale extraprogramma nei confronti di Google Italy srl a socio unico, finalizzata al riscontro del corretto adempimento degli obblighi fiscali in Italia", si legge nella risposta all'interrogazione in commissione Finanze della Camera.
Difficile controllare le aziende digitali. La questione non riguarda solo Google, ma i gruppi multinazionali operanti nel settore hi-tech. E di questo si sta occupando l'Agenzia delle Entrate e lo stesso governo in sede internazionale. Il problema, nel caso di Google, è che la società italiana ha dichiarato solo le provvigioni percepite a fronte delle prestazioni rese prima alla Google inc. e poi la Google Ireland. E non invece l'intero volume commerciale sviluppato. La verifica disposta dalla procura di Milano ha infatti accertato, afferma il Ministero, che il fisco è stato "eluso" in base ad un contratto di servizio tra la società italiana e quelle estere "artatamente posto in essere con la sola finalità di simulare l'esercizio da parte di Google Italy Srl di una mera attività ausiliaria e preparatoria che non ha tuttavia trovato alcun riscontro negli elementi di fatto acquisiti". "Attualmente l'agenzia delle entrate sta verificando i risultati dell'ispezione", si legge ancora.
La stessa Agenzia delle entrate ha fatto presente la difficoltà di agire nei confronti delle società digitali transnazionali che, come rilevato nell'interrogazione, "sfruttando ingegnerie finanziarie offerte da evidenti lacune nella normativa nazionale e internazionale, riescono a non pagare le tasse nel nostro paese". L'agenzia, quindi, "per contrastare efficacemente fenomeni di pianificazione fiscale aggressiva aventi scala transnazionale, sta procedendo, in base a un primo screening delle risultanze dell'attività di tutoraggio dei grandi contribuenti, a una selezione di posizioni che possano dar luogo a una mirata attività di controllo fiscale nei confronti dei gruppi multinazionali attivi nel settore dell'elettronica e dell'e-commerce e le cui strategie fiscali sono oggetto di attenzione da parte dell'opinione pubblica italiana e internazionale".
Stop ai paradisi fiscali. Il ministero ha inoltre riferito dell'azione che l'Italia sta portando avanti nelle sedi internazionali contro l'erosione di base imponibile causata "dallo spostamento artificioso degli utili verso giurisdizioni maggiormente attraenti dal punto di vista fiscal", come fa Google Italy, che imputa i suoi proventi alla casa madre in Irlanda. E proprio sotto presidenza irlandese, l'anno prossimo il Consiglio europeo esaminerà l'action plan e la raccomandazione sui paradisi fiscali e la pianificazione fiscale aggressiva che la commissione europea sta predisponendo.
Graziano: "Governo sia più determinato". Soddisfatto il promotore dell'interrogazione: "E' una risposta che conferma la fondatezza dei nostri interrogativi su questa vicenda. I dati forniti sono impressionanti e denunciano una questione di enorme portata, di livello internazionale. Per questo la parte della risposta legata alle iniziative che il governo deve prendere non ci soddisfa. Il momento di crisi economica così profonda impone più forza e determinazione. Diversamente si rischia che aziende italiane siano nettamente svantaggiate rispetto a chi ha sede in paesi nei quali la fiscalità offre maggiori vantaggi. E' una questione di giustizia sociale che non può essere trascurata".
Big G: "Continueremo a collaborare". Il gruppo di Mountain View commenta così: "Google rispetta le leggi fiscali in tutti i Paesi in cui opera e siamo fiduciosi di rispettare anche la legge italiana. Continueremo a collaborare con le autorità locali per rispondere alle loro domande relative a Google Italy e ai nostri servizi". [Fonte: Repubblica Economia, 28 novembre 2012]