Grande successo a Venezia per la doppia coppia palermitana Ciprì e Maresco / Franco e Ciccio
Sei minuti di applausi per ''Come inguaiammo il cinema italiano - La vera storia di Franco e Ciccio''
La 61ma Mostra del Cinema di Venezia verrà sicuramente ricordata per essere stata quella ad aver dato importanza (per alcuni dovuta, per altri assolutamente fuori luogo) a tutto quel cinema, quei registi e quegli attori definiti di Serie B.
Fuori concorso, ad essere stato lungamente applaudito, un film di due registi italiani che - pur avendo fatto discutere puntualmente e destato non poco scandalo -, da nessuno sono stati mai definiti di Serie B, ma che con gli elementi della cultura basso-popolaresca, grottesca e volgare hanno costruito la loro visione del cinema, apprezzata in tutto il mondo. Stiamo parlando del duo palermitano Daniele Ciprì e Franco Maresco, registi disturbanti e sempre stati borderline, che alla "Venezia del Cinema di Serie B" hanno donato un docu-drama veramente fatto bene, su un altro due di palermitani del cinema italiano, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.
"Come inguaiammo il cinema italiano - La vera storia di Franco e Ciccio", questo il titolo del documentario di Ciprì & Maresco, oltre ad essere un atto d'amore dei due registi verso la celebre e prolifica coppia di interpreti siciliani, per il pubblico diventa qualcosa di più. Perché, per capire le ragioni di un caso irripetibile per fecondità (anche 17 film l'anno) e incassi, sono stati utilizzati, nella prima parte, una ricostruzione di vecchi numeri dell'avanspettacolo povero degli anni Quaranta e poi dell'ancora più povero teatro di strada. Insomma uno spaccato dell'Italia del secondo dopoguerra che da' un valore aggiunto al film.
Ma il vero scopo di questa pellicola è quello di "Fare in modo - spiega Ciprì - che i giovani li riscoprano, e che i più vecchi, che allora non li capirono, si sentano un po' coglioni...". Sì perché furono in tanti a bistrattare la coppia di attori che, come documentano le tante testimonianze del documentario, da Pippo Baudo a Tullio Kezich, hanno l'evidente intento di farsi perdonare di aver sottovalutato una coppia che una certa Italia non amava perché ricordava troppo una comicità semplice, grossolana in cui non era bello riconoscersi.
''Il nostro film è un atto d'amore nei confronti di due grandissimi attori, - spiega Daniele Ciprì -, ma quello che ci interessava di più è la loro storia umana che è fantastica, che ti commuove, persone che hanno portato il Nord al Sud e non Hanno mai tradito la loro terra''. Il problema del loro poco successo di critica, aggiunge, ''nasce dal fatto che molti dei loro film sono davvero brutti, girati in due settimane tranne quelli di Lucio Fulci. Erano comici di mimica, delle maschere che non a caso Pasolini ha utilizzato come burattini (Capriccio all'italiana, 1967). E poi basti pensare a quello che diceva di loro Fellini: "c'è più Italia in loro che in tutta la commedia all'italiana". Ciprì e Maresco hanno anche dovuto confrontarsi col problema della molte pellicole di Franco e Ciccio andate quasi distrutte: ''abbiamo lavorato con venticinque dei loro film, ma gran parte dello loro pellicole sono in uno stato pietoso''. Nella loro vicenda personale, come è puntualmente raccontata in 'Come inguaiammo il cinema italiano', anche la loro endemica povertà (specie nel caso di Franco Franchi): ''sono due personaggi che si portano appresso la fame, la miseria e anche la rabbia delle loro condizione. Quella difficoltà - spiega Ciprì - di essere accettati, anche per la loro classe sociale di provenienza, potrebbe esserci anche oggi''.
Dal moltissimo materiale accumulato per il film, prodotto da Lucky Red, Istituto Luce e Cinico Cinema, si potrebbe ricavare un ottimo prodotto per la televisione a puntate: ''ci stiamo pensando seriamente. Ma poi chissà a che orario lo metterebbero in onda''.
(Il film uscirà in Italia il 24 settembre distribuito da Lucky Red)
Intervista di Chiara Ugolinia Ciprì & Maresco
Cosa hanno rappresentato Ciccio e Franco per il cinema italiano?
Hanno rappresentato tanto, un periodo della storia italiana, la televisione. Credo meritassero un omaggio o, meglio, una rilettura. Non tanto un puro film di montaggio, quanto una pellicola che raccontasse la loro storia.
Il film è presentato qui e poi esce nelle sale. Crede che sia un periodo migliore per il documentario al cinema rispetto a qualche anno fa?
Per noi, non si tratta di una strategia. Far uscire questo film oggi nelle sale è una scelta. Sono contento che adesso il documentario abbia successo in sala ma per noi si tratta soprattutto di un esperimento: portare un film documentario invece che in televisione al cinema. Per me, tutte le immagini in movimento sono cinema. Anche la televisione senza il cinema non è nulla.
La vostra è anche una bonaria parodia della critica e dei critici.
Già. In 'Il ritorno di Cagliostro', raccontavamo la disperazione di questa casa di produzione Trinacria che nasceva a Palermo e di alcuni disgraziati critici che cercavano di raccontarla. Il critico è un teorico che vive con passione ma anche con incoscienza. Per fortuna conosciamo dei critici che stanno al gioco, penso a Gregorio Napoli, per esempio, che è straordinario.
Cosa avevano Franco e Ciccio di diverso dagli altri comici di quel periodo?
Innanzitutto hanno portato la loro terra, il Sud, al Nord. Non hanno mai tradito il rapporto con la loro città d'origine. Questo fa loro molto onore. Riuscivano a convincere i registi con cui lavorano a mettere alcuni elementi della loro meridionalità. I registi poi finivano per approfittarsene, perché faceva comodo avere degli artisti così, capaci di reinventarsi riuscendo a raccontare al nord Palermo. Riccardo Pazzaglia ha fatto un film, 'L'onorata società', in cui racconta i veri siciliani che sbarcano al Nord.
Come vedete questa improvvisa riscoperta del cinema di serie B che qui alla Mostra è anche celebrato da una retrospettiva?
Non siamo polemici sul fatto di riproporre quel tipo di cinema che oggi viene chiamato trash, eppure crediamo che si sia fatta un po' di confusione. E' giusto recuperare certi film, riproporli alle nuove generazioni. L'interrogativo rimane come riproporlo. E' troppo facile portare mille persone in una sala a vedere un film e riderci sopra, è troppo pittoresco. Il nostro lavoro su Franco e Ciccio non è questo. E' il racconto della vita di due uomini che hanno iniziato in un modo e hanno continuato a fare quel cinema che viene chiamato di serie B. Loro tra l'altro già uscivano in terza visione e nonostante questo incassavano un sacco di soldi.
Cinema di serie B ma anche alcune presenze nei film di autori come Pier Paolo Pasolini e Federico Fellini. Cosa trovavano in loro?
Innanzitutto, erano delle facce straordinarie. Pasolini ha capito che questi due personaggi erano rimasti a rappresentare il passato. Li ha utilizzati nel suo film (l'episodio "Che cosa sono le nuvole?" di "Capriccio all'italiana" - 1968) come marionette, come burattini. Federico Fellini invece ha detto una delle cose più belle riferite sul loro conto: c'è più Italia nei film di Franco e Ciccio che in tutta la commedia all'italiana''.