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GUERRA FRATRICIDA

Gaza sull'orlo della guerra civile. Hamas attacca Fatah e il governo di unità nazionale rischia di crollare

13 giugno 2007

AGGIORNAMENTO
Hamas ha lanciato un ultimatum: i servizi di sicurezza palestinesi di Fatah, fedeli al presidente Abu Mazen, consegnino le armi entro le 18 (ora italiana) di venerdì 15 giugno. Secondo l'agenzia di stampa palestinese Maan sono nove le persone uccise questa mattina e i cui cadaveri sono stati portati negli ospedali di Gaza. I miliziani del movimento islamico Hamas stanno avendo la meglio controllando ormai quasi tutte le zone della Striscia di Gaza ed essendo vicini a espugnare anche le ultime sedi della sicurezza ancora in mano agli uomini di Fatah.
In mattinata sono scesi per le strade del centro di Gaza alcune centinaia di persone per manifestare contro le violenze in corso nella zona e per chiedere un immediato cessate il fuoco. Alcuni colpi di arma da fuoco sono stati esplosi contro il corteo. Fonti locali riferiscono che almeno cinque persone sono rimaste ferite. Illleso il capo della delegazione militare egiziana di mediazione, generale Burhan Hammad, che era fra i dimostranti.

Israele segue con un certo allarme gli scontri inter-palestinesi dai quali - teme - potrebbe prendere forma un ''Hamas-stan'', ossia una entità politica radicale ispirata all'Islam. Lo ha affermato la radio militare israeliana, in una analisi. Nella fase attuale, ha aggiunto la emittente, Israele intende comunque seguire gli sviluppi dall'esterno e limitarsi ad adottare misure cautelative ai margini della striscia di Gaza.
In un rapporto ''confidenziale'' di fine missione, l'inviato speciale delle Nazioni Unite, Alvaro De Soto, critica gli Stati Uniti per i fallimenti della diplomazia in Medio Oriente, e condanna il boicottaggio nei confronti del governo palestinese, a seguito della vittoria di Hamas nelle elezioni politiche del gennaio 2006. De Soto critica anche l'atteggiameno del Quartetto per il Medio Oriente (Usa, Russia, Onu e Ue), ''strumento di facciata'', che può essere ormai considerato un ''gruppo di amici degli Stati Uniti'', i quali lo consultano solo quando fa loro comodo. Non mancano critiche anche nei confronti di Israele, che ha assunto a suo giudizio una posizione di ''sostanziale rifiuto'' verso i palestinesi.
Dall'Unione europea è arrivato il commento dell'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Javier Solana, che ha detto: ''La decisione sullo spiegamento di una missione internazionale di pace a Gaza è ancora lontana, ma se una forza sarà richiesta la Ue sarà pronta a dare il proprio contributo''.

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''Siamo barricati in casa: le strade sono deserte, si sentono solo i rumori degli scontri e le ambulanze. Vediamo i blindati delle forze di Abu Mazen, vogliamo andare via ma non possiamo muoverci: certo che abbiamo paura, cerchiamo però di mantenere alto l'umore''.
Queste sono le parole di Mary al telefono, uno dei cooperanti italiani bloccati a Gaza City, accolti in casa da una famiglia palestinese nei piani bassi di un palazzo a vetri, che ospita anche la sede dell'agenzia dell'Onu che si occupa dei rifugiati, l'Unrwa. Si trovano nella zona vicino al lungomare fra il campo profughi di Shaati e il palazzo presidenziale, quella che ieri è diventata un campo di battaglia.
Sono in cinque, tre donne e due uomini che lavorano per diverse ong (Acatemera e Arianna per EducAid di Rimini, Mary per Jalla di Milano e Martino e Sergio per Gvc di Bologna), tutti abituati al caos della Striscia, ai raid israeliani, ma - raccontano - sorpresi questa volta ''dal precipitare così rapido della situazione'', ''dall'improvviso clima da guerra civile''.

Già perché l'aria che si respira a Gaza è quella da guerra civile. Blindati che percorrono a tutta velocità le strade, appelli alle forze armate a ''resistere'', scontri armati fra Hamas e Fatah e tanti morti. Una guerra fratricida. palestinesi contro palestinesi.
A scatenare l'ennesima giornata di tragedia sono stati i miliziani di Hamas che, appena scaduto l'ultimatum che avevano dato per lo sgombero della più grande base dei servizi di sicurezza fedeli ad Al Fatah, nel nord della Striscia di Gaza, hanno attaccato intraprendendo uno scontro durato parecchie ore e che ha provocato almeno 15 morti. I miliziani di Hamas, entrati nella base, hanno sparato alle gambe di numerosi uomini e ucciso un membro di Fatah.
E mentre il primo ministro palestinese Ismail Haniyeh, di Hamas, chiedeva ieri la fine delle violenze inter-palestinesi e l'immediata ripresa dei negoziati con Fatah, il partito laico di Abu Mazen minacciava di uscire dal governo di unità nazionale se i combattimenti continueranno.
Questi sono solo gli ultimi episodi di un'escalation che ha provocato una trentina di morti nelle ultime 24 ore e ha portato il presidente dell'Anp ad accusare Hamas di preparare un colpo di stato, tentando di far degenerare la situazione nella Striscia fino a scatenare una guerra civile. Per questo Al Fatah ha minacciato di uscire dal governo di unità nazionale guidato dai rivali di Hamas.
''Tutte le informazioni raccolte indicano che alcuni dei leader politici e militari di Hamas stanno pianificando un golpe contro le istituzioni legittime, ritenendo di essere in grado di controllare la Striscia di Gaza con l'uso della forza - si legge nel comunicato diffuso da Abu Mazen -. La presidenza mette in guardia da un progetto realizzato da una parte della leadership, che è miope e si sente danneggiata dagli accordi della Mecca. Questo progetto rischia di condurre a una crudele guerra civile''. Un portavoce ha detto che Abu Mazen ha lanciato un appello ''alle persone onorevoli nei vertici politici e militari di Hamas'' affinché si adoperino per la cessazione delle ostilità.

Intensi scontri a fuoco si sono verificati in tutta Gaza City. La giornata di ieri era cominciata con un attacco in grande stile contro la casa del premier palestinese Haniyeh, nel campo profughi Shati, dove sono esplosi razzi Rpg che hanno provocato danni materiali, ma non vittime. Lunedì miliziani di Fatah avevano sparato contro l'ufficio di Haniyeh e contro un ministro di Hamas. E mentre da Ramallah il presidente Abu Mazen accusava Hamas di tentare un colpo di stato, un dirigente di Hamas, Ahmed Bahar, ha accusato a sua volta Abu Mazen di essere responsabile degli spargimenti di sangue, denunciando in particolare l'uccisione di un imam.
Le forze di Hamas hanno occupato diverse aree nel nord della Striscia, mentre le forze di Abu Mazen hanno cercato di assicurarsi il controllo delle arterie principali.
Il Ministero della Sanità palestinese ha descritto sale operatorie straripanti e una forte penuria di sangue e medicinali. ''Ormai i morti non li contiamo neanche più'' ha detto Sufian Abu Zeida, un dirigente di al Fatah. Fonti locali parlano di cadaveri abbandonati nelle strade e di case date alle fiamme. Un'altra intensa battaglia si è svolta nell'ospedale di Beit Hanun, che ha quindi smesso di funzionare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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13 giugno 2007
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