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Hanefi rischia la pena di morte

E' accusato di concorso in omicidio il mediatore di Emergency che ha contribuito alla liberazione di Mastrogiacomo

23 aprile 2007

Dal 20 marzo scorso, Rahmatullah Hanefi, il mediatore di Emergency che ha negoziato con i talebani il rilascio di Daniele Mastrogiacomo e, come sostenuto da Gino Strada, già in passato ''utilizzato'' dal governo italiano anche per la liberazione di Gabriele Torsello, il fotoreporter italiano sequestrato il 12 ottobre nel sud dell'Afghanistan, è in carcere perché sospettato dai servizi di intelligence afghani di essere un fiancheggiatore dei talebani, un doppiogiochista.
Un'accusa infamante che ha provocato il profondo risentimento dell'Ogn italiana, presente in Afghanistan da tanti anni, che ha deciso di allontanarsi dal Paese fino a che il governo Karzai non abbia rilasciato Hanefi e ''ripulita'' l'intera organizzazione dalla grave infamia.
Allontanamento seguito da una possibile decisione ancora più estrema, ossia la totale chiusura dei presidi ospedalieri. ''Se il governo di Karzai - ha detto nei giorni scorsi il presidente di Emergency, Teresa Strada, moglie di Gino - non smentisce le infamie su di noi venute dal responsabile dei servizi segreti e non libera Hanefi, chiuderemo gli ospedali. In questo caso l'Afghanistan perde molto''.
Un ultimatum al governo afghano che fino a qualche giorno fa non ha saputo, o forse non ha voluto, palesare quali siano effettivamente le accuse che gravano su Hanefi. Accuse che si poggiano su  ''prove contro di lui'' che esistono ma che l'ambasciatore afghano a Roma, Musa Maroofi, non è stato in grado di illustrare (leggi).

Nell'articolo di Fiorenza Sarzanini, pubblicato oggi sul Corriere della Sera e che noi di seguito proponiamo, si può leggere qual'è secondo le autorità afghane la colpevolezza di Hanefi, e per quale reato dovrebbe pagare.

«Lasciò l'interprete di Mastrogiacomo ai talebani»
Hanefi accusato di concorso in omicidio
di Fiorenza Sarzanini (Corriere.it, 23 aprile 2007)

E' la contestazione che può pregiudicare definitivamente la soluzione della vicenda. Il sospetto più pesante. Perché Rahmatullah Hanefi, il mediatore di Emergency che ha negoziato il rilascio di Daniele Mastrogiacomo, adesso è accusato di concorso in omicidio.
Secondo i servizi segreti afghani, che lo avevano arrestato per partecipazione al sequestro, sarebbe stato lui a consegnare ai talebani guidati dal mullah Dadullah, Adjmal Nashkbandi, l'interprete sgozzato dai terroristi venti giorni dopo la liberazione dell'inviato di Repubblica. Invece di portarlo in salvo come era stato stabilito, dicono, lo ha lasciato nelle mani della banda che alla fine lo ha ammazzato. ''Si tratta di un reato che mette a rischio la sicurezza nazionale - hanno spiegato le autorità di Kabul alla nostra diplomazia - e per il nostro ordinamento in questi casi non è prevista l'assistenza di un legale''.
Hanefi rischia la pena di morte. La scorsa settimana i responsabili dell'organizzazione guidata da Gino Strada hanno ribadito che chiuderanno gli ospedali e lasceranno definitivamente il Paese, se non sarà rilasciato. Ma anche loro sanno che di fronte a questo tipo di contestazioni difficilmente le porte del carcere potranno aprirsi. E lo sa il governo italiano che in queste settimane ha ribadito di aver fatto pressioni sul governo dell'Afghanistan, ma senza ottenere alcun risultato.

La fase finale del sequestro Mastrogiacomo rimane un mistero. Il primo accordo siglato con i sequestratori prevede che in cambio del giornalista e del suo interprete, il governo scarcererà tre talebani. La consegna deve avvenire all'alba del 18 marzo. Ma poche ore prima accade qualcosa di imprevisto, i rapitori rilanciano chiedendo altri due detenuti, minacciano di sgozzare gli ostaggi. Di quelle istanze si fa portavoce proprio Hanefi che fino a quel momento ha tenuto i contatti tra le parti. Il governo italiano convince il presidente Hamid Karzai ad accettare le nuove condizioni. Quello stesso pomeriggio la Farnesina chiude la partita con una nota: ''Tutte le condizioni sono state rispettate''.
I detenuti sono già a disposizione di Emergency. Il patto è chiaro: cinque contro due. E i due sono Daniele e Adjmal. ''Sul luogo dello scambio andiamo da soli - impone Strada - senza gli uomini dell'intelligence o altri''. Va Hanefi, ma all'ospedale di Lashkar Gah riporta solo Daniele. ''Anche l'interprete è libero - assicura subito il giornalista - gli hanno tolto le catene, l'ho visto andare via''. In realtà due giorni dopo il mullah Dadullah fa sapere che Adjmal è ancora nelle sue mani. E per rilasciarlo vuole la scarcerazione di altri tre detenuti. ''Non cederemo a nuovi ricatti'', afferma pubblicamente Karzai. L'8 aprile, il giorno di Pasqua, l'interprete viene ''giustiziato''.

Perché Hanefi non ha preteso la consegna di entrambi gli ostaggi? A questa domanda, che le autorità italiane continuano a porsi, il mediatore non ha mai potuto rispondere. Gli 007 di Kabul lo hanno arrestato la mattina dopo il rilascio di Mastrogiacomo e da allora non hanno consentito a nessuno, se non ad un funzionario della Croce Rossa che doveva verificare le sue condizioni di salute, di poterlo incontrare.
''Non lo ha fatto perché era complice dei talebani'', assicurano i servizi segreti afghani. In Italia a quest'accusa non sembra credere nessuno. Il governo gli ha dato piena fiducia concedendo ad Emergency totale autonomia e imponendo al Sismi e ai carabinieri del Ros di tenersi fuori dalla trattativa. Ma gli stessi uomini dell'intelligence non hanno mai espresso dubbi sul suo operato, spiegando che per poter garantire la sicurezza in quella zona a sud dell'Afghanistan bisogna essere in grado di dialogare con tutti anche con i talebani.

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23 aprile 2007
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