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I beni sequestrati a Muammar Gheddafi

Sigilli a un patrimonio del valore di oltre un miliardo di euro. Tra i tantissimi beni anche anche un terreno a Pantelleria

29 marzo 2012

I finanzieri del Comando Provinciale Roma hanno sequestrato beni mobili e immobili, quote societarie e conti correnti riconducibili alla famiglia dell'ex leader libico Gheddafi e a membri del suo entourage per un valore complessivo di oltre un miliardo e cento milioni di euro. È quanto comunicano le Fiamme Gialle.
Fra gli assets patrimoniali sequestrati figurano partecipazioni azionarie in Unicredit, Eni, Finmeccanica, Fiat, Fiat Industrial, Juventus, nonchè un immobile a Roma, 150 ettari di bosco localizzati nell'isola di Pantelleria (Tp) e due motoveicoli, fra cui una Harley Davidson.
I provvedimenti sono stati eseguiti dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma sulla scorta dei decreti emessi dalla Corte d'Appello capitolina nel contesto di una rogatoria internazionale emanata dal Tribunale Penale Internazionale de L'Aja nell'ambito del procedimento per crimini contro l'umanità nei confronti di Gheddafi, del figlio Saif Al Islam e del capo dei servizi segreti Abdullah Al Senussi.

Le investigazioni patrimoniali delle Fiamme gialle di via dell'Olmata hanno consentito di individuare due società di finanziamento attraverso le quali gli esponenti del passato regime libico avevano nel tempo effettuato investimenti nel nostro Paese. La rogatoria della Corte Penale Internazionale de L'Aja, emanata nell'ambito del procedimento per crimini contro l'umanità avviato nei confronti del defunto leader libico e di esponenti del passato regime, ha il fine di cautelare il patrimonio degli imputati, che dovrà garantire forme di risarcimento per le vittime del regime di Gheddafi.
L'iniziativa del Tribunale de L'Aja si inserisce in un più ampio contesto delineato da due decisioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e da due Regolamenti del Consiglio dell'Unione Europea in forza dei quali i predetti organismi, in relazione al precipitare della situazione in Libia, avevano richiesto alla Comunità Internazionale il congelamento di tutti i fondi e delle risorse economiche appartenenti, possedute, detenute o controllate da Gheddafi o da soggetti a lui riconducibili.

Gli interessi libici nella finanza italiana - Gli interessi della Libia per le imprese e la finanza tricolore risalgono a più di trent'anni fa, quando i libici sbarcarono in Italia per acquistare quote della Fiat. Da allora si è fatta estremamente lunga la serie di società italiane che hanno, o hanno avuto, all'interno del loro azionariato gruppi libici. Dalle banche al calcio, passando per l'auto e l'energia, sotto il regime del colonnello Gheddafi Tripoli ha più volte guardato al nostro Paese come terreno fertile in cui investire.
È stata proprio l'automobile ad aprire la porta per prima ai capitali libici, quando nel 1976 la Lafico (Lybian Arab Foreign Investment Company, braccio finanziario dello stesso Gheddafi) entrò in Fiat, per poi ridurre progressivamente la propria quota dal 9,7% iniziale. Un altro degli strumenti utilizzati per gli investimenti è stata la Libyan Investment Autorithy (Lia), il fondo sovrano costituito nel 2006 per gestire i proventi del petrolio, che si è costruita un vasto portafoglio di asset esteri, non solo in Italia: dalla britannica Pearson che pubblica il Financial Times, a Finmeccanica e Unicredit.

La quota Unicredit sequestrata dalle Fiamme gialle in mano alla famiglia Gheddafi ammonta all'1,256% della banca, pari a 611 milioni di euro. In mano libica c'è però complessivamente oltre il 5,8% del capitale di Piazza Cordusio. Secondo gli ultimi aggiornamenti Consob, la Central Bank of Libya ne controlla infatti il 4,613%, mentre, dopo l'ultimo maxi-aumento di capitale, la Lia è scesa a febbraio scorso all'1,2% dal precedente 2,59%.
Per quanto riguarda l'Eni, per anni si è vociferato di un possesso libico di circa il 2% del cane a sei zampe, ma proprio allo scoppio della guerra libica l'amministratore delegato Paolo Scaroni ha chiarito che nelle mani di fondi facenti in qualche modo capo a Tripoli c'era solo lo 0,5% del gruppo. Lo 0,58% sequestrato adesso, pari a 410 milioni, dovrebbe dunque rappresentare la totalità del capitale controllato dalla Libia.

Ad essere stata sequestrata è stata anche l'intera partecipazione Finmeccanica detenuta dalla Lia, pari al 2,010%, ovvero a 40 milioni di euro.
Anche nel caso della Juventus, l'1,5% sequestrato è la totalità del capitale controllato dalla Lia. L'ingresso dei libici nella squadra di calcio risale al 2002, quando Tripoli dichiarò l'acquisto del 7,5%. La quota della Lia è stata diluita il 31 gennaio scorso all'1,5% a seguito dell'aumento di capitale del club bianconero.
La presenza libica nel Lingotto è decisamente la più antica: è infatti dal 1976 che la Lafico detiene investimenti (oggi minoritari) nel gruppo di Torino. La finanza ha disposto il sequestro dello 0,33% posseduto dalla famiglia Gheddafi in Fiat spa, pari a 19 milioni, e di una equivalente quota dello 0,33% in Fiat Industrial, pari a 34 milioni di euro. Sono state allo stesso tempo sequestrati 622 mila euro in azioni privilegiate di Fiat Auto e 833 mila euro in privilegiate di Fiat Industrial.

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it]

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29 marzo 2012
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