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I boss del clan dei Casalesi invocano per il loro processo il ''legittimo sospetto'' a causa del libro di Roberto Saviano

15 marzo 2008

[...] Era il 23 settembre 2006 quando sfidò i boss di Casal di Principe a casa loro. Lo rifarebbe?
«A vedermi da fuori, come se non fossi stato io, lo rifarei. Ma sarei falso se non dicessi che con quel gesto ho distrutto la mia vita. Mi è diventato impossibile vedere il mondo, confrontarmi con altre persone, poter sbagliare. Sono diventato un simbolo, ma in cambio ho perso tutto».
Quando ha scritto Gomorra, cosa si aspettava?
«Confesso l'ambizione. Volevo fare un libro che davvero cambiasse le cose. All'inizio, la camorra lo ignorò. I miei problemi cominciarono verso le centomila copie. La gente pensa che io sono come Salman Rushdie, colpito da una fatwa della camorra. Ma non è così. Lui rischia per quel che scrive, io perché mi leggono. Non è Saviano ad essere pericoloso, ma Gomorra e i suoi lettori». [...] (Leggi tutta l'intevista di Marco Imarisio a Roberto Saviano).

Infatti, per la camorra, o meglio, per il ''Sistema'' non è Roberto Saviano ad essere pericoloso né tanto meno quello che ha scritto, ma il fatto che tante, troppe persone abbiano letto quel libro.
La conferma arriva dalla notizia pubblicata ieri da diversi quotidiani...
Prima sezione della corte d'assise d'appello a Napoli: l'avvocato che difende i boss del clan dei Casalesi legge nell'aula bunker una lunghissima lettera, 60 pagine, in cui Francesco Bidognetti (detto Cicciotto di Mezzanotte, detenuto da alcuni) e Antonio Iovine (latitante da 12 anni) chiedono di spostare il processo a loro carico - il superprocesso Spartacus - in altro distretto giudiziario, per “legittima suspicione” ossia per “carenza di libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo”.
In poche parole: gli articoli dell'autore di "Gomorra", Roberto Saviano, nonché quelli di una giornalista del "Mattino", creano una situazione tale da condizionare il procedimento.

A sentire le parole degli imputati affidate alla missiva, il sospetto è che nei loro confronti vi sia un'azione premeditata di condizionamento dei giudici. Una “trama” - è l'ipotesi inclusa nella lettera e riportata ieri dal quotidiano napoletano il Mattino - che sarebbe stata architettata dal pm Raffaele Cantone e dalla Dda di Franco Roberti nella gestione dei pentiti, dalla giornalista Rosaria Capacchione (che coraggiosamente si occupa di cronaca giudiziaria in provincia di Caserta) la quale avrebbe scritto "alcuni articoli di cronaca - è il testuale - che non hanno alcuna spiegazione se non quella di creare un condizionamento nella libertà di determinazione nei giudici del processo".
In un lungo passaggio della lettera, i boss - già condannati in primo grado all'ergastolo per delitti di camorra - tirano in ballo Saviano: "L'intervento di Roberto Saviano sul silenzio legato alla sentenza Spartacus (nelle pagine di Gomorra, ndr) non può non turbare gli animi dei giudici definiti dal prezzolato pseudogiornalista come degli inetti, incapaci, insensibili alla sete di giustizia della collettività". Prosegue: "E' solo un invito rivolto al signor Saviano e ad altri come lui a fare bene il proprio lavoro e non a essere la penna di chi è mosso da fini ben diversi rispetto a quello di eliminare la criminalità organizzata".
Ora il processo andrà in Cassazione. La Suprema corte stabilirà se ci sono i presupposti per spostare il processo.

E ieri Roberto Saviano è tornato a far sentire la sua denuncia con un lungo articolo sul settimanale statunitense "Time". Una analisi molto dura della campagna elettorale nella quale - scrive Saviano - si continua a ignorare che il problema principale del paese è il crimine organizzato o, per dirla meglio, l'economia prodotta dalle attività criminose. "Malgrado tutta la retorica della campagna elettorale sui cambiamenti e le riforme - scrive Saviano - nessuno vincerà le elezioni italiane il mese prossimo e, soprattutto, non le vinceranno i cittadini".

- "Se un voto si compra con 50 euro" di Roberto Saviano

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15 marzo 2008
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