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I ''frutti segreti'' dell'amicizia Italo-Libica...

Se Craxi ha salvato Gheddafi... Agostino Spataro snocciola i punti poco chiari sulla storica vicenda

03 novembre 2008

I LIBICI RIVELANO 20 ANNI DOPO: «COSI' CRAXI SALVO' GHEDDAFI»

Tra amici non devono esistere segreti. E allora, visto che Italia e Libia ora sono ufficialmente amici, ecco il ministro degli Esteri libico regalare agli italiani una piccola ma robusta verità: l'Italia avvertì la Libia dell'attacco che gli americani avevano deciso di lanciare contro Tripoli, per «punire» Gheddafi dell'attentato alla discoteca La Belle di Berlino. Una decisione presa in prima persona dal premier di allora, Bettino Craxi.
Una decisione che gli americani non avrebbero gradito, così come non avevano gradito il braccio di ferro del 10 ottobre '85, quando a Sigonella i militari italiani avevano impedito a quelli della Delta Force Usa di arrestare il dirottatore dell'Achille Lauro, Abu Abbas. Meno di un anno dopo, il 15 aprile dell'86, il raid Usa: 45 aerei che in 12 minuti avevano sganciato 232 bombe e 48 missili contro 6 diversi obbiettivi. Il bombardamento aveva provocato la morte di una decina di civili, tra i quali una figlia adottiva di Gheddafi. Ma il leader, avvertito dagli italiani, era riuscito a salvarsi.

«Non credo di svelare un segreto - dice adesso Mohammed Abdel-Rahman Shalgam nella sala delle conferenze internazionali della Farnesina - se annuncio che il 14 aprile dell'86 l'Italia ci informò che ci sarebbe stata un'aggressione americana contro la Libia».
Notizia non nuova di zecca (ne aveva parlato nel 2003, il senatore dello Sdi Cesare Marini) ma che non aveva mai avuto una così autorevole conferma. E subito le parole di Shalgam, ambasciatore in Italia dall'84 al '95, di conferme ne ottengono un'altra, altrettanto autorevole: quella di Giulio Andreotti, che in quell'aprile di 22 anni fa era ministro degli Esteri: «Io ritengo di sì, l'avvertimento ci fu», dice il senatore a vita. Del resto, aggiunge, quella degli americani «fu un'iniziativa improvvida, un errore di carattere internazionale».
L'occasione dell'outing di Shalgam non poteva essere più eclatante: un convegno sul trattato di amicizia italo-libico appena stipulato, con un parterre che spiega il peso specifico che la Libia ha per il nostro Paese.
Accanto al ministro sono seduti Seif al-Islam, primogenito di Gheddafi, e Shukri Ghanem, che presiede la Compagnia nazionale libica del petrolio Noc. Tutto attorno all'enorme tavolo rotondo, oltre al padrone di casa Franco Frattini e all'ex ministro Beppe Pisanu, organizzatore del convegno, sedeva infatti il gotha dell'imprenditoria italiana: gli amministratori delegati Scaroni (Eni), Bernabè (Telecom Italia), Profumo (Unicredit) e Moretti (Ferrovie), e Marchionni (Fondiaria-Sai), i presidenti Ponzellini (Impregilo), Abete (Bnl), Gnudi (Enel).

Ed è toccato a Gheddafi jr, autentico plenipotenziario del padre, pronunciare le parole più coinvolgenti: «Non parliamo del passato, ma del futuro: gli artigiani italiani tornino in Libia. Tornino i servizi, i bar, le imprese piccole e medie imprese». E, perché no, Seif sogna anche una cooperazione militare: «Vorremmo vedere forze militari italiane e libiche fare esercitazioni congiunte».
I due Scud che la Libia sparò contro Lampedusa quel 15 di aprile, ritorsione contro l'uso della stazione Loran dell'isola da parte dei bombardieri americani, adesso sembrano davvero un pezzo di storia e niente più. A Frattini non resta che mettere il sigillo: «Se Muammar Gheddafi deciderà di visitare l'Italia lo accoglieremo con amicizia». E la ratifica del trattato? «Spero che il consiglio dei ministri adotterà il disegno di legge in tempi brevi». [Corriere della Sera, 31 ottobre 2008]

DICHIARAZIONI DELL'ON. AGOSTINO SPATARO* SULLE RELAZIONI ITALO-LIBICHE

Dal 1986, il "feuilleton" delle relazioni italo-libiche si dipana con una cadenza sospetta o quantomeno di circostanza. Rivelazioni su vicende oscure continuano a cadere, come foglie morte, anche in questo grigio autunno della politica estera italiana.
L'ultima, ieri mattina (giovedì mattina per chi legge, ndr), a distanza di 22 anni, alla Farnesina dove il ministro degli esteri libico, Shalgam, ha svelato il mistero dell'avviso confidenziale che Craxi gli avrebbe inviato per avvertire Gheddafi dell'imminente attacco aereo statunitense.
Tutto è possibile. Non vogliamo mettere in dubbio le parole dell'ex ambasciatore in Italia, tuttavia  è necessario che vengano chiariti all'opinione pubblica taluni punti che chiari non sono...

Primo - Gheddafi, nonostante l'avviso, non riuscì a sfuggire al bombardamento aereo americano.
Si salvò per miracolo - scrissero i giornali - ma non, purtroppo, la sua figlioletta di tre anni che morì sotto le macerie della loro casa distrutta dalle bombe.   
In realtà, credo che quella notte sia accaduto quello che da tempo si temeva, e si sapeva, ovvero la "lezione" che l'amministrazione Reagan aveva pianificato contro "il pazzo di Tripoli", com'era chiamato Gheddafi negli ambienti politici internazionali. Prima. Ora non più. Almeno da quando ha ammesso le tremende responsabilità in ordine a due gravissimi attentati terroristici contro aerei di linea, pagato i risarcimenti alle famiglie ed aperto il mercato degli idrocarburi alle multinazionali Usa ed europee.
Già a partire dall'autunno del 1985 s'intensificarono le azioni provocatorie Usa contro la Libia. C'era il concreto rischio di trascinare l'Italia in un'avventura militarista contro un paese vicino, per altro uno dei suoi migliori clienti e fornitori. Ripetutamente intervenimmo in Parlamento, con diverse interrogazioni, per fare assumere al governo italiano una posizione autonoma e di pace. Insomma in quei mesi, oltre alle voci, anche autorevoli, ci furono tanti segnali che accreditavano questa minaccia come possibile ed imminente.
Ricordo che un mese prima del raid (esattamente il 4 marzo 1986) a Washington, durante gli incontri al Pentagono fra una delegazione parlamentare italiana e le massime autorità della Difesa Usa, chiesi a Caspar Weimberger, segretario alla difesa, e all'ammiraglio William Crowe, capo di stato maggiore delle forze armate, se il loro governo avesse l'intenzione di attaccare militarmene la Libia. Ovviamente l'intenzione non venne confermata (e non poteva esserlo). Dopo 40 giorni fu attuata, con micidiale determinazione

Secondo - Gheddafi, infuriato per l'indiscriminata aggressione che provocò molte vittime civili, non indirizzò la rappresaglia verso uno dei tanti possibili obiettivi Usa, ma scagliò i suoi missili contro l'Italia ovvero contro il paese-amico il cui capo del governo l'aveva avvisato dell'imminente pericolo.
Dov'è la logica in tutto ciò?
Shalgam dice che quei due missili non erano rivolti contro l'Italia, ma contro gli Usa i quali si erano avvalsi dell'assistenza fornita dalla piccola stazione radar "Loran" installata a Lampedusa e, quel tempo, in fase di ridimensionamento. Se questa fu davvero la causale credo sia stata la più sbagliata giacché - se i due missili fossero caduti sopra Lampedusa - l'effetto sarebbe stato altamente disastroso e solo a danno d'innocenti cittadini italiani.
Insomma, anche questa scelta non può essere considerata un segno di gratitudine verso un paese e un governo che poche ore prima ti ha salvato la vita.
Strano, davvero. Di questo passo non è improbabile immaginare (un po' scherzando sulla questione) che domani qualcuno non ci verrà a dire che si decise di colpire Lampedusa a causa di una certa assonanza fonetica o solo perché il nome dell'isola contiene l'acronimo del paese aggressore.

Terzo - Ma quei due missili partirono dal suolo libico e soprattutto raggiunsero effettivamente Lampedusa? Già allora affiorarono seri dubbi, sia per la scarsa potenzialità ed efficienza della tecnologia militare libica e sia per fatto, non secondario, che i lampedusani non si accorsero dell'arrivo dei due potenti ordigni. Ancora oggi si sconosce il punto esatto dell'impatto.
Le autorità italiane non vollero fare indagini appropriate e la cosa restò lì, avvolta nel dubbio, a consolazione della propaganda libica. Come confermano alcune autorevoli dichiarazioni, citate dalla stampa odierna, nessuno è in grado di dimostrare che i due missili siano arrivati a Lampedusa e o nelle sue immediate vicinanze.

* Già componente delle Commissioni Affari esteri e Difesa della Camera dei Deputati e della presidenza dell’Associazione nazionale di amicizia italo araba.

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03 novembre 2008
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