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I latitanti Messina Denaro e Salvo Lo Piccolo scrissero a Provenzano della ''crisi di vocazioni'' in Cosa Nostra

20 aprile 2006

Ieri mattina, mentre i sostituti procuratori Michele Prestipino e Marzia Sabella volavano a Terni per il primo interrogatorio a Bernardo Provenzano, fissato per oggi, i vertici del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) sono andati a fare visita all'ex boss dei boss di Cosa Nostra detenuto da una settimana. Il vicecapo del Dap, Emilio Di Somma, il capo della direzione generale detenuti dell'Amministrazione, Sebastiano Ardita, assieme al direttore del carcere di Terni, Francesco Dell'Aira e al comandante di reparto Fabio Gallo, hanno parlato per circa un quarto d'ora con Provenzano. Ardita ha comprato una Bibbia donandola alla biblioteca del carcere affinché venisse data al boss dei boss. Non si tratta, ovviamente, della vecchia Bibbia di ''zu Binu'', sottolineata e zeppa di appunti, sequestrata al momento del suo arrivo in carcere e da lui più volte richiesta durante le festività di Pasqua.
L'amministrazione penitenziaria, in ogni caso, non ha voluto negare al boss la lettura della Bibbia.
''La Bibbia è il libro più bello'', ha detto Provenzano ricevendo il testo sacro, ''Un testo che - ha detto Provenzano - non solo va letto ma va anche capito''. Ardita, a questo punto, gli avrebbe consigliato di cominciare dal nuovo Testamento la cui interpretazione è più semplice.

Ai vertici del Dap Provenzano è apparso tranquillo, pronto a rispondere guardando l'interlocutore dritto negli occhi. ''Sia fatta la volontà del Signore'', è la frase che ha ripetuto frequentemente. Si è detto disponibile a sottoporsi a una serie di check-up medici approfonditi per verificare il suo stato di salute.
Poi Provenzano si è informato sulle regole del carcere. ''Come funziona qui?'', avrebbe chiesto, e gli è stato risposto che gli sarà consentito un solo colloquio al mese, così come previsto dal '41 bis', il carcere duro disposto ufficialmente da un provvedimento firmato un paio di giorni fa dal Guardasigilli Roberto Castelli. Provenzano, da sette giorni in isolamento, videosorvegliato 24 ore su 24, non guarda la tv, legge soltanto le pagine delle ordinanze di custodia cautelare che gli sono state notificate in carcere e adesso leggerà la Bibbia.

Fuori dal carcere di Terni le indagini sui pizzini e sull'ultimo covo del capo della mafia continuano alacremente, e continuano a portare risultati.
Fra i pizzini trovati nel casolare gli inquirenti hanno scoperto e decifrato anche quelli dei capimafia latitanti Matteo Messina Denaro e Salvatore Lo Piccolo, i due boss ''papabili'' che qualcuno ritiene possano prendere il posto lasciato vacante da Provenzano.
I due boss scrivono al capo di cosa nostra e si porgono con grande deferenza. In particolare emerge grande rispetto nei confronti di Provenzano dai pizzini attribuibili a Messina Denaro.
Dalle lettere si comprende il ruolo di vertice ricoperto fino al giorno dell'arresto da Provenzano e dal fatto che i capimafia delle province siciliane si rivolgono a lui per qualsiasi problema sulle attività criminali di cosa nostra.
Inoltre nei biglietti scritti da Messina Denaro e da Salvatore Lo Piccolo emerge un problema fondamentale per Cosa Nostra: il coinvolgimento di nuove persone di fiducia dopo gli arresti eseguiti nei mesi scorsi. Secondo i due boss latitanti non ci sarebbero più sufficienti uomini a disposizione delle cosche mafiose, e chiedevano a Provenzano cosa fare per reclutare altri picciotti pronti alle armi e agli affari, senza paura delle microspie e dei pentiti.
I capimafia, in seguito alle pressioni investigative a cui sono state sottoposte le famiglie mafiose siciliane, soffrirebbero, infatti, a causa di una mancanza nel ricambio di uomini.
Negli ultimi anni la ricerca di Bernardo Provenzano, coordinata dai pm della Dda di Palermo, hanno portato all'arresto di 450 persone accusate di far parte della rete di favoreggiatori del vecchio padrino corleonese e al sequestro di beni per un valore complessivo di diversi milioni di euro.

Le statistiche del Viminale confermano: appena cinque anni fa, gli affiliati alla mafia siciliana erano 5.192, oggi sono quasi dimezzati. L'arresto di Provenzano ha aggravato la situazione. Al riguardo il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso Grasso dice: ''Non credo che ci sia già un nuovo capo. Dopo il nostro blitz, l'organizzazione mafiosa ha un momento di stasi e forse di crisi''.


- Il figlio di Totò Riina: "Provenzano, altro che boss, è uno sbirro" (Repubblica.it)

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20 aprile 2006
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