I libri, questi sconosciuti... Il desolante quadro della società italiana: sei italiani su 10 non leggono mai
Più della metà degli italiani, ossia il 57,7 %, non ha letto neanche uno libro durante tutto il 2005, e il 20,1 per cento ne ha letti, sì e no, tre. Una situazione del genere attarda inesorabilmente la nostra nazione ( che un tempo vide grandi scrittori e lettori) nella corsa allo sviluppo, vista la strettissima relazione tra indice di lettura e Prodotto interno lordo.
Ma è la realtà dei fatti il desolante quadro che emerge dalla ricerca dell'Associazione Italiana Editori sul valore di sviluppo economico della lettura, presentata due giorni a Roma durante gli Stati Generali dell'Editoria che hanno avuto il significativo titolo ''Investire per crescere''.
I dati che sono emersi indicano un lieve miglioramento nell'indice di lettura (l'area della non lettura era del 61,4 per cento nel 2000), il che vuol dire che in cinque anni sono rientrati nel mercato della lettura quasi 2,5 milioni di persone. Tuttavia, solo il 5,7 per cento degli italiani dichiara di leggere almeno un libro al mese: troppo poco, sostiene il rapporto, per competere sui mercati internazionali. Se in Italia ha letto almeno un libro il 42,3 per cento della popolazione, infatti, nello stesso periodo si registra il 61 per cento in Francia, il 66 in Germania, il 73,5 in Gran Bretagna e via dicendo. Eppure, il rapporto evidenzia uno stretto collegamento tra il tasso di lettura e la produttività, prendendo in esame un periodo che va dal 1980 al 2003.
I risultati sono inequivocabili: le regioni del Nord, che contribuiscono per il 54,02 per cento al Pil, raccolgono il 53,4 per cento dei lettori; quelle del Centro portano il 21,03 per cento del Pil avendo il 20,24 per cento dei lettori; il Sud, infine, contribuisce per il 24,94 per cento al Pil, con il 26,2 per cento dei lettori.
Più lettori, uguale più Pil, insomma: si va dalla Lombardia che contribuisce al Pil per il 18,9 per cento e ha il 20 per cento di lettori, alla Puglia, con il 4,7 per cento del Pil e il 4,6 per cento di lettori. In altre parole, la lettura rispecchia perfettamente i fattori di sviluppo economico presenti nelle varie aree regionali.
Lo studio evidenzia poi il rapporto tra tasso di lettura e performance scolastiche per i ragazzi italiani, che come ovvio è strettamente collegato: chi ha la fortuna di avere in casa una piccola biblioteca ha risultati scolastici superiori del 15 per cento ai loro compagni.
Influenza positivamente sul rendimento anche la frequentazione di musei e cinema, e la presenza di una sola tv in casa. Averne di più, e avere in casa più di tre telefonini, fa invece diminuire la performance scolastica.
Sono dati però di cui le famiglie italiane non sembrano essere consapevoli: in tre anni sono calati del 16,9 per cento gli investimenti in acquisto di libri. Una disaffezione alla lettura socialmente trasversale: se le famiglie di operai destinano lo 0,67 per cento della spesa complessiva di prodotti non alimentari nell'acquisto di libri, suppergiù la stessa quota la riservano dirigenti e liberi professionisti, e ancora meno (lo 0,59 per cento) i lavoratori in proprio. D'altra parte, solo il 46 per cento di dirigenti e professionisti leggono per aggiornamento professionale.
Preoccupante è anche il grave ritardo delle infrastrutture per la lettura in Italia, soprattutto al Sud. Solo il 5 per cento dei comuni nelle regioni meridionali e nelle isole possiede almeno una libreria, e 112 comuni con più di 20.000 abitanti (cittadine, insomma), non ne hanno nessuna. Significa che ci sono più di 7 milioni e mezzo di persone che non hanno possibilità di entrare in libreria. Poche anche le biblioteche con un volume librario significativo. Solo il 3 per cento supera i 100.000 volumi, mentre sono quasi del tutti assenti le biblioteche scolastiche: meno di una scuola su quattro ha una collocazione a scaffale aperto, e solo il 13,6 per cento degli studenti (e addirittura il 2 per cento dei docenti) frequentano le biblioteche scolastiche. La scuola insomma, sottolinea il rapporto, non incoraggia alla lettura, ''contraddicendo la logica della società dell'informazione, la cui parola d'ordine è formazione e autoformazione continua e permanente''.
Ma andiamo a snocciolare qualche cifra...
- 64,95 euro a testa si spendono per i libri (scolastici compresi), quanto una serata in trattoria per due (i norvegesi spendono 209 euro a testa).
- 25,40 euro pro capite è la spesa per acquisto di romanzi, manuali, saggi nelle librerie della Lombardia; 25,60 euro in quelle del Lazio (una serata in pizzeria?) .
- 3,31 euro è l'investimento annuo per studente delle scuole per acquisto di libri per la biblioteca scolastica (ovvero un cappuccino e brioche in piedi al bar);
- 2.02 euro pro capite l'anno le risorse per acquisto di libri da parte delle biblioteche di pubblica lettura.
E ancora...
- Se la Calabria avesse avuto negli anni Settanta il tasso di lettura della Liguria, oggi avrebbe una produttività di 50 punti più alta.
- Se in Abruzzo avessimo avuto allora un tasso di lettura pari a quello medio nazionale, oggi la regione avrebbe 20 punti di maggior crescita della produttività
- La presenza di libri nell'ambiente familiare è in assoluto il fattore che fa crescere di più i risultati scolastici dei ragazzi: in Italia i ragazzi che hanno in casa una biblioteca di almeno 100 libri ottengono risultati scolastici del 17% migliori di chi non ha la stessa fortuna (Al contrario tre telefonini o più in casa fanno diminuire i risultati scolastici).
- Solo 5 italiani su 100 (il 5,7%, 3.151.000 persone) leggono almeno un libro al mese.
- Solo 8 ragazzi su 100 tra i 18 e i 19 anni (l'8,2%) leggono più di 12 libri l'anno.
- Solo il 45,8% dei dirigenti, imprenditori e liberi professionisti dichiara di aver letto almeno un libro nel corso dell'anno (siamo a oltre 35-40 punti percentuali sotto a Francia e Germania).
- Solo l'11,9% dei giovani in cerca di prima occupazione legge libri per migliorare la propria preparazione professionale e quindi avere più chance di trovare lavoro.