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I numeri di Berlusconi

Ormai praticamente tutti chiedono al premier di fare un passo indietro, ma lui non sente ragioni: "Abbiamo i numeri certi"

07 novembre 2011

"Abbiamo numeri certi in Parlamento". Il premier Silvio Berlusconi continua a ribadire di non aver alcuna intenzione di fare un passo indietro perché la maggioranza c'è. "Ritengo che le defezioni di questi giorni possano rientrare". Dunque "no al governo tecnico e no alle larghe intese" perché "non c'è alternativa a questo governo, noi vogliamo andare avanti fino a fine legislatura". Altrimenti l'unico altro scenario, è quello delle "elezioni anticipate". E visto che ci sono i numeri, "dobbiamo fare presto ad approvare le riforme che abbiamo presentato a Bruxelles, perché dobbiamo rispettare i tempi chiesti dalla Ue".

Sabato scorso, in una nota, Berlusconi aveva affermato: "Girano nei palazzi romani chiacchiere e pettegolezzi su un argomento: le dimissioni di questo Governo. Mi spiace di deludere i nostalgici della Prima Repubblica quando i governi duravano in media 11 mesi, ma la responsabilità nei confronti degli elettori e del Paese impongono a noi e al nostro Governo di continuare nella battaglia di civiltà che stiamo conducendo in questo difficile momento di crisi".
Poi in serata è tornato a ribadire il concetto a viva voce. "State tranquilli, non ho proprio nessuna intenzione di fare passi indietro. La maggioranza c'è".
E' particolarmente importante la giornata di sabato perché, mentre il presidente del Consiglio, tra note per iscritto e telefonate ai congressi, tranquillizzava tutti sulla tenuta certa della maggioranza, il ministro dell'Interno Roberto Maroni, ospite a "Che tempo che fa" di Fabio Fazio, diceva: "La maggioranza mi sembra non ci sia più, viste le ultime notizie. Il problema serio è dentro il Pdl, quindi: o il Pdl riesce a ricompattare le fila oppure dovremo prendere atto che non c'è più la maggioranza, molto laicamente. In democrazia si vince e si perde". "A quel punto secondo me la strada è quella delle elezioni", ha aggiunto ministro dell'Interno.
Tra l'altro, il de profundis per il governo Berlusconi da parte del dirigente leghista, è arrivato pochi minuti dopo l'annuncio di un'altra clamorosa defezione per la maggioranza: Gabriella Carlucci, ex soubrette Mediaset e parlamentare di lungo corso prima con Forza Italia, poi con il Pdl, ha comunicato il passaggio all'Udc auspicando la nascita di un governo di larghe intese.

Ritornando a quanto detto da Maroni nel programma di Rai3, per il ministro si potrebbe andare al voto con una nuova legge elettorale e il "mattarellum" sarebbe una buona ipotesi. Meglio della reintroduzione delle preferenze. Secondo l'esponente della Lega, anche andando a votare a gennaio è possibile cambiare la legge elettorale: se c'è l'accordo "lo si può fare semplicemente e in tre settimane".
Maroni ha lanciato anche un messaggio al segretario del Pdl Angelino Alfano, per "un'iniziativa in grado evitare di arrivare in Parlamento e fare la fine di Prodi". "Bisogna capire - ha aggiunto - come uscire perché ci sono delle risposte da dare, ci sono degli impegni che questo governo ha preso con l'Ue con delle scadenze fisse che devono essere rispettate. O il governo e questa maggioranza sono in grado di rispettare gli impegni presi con l'Unione europea oppure è meglio che dichiari che non riesce a farlo e dopo di che deciderà il presidente della Repubblica cosa accade".

Infine, Roberto Maroni ha approfittato della platea televisiva per lanciare una stoccata finale al premier, che due giorni fa aveva negato la crisi parlando di "ristoranti pieni". "Berlusconi poteva risparmiarsela", ha detto. "Perché la crisi - ha aggiunto - c'è e c'è grande sofferenza. Io giro continuamente, incontro imprenditori che sono in difficoltà. E' il sistema che è in crisi, non solo in Italia. E' giusto non autoflagellarsi, e in questo Berlsuconi è stato bravissimo, ma non si può nascondere la verità".

"La maggioranza politicamente non c'è più e probabilmente anche numericamente", ha sottolineato anche il presidente della Camera Gianfranco Fini. Il presidente del Consiglio dovrebbe capire, secondo Fini, che "mettersi da un lato, rappresenterebbe un atto di amore nei confronti dell'interesse nazionale. Abbia la capacità di concentrarsi non sulla conta delle pecorelle ma sulla prospettiva da dare all'Italia e al Pdl". Di fronte alla crisi internazionale, sottolinea Fini, "la credibilità non si riacquista se il governo fa 316 voti e continua a galleggiare"; anzi "ci sarebbe un effetto depressivo della credibilità" e "il distacco tra Palazzo Chigi e la società italiana sarebbe ancora più evidente". Di qui la necessità di comprendere che "si è chiusa una fase e bisognerà capire se la politica sarà capace di aprirne un'altra e quale. Per l'interesse nazionale -spiega il presidente della Camera - la via più auspicabile sarebbe la cessazione di questo lungo scontro che dura da anni di derby permanente e la nascita di un esecutivo con un'ampia maggioranza basato su pochi punti concreti e al termine di questa esperienza si deve tornare alle urne". Per questo, puntualizza Fini, "escludo a priori che per garantire l'interesse nazionale sia opportuno far nascere un governicchio del ribaltone". Non si tratta di dar vita "a larghe convergenze astratte" ma occorre "tradurre nel più breve tempo possibile in leggi i punti della lettera della Bce" e varare una nuova legge elettorale".
Sulla stessa linea il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini. "Basta con il balletto di responsabilità reciproche che non serve a nulla, è tempo di unire i discorsi e di creare un armistizio tra le forze politiche dando vita ad un governo che abbia quella credibilità finanziaria internazionale che ci consenta di avviare il risanamento italiano". "Ciascuno - osserva Casini - deve fare un passo indietro, non solo Berlusconi ma forse anche le opposizioni devono farlo nel nome di un interesse più importante".

Ma il premier continua a sostenere d'avere i numeri necessari e non sente ragioni. Dal Pdl l'emorragia di perssonaggi è oramai quotidiana, e lui con il fedelissimo Denis Verdini, continuano a contattare uno ad uno i vari 'scontenti' che, se tali rimarranno, si trasformeranno in "traditori".
"Che Berlusconi stia per cedere il passo ormai è una cosa acclarata. Si tratta di ore, qualcuno dice perfino di minuti" ha scritto questa mattina Giuliano Ferrara nell'edizione on line de 'il Foglio'. Si tratta dell'ultima, autorevole, conferma che il governo Berlusconi potrebbe essere arrivato al capolinea. "Il punto vero è per che cosa dimettersi, che cosa fare di sè, che cosa fare di tutti questi anni e qual è la vera posta in gioco: la capacità di dirigere il paese, di guidarlo, le regole adatte a un sistema maggioritario in cui il popolo sceglie chi governa, esprime un mandato su un programma. Questa è la posta in gioco. Qualunque soluzione mascherata di emergenza che non siano le elezioni subito è inutile" ha continuato Ferrara.
"Le voci di mie dimissioni sono destituite di fondamento e non capisco come siano circolate", ha detto subito Silvio Berlusconi all’Ansa. "Ho parlato poco fa con il presidente Berlusconi che mi ha detto che le voci sulle sue dimissioni sono destituite di fondamento" ha annunciato infine il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Corriere.it, Repubblica.it, Lasiciliaweb.it]

- I cinque scenari per la crisi di Roberto Zuccolini (Corriere.it)

 

 

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07 novembre 2011
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