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I "perseguitati politici"

Marcello Dell’Utri ricorda Giulio Andreotti: "Mi disse che il concorso esterno non era grave…"

08 maggio 2013

"Mi domandò perché mi processavano e quando gli riferii che era per concorso esterno, mi disse che non era grave…"
Marcello Dell’Utri non è uno dei tanti politici chiamati a ricordare il sette volte Presidente del consiglio scomparso, ma uno che ha vissuto, e vive, gli stessi guai giudiziari di Giulio Andreotti. La sua voce, dunque, incuriosisce e viene ascoltata.
La giornalista di Sky ha parlato volentieri e piuttosto a lungo con Marcello Dell’Utri dell’ex capo del governo italiano, e questi non si è sottratto affatto, perché si sente, in qualche modo, partecipe delle vicende di Andreotti. Ha in comune con lui una lunga stagione processuale: due processi importanti ad Andreotti (omicidio Pecorelli, associazione a delinquere e associazione mafiosa, una serie di inchieste legate alle frequentazioni di boss e alla presunta mediazione fra politica e mafia).

"E’ stato perseguitato", sostiene Dell’Utri, "una cosa politica. Ma chiunque faccia politica, specialmente in Sicilia, può avere incontri con persone sbagliate..."
Alla giornalista che gli ha chiesto se l’avesse frequentato, Dell’Utri ha risposto di avere incontrato più volte Giulio Andreotti e di essere rimasto affascinato dalle sue parole, dalla sua capacità di sdrammatizzare ogni cosa. "Le battute", ha ricordato Dell’Utri, "stemperavano anche le cose cattive".

Anche lei è stato accusato di avere fatto da intermediario con la mafia - lo ha incalzato la giornalista -. "Non facciamo paragoni, fu un discorso politico", ha risposto Dell’Utri. "L’inquisitore era Ingroia, che non vedeva l’ora di buttarsi in politica".
Richiesto, infine, un giudizio su Giulio Andreotti, il verdetto di dell’Utri è inequivocabile: "Studiava, leggeva molto, un ciceroniano. Fu perseguitato ingiustamente, non credo assolutamente che avesse a che fare con la mafia. Uno come lui? Impossibile". E poi, dopo una breve pausa, ha aggiunto: "Tutto si può dire di lui, meno che non sia stato un uomo nel vero senso della parola".

Ascoltando riecheggiano le parole di Leonardo Sciascia attribuite a Don Mariano, che regala alla coscienza popolare saggezza ed onorabilità quando all’ufficiale dei carabinieri che lo interroga, rimanendo affascinato da tanto carattere e buonsenso, afferma: "lei è un uomo...". E il Capitano Bellodi restituisce la stima: "Anche lei è un uomo".
Una questione di contesto, avrebbe detto Sciascia. La letteratura non ha bisogno della realtà per fare la storia. [Fonte: SiciliaInformazioni.com]

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08 maggio 2013
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