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I "picciotti" guadagnano poco con la riscossione del pizzo...

La donna pentita del boss rivela: "Vestiti griffati, pranzi e colazioni gratis al posto del pizzo"

20 novembre 2012

Scarpe da Hogan, pranzo da Byblos, colazione da Gian Flo. I "picciotti" guadagnano poco per riscuotere il pizzo, tra gli 800 e i 1000 euro al mese, e per vestirsi firmati hanno pensato a uno stratagemma: fare pagare il pizzo ai negozi di abbigliamento con le forniture di merce.
Lo ha spiegato la pentita Monica Vitale, ieri mattina, nel processo a Luigi Abbate, Salvatore Ingrassia, Vincenzo Vullo, Valerio Marco Mendola, Serafino Dolce e Ivano Parrino, accusati di associazione mafiosa ed estorsioni. Il processo si svolge davanti alla terza sezione penale.

"Ci sono alcuni negozi dove tutto il mandamento di Porta Nuova va e non paga. Anche queste sono estorsioni - ha detto la donna che si è pentita nel 2011 e riscuoteva le estorsioni nei Compro oro - Se dobbiamo vestirci, andiamo da D'Angelo che ha alcune rivendite d'abbigliamento. Per le scarpe andavamo alla Hogan di via Libertà, io stessa ci sono andata più di una volta e ho preso merce senza pagare. Questa è la verità: i mafiosi camminano griffati ma non hanno piccioli (denaro) in tasca". Per il pranzo si sceglievano il Byblos o Felix, da Gian Flo si passava per il cornetto. "Consumavamo senza pagare nulla - ha spiegato - in alcuni casi, i titolari di questi locali erano costretti a pagare anche le 'rate' a Pasqua e Natale. Ma in quelli che esponevano il marchio di Addiopizzo non andavamo, saremmo stati degli stupidi".

La mafia è cambiata, secondo Monica Vitale, anche nelle vecchie regole, sempre più spesso infrante come l'uso di cocaina o le relazioni extraconiugali. "Ormai tutti hanno le amanti", ha ribadito. La collaboratrice conosceva da vicino il sistema anche perché era la donna di Gaspare Parisi, boss del  Borgo vecchio. "Era molto geloso di me - ha spiegato - non voleva nemmeno che frequentassi mio zio, che per me era come un padre". La donna ricevette anche le avances di Nunzio La Torre. "Quando lo misero in carcere - ha svelato - andai al Comune con la sorella facendo finta di essere la convivente e mi feci rilasciare il certificato che serviva per i colloqui. Dovevo solo portargli vestiti e scarpe, ma lui iniziò a mandarmi lettere d'amore. Io provavo ancora sentimenti per Parisi quindi lasciai stare".

[Informazioni tratte da ANSA, GdS.it, Repubblica/Palermo.it]

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20 novembre 2012
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