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I 'pizzini' di Provenzano indirizzati a Vito Ciancimino

Ciancimino jr ha consegnato dei nuovi documenti ai pm di Palermo e Caltanissetta che indagano sulla trattativa Stato-mafia

23 novembre 2009

Massimo Ciancimino, durante l'interrogatorio effettuato venerdì scorso dai pm della Dda di Palermo e Caltanissetta che indagano sulla trattativa Stato-mafia e sulle stragi del '92 (per la Procura di Palermo l'aggiunto Antonio Ingroia e i sostituti Roberto Scarpinato, Paolo Guido e Nino Di Matteo; per Caltanissetta il procuratore, Sergio Lari, e il sostituto Giovanni Di Leo), ha consegnato loro nuovo materiale, carte e documenti recuperati negli archivi del padre Vito, ex sindaco del capoluogo.

Tra il materiale consegnato anche alcuni 'pizzini' scritti dal boss mafioso Bernardo Provenzano negli anni Novanta e indirizzati a Vito Ciancimino. Si tratta di alcuni foglietti che erano stati scritti dal capomafia quando era ancora latitante e che sono stati inviati all'ex sindaco di Palermo, quando quest'ultimo stava a Roma. I documenti erano conservati un una banca all'estero insieme al cosiddetto 'papello', cioè il contenuto delle richieste avanzate da Cosa nostra allo Stato per fare terminare la strategia stragista.
Il materiale consegnato da Massimo Ciancimino è stato definito "molto interessante" dagli investigatori. Poche righe scritte a macchina che darebbero nuovi elementi per la ricostruzione della cosiddetta "trattativa", e non solo. Secondo quanto raccontato nei mesi scorsi da Ciancimino jr ai magistrati, sarebbe stato proprio il padre Vito a condurre la trattativa tra i boss e lo Stato. Subito dopo le stragi di mafia, secondo Ciancimino junior, due carabinieri del Ros lo avrebbero avvicinato per chiedergli se il padre sarebbe riuscito a contattare i boss mafiosi. "La trattativa - ha detto più volte Ciancimino - inizia nel momento in cui il capitano Giuseppe De Donno in aereo mi avvicina e mi chiede di poter parlare con mio padre, quella è una data che è storica, è assodata".
Pochi giorni fa, dopo l'ennesimo interrogatorio con i magistrati dell'Antimafia di Palermo e di Caltanissetta, Ciancimino Jr. aveva anche detto che il boss mafioso Salvatore Riina, cioè colui che avrebbe fatto le richieste del 'papello' nella trattativa, sarebbe stato 'tradito' dal boss Bernardo Provenzano: sarebbe stato quest'ultimo a fornire ai carabinieri, tramite Vito Ciancimino, la località in cui si nascondeva l'allora latitante Riina, arrestato il 15 gennaio 1993 a Palermo (LEGGI).

Ma sono veramente tante le domande a cui ancora manca la risposta. Ci si chiede per esempio se don Vito, dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, abbia continuato a "lavorare" per Provenzano e se abbia fatto da tramite, sempre dopo le stragi del 1992, tra il boss e settori delle istituzioni e dell’imprenditoria. Ma c’è anche altro materiale che i magistrati si aspettano di avere dal figlio di don Vito. Si tratta di una serie di nastri di registrazioni. Su questo aspetto ci sono state nel tempo versioni e ipotesi diverse. Inizialmente pareva che addirittura i nostri contenessero le registrazioni dei colloqui tra don Vito e gli ufficiali del Ros Mario Mori e Giuseppe De Donno che, nell’estate del 1992, incontrarono in più occasioni l’ex sindaco. Sarebbe stata una documentazione importantissima perché quei colloqui sono al centro dell’indagine sull’ipotizzata trattativa. "In realtà - ha però chiarito Ciancimino junior ai magistrati - quei nastri non contengono ciò che mi aspettavo. Comunque - ha aggiunto - ho consegnato tutto il contenuto della cassetta di sicurezza in cui custodivo alcuni documenti di mio padre".
Con buona certezza può dirsi che fino alla morte, avvenuta nel novembre del 2002, Vito Ciancimino è stato un punto di riferimento per Provenzano e per la sua "mafia invisibile", dedita, cioè, non più alle stragi ma agli affari. Gli incontri avvenivano – a detta di Ciancimino jr – anche nella casa romana del padre, a due passi da Piazza di Spagna, e questo benché Provenzano fosse il latitante numero uno in Italia e l’ex-sindaco un sorvegliato speciale. Una circostanza, questa, che conferma il sospetto che don Binu sia stato davvero un "intoccabile". Di certo don Vito Ciancimino si comportava come se non avesse alcun dubbio in proposito: "Mio padre aveva la certezza – ha detto il figlio Massimo ai magistrati - che il Provenzano potesse tranquillamente muoversi all’interno del territorio nazionale e anche nel territorio non nazionale. Come se avesse quasi una missione...". Missione di cui la trattativa con lo Stato – secondo l’ipotesi investigativa – è stata il frutto, per alcuni benedetto e per altri avvelenato.
Ciancimino junior verrà riascoltato nei prossimi giorni ancora una volta dai magistrati di Palermo edi Caltanissetta "per chiarire ulteriori particolari" della documentazione consegnata venerdì sera.

La scorsa settimana sulla presunta trattativa tra Stato e mafia i pm di Palermo e Caltanissetta hanno voluto anche riascoltare Claudio Martelli, all'epoca dei fatti Guardasigilli, e Liliana Ferraro nel '92 capo degli Affari Penali del ministero della Giustizia.
Quando, nel 1992, il capo degli Affari Penali del ministero della Giustizia, Liliana Ferraro ha incontrato l’ex capitano del Ros Giuseppe De Donno dopo la strage di Capaci in cui morì il giudice Giovanni Falcone? E' su questo specifico particolare che i magistrati hanno voluto riascoltare, dopo averli interrogati alcune settimane fa, la stessa Ferraro e Claudio Martelli, che con le sue dichiarazioni rilasciate ad 'Annozero', la trasmissione di Michele Santoro, ha dato un nuovo input alle indagini sul "dialogo" tra i boss e le istituzioni.
Martelli ha detto di avere saputo da Liliana Ferraro dell’intenzione dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, uomo legato ai boss Totò Riina e Bernardo Provenzano, di avviare una collaborazione con lo Stato in cambio di "protezione politica". A riferire alla Ferraro la decisione di Ciancimino era stato il capitano del Ros Giuseppe De Donno. Sempre secondo Martelli, il direttore degli Affari penali del ministero rispose all’ufficiale invitandolo a parlare della cosa con Paolo Borsellino. Fu, poi, la stessa Ferraro, che aveva rapporti di amicizia col giudice, ad avvertirlo della volontà dell’ex sindaco, personaggio chiave nella trattativa tra la mafia e lo Stato.
Per i magistrati siciliani il punto ha una importanza di grande rilievo: il giudice Paolo Borsellino aveva avuto sentore della trattativa prima di incontrare Liliana Ferraro? I titolari delle inchieste sulla strage che costò la vita a Borsellino e la sua scorta e sulla trattativa stato mafia hanno voluto chiarire se l’incontro tra Ferraro e De Donno fosse avvenuto il 23 giugno 1992 (ad un mese dalla morte di Falcone) come ricorda Martelli, o "nella settimana del trigesimo", come pare abbia detto l’ ex capo degli affari penali. Borsellino incontrò il colonnello dei carabinieri Mario Mori nella stessa settimana del trigesimo, il 25, mentre vide la Ferraro, che gli riferì di una trattativa tra i Ros e la mafia solo la domenica successiva, il 28 giugno.

Lasciando gli uffici della Dia di Roma i magistrati si sono limitati a dire che il faccia a faccia tra Ferrari e Martelli ha consentito "ulteriori e significativi approfondimenti". Ci sarebbe stato un ricordo più chiaro perché "non è facile ricordare dopo 17 anni" ha detto il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari. Durante l’incontro sarebbero, quindi, emersi nuovi dettagli ma i magistrati di Palermo Roberto Scarpinato e Antonio Ingroia e i pm di Caltanissetta Sergio Lari, Niccolò Marino e Domenico Gozzo hanno evitato ogni commento.
Martelli, al termine del confronto, ha parlato di "dichiarazioni apprezzate dai magistrati". Gli interrogatori, negli uffici della Dia di Roma, sono durati cinque ore, anche perché è stato ascoltato anche l’ex ministro della Difesa Virginio Rognoni. Martelli, in una intervista a un quotidiano il mese scorso, ha detto di ritenere probabile che Rognoni (da cui dipendevano i carabinieri) sapesse dell’avvio della trattativa. Ma l’ex ministro, che aveva subito replicato "nessuno me ne ha mai parlato", venerdì scorso ha ribadito di non averne mai saputo nulla.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, l'Unità, La Siciliaweb.it]

- I pizzini di Provenzano a Ciancimino: "Abbiamo parlato con il senatore..." di F. Viviano (Repubblica.it)

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23 novembre 2009
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