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I pm di Napoli sentiranno Berlusconi a Palazzo Chigi

Il presidente del Consiglio, parte offesa, sarà sentito dai magistrati napoletani nella sede del Governo

06 settembre 2011

Il premier Silvio Berlusconi sarà sentito dai pm di Napoli (nell'ambito dell'inchiesta sulla presunta estorsione subita da parte di Gianpaolo Tarantini, della moglie dell'imprenditore Angela Devenuto (detta Nicla), e del direttore dell'Avanti Valter Lavitola) come parte offesa a Palazzo Chigi.
Berlusconi si avvarrà infatti della prerogativa concessa dal codice al presidente del Consiglio e alle altre alte cariche dello Stato che hanno la facoltà di stabilire essi stessi la sede dove incontrare i magistrati. Non è stata invece ancora fissata la data in cui il premier sarà ascoltato.

Secondo la ricostruzione dei magistrati napoletani - il procuratore aggiunto Francesco Greco e i pm Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock - Tarantini, Devenuto e Lavitola hanno estorto ingenti somme di denaro al premier, ricattandolo per la vicenda delle escort che l'imprenditore avrebbe procurato per le serate a Villa Certosa e Palazzo Grazioli. Berlusconi, però, smentisce, sostenendo che il denaro dato a Tarantini (e finito invece in massima parte nella disponibilità di Lavitola) era solo il segno della sua generosità, in quanto aveva deciso di aiutare un amico in difficoltà.
L'inchiesta è ancora in corso. I pm intendono ascoltare di nuovo Tarantini. Lavitola, invece, si trova da alcuni mesi in Centro America.
Dagli atti dell'inchiesta emergono nuovi retroscena sulle modalità con cui fu portato avanti, secondo gli inquirenti, il progetto di estorcere denaro al premier. "Stammi a sentire a me, tu devi andare là solo ed esclusivamente se ti chiama lui, punto; e se loro vogliono fare il patteggiamento ti deve chiamare lui, se lui vuole che dici qualcosa in particolare, ti deve chiamare lui, stop!". Così Lavitola suggerisce a Tarantini di comportarsi con il premier a proposito del processo di Bari sulle escort e sulla scelta dell'imprenditore di patteggiare, in modo da non diffondere altre intercettazioni ritenute "catastrofiche" per Berlusconi. La telefonata è del 5 luglio scorso. Sempre secondo i pm, Tarantini avrebbe fatto pesare il suo consenso in modo da ottenere denaro e in questo si configurerebbe il reato di estorsione. "Il criterio è - consiglia Lavitola -: tu a lui non gli vuoi rompere i coglioni, punto. Ora 'sono una persona leale, perbene, onesta, punto... Non voglio fare il patteggiamento, tant'è che non lo mettiamo proprio in discussione a questo punto il patteggiamento, punto...'. Non lo devi neanche dire 'se lo devo fare me lo deve dire lui' tu non devi menzionare. Se quelli ti dicono, tu dici no, se quelli ti dicono, tu dici no, se insistono tu dici no, poi dici: 'vabbè, insistete proprio tanto tanto?'".

Sulla stessa inchiesta di Bari sulle escort, anche una telefonata del 4 luglio scorso della Devenuto a Lavitola: "Con questa storia delle troie che sta arrivando succederà un altro putiferio sul giornale" dice la donna. E ancora: "In questo momento sono cheek to cheek (guancia a guancia, ndr) con Gianpy", dice all'interlocutore, sottolineando la particolare vicinanza al marito in un momento difficile. La conversazione fa parte di una informativa della Digos di Napoli. Così gli investigatori sintetizzano il contenuto della telefonata: "Valter dice che non uscirà niente e che si tratta di una fantasia. Nicla dice che non si tratta di una fantasia e che è quello che le ha detto l'avvocato. Valter dice che vedrà che si tratta di una fantasia e che dirà di un pò di telefonate tra lui e il presidente".
Nelle telefonate si fa anche riferimento all'inchiesta della Procura di Napoli sulla cosiddetta P4. In una conversazione del 3 luglio scorso, intercettata tra Tarantini e Lavitola, quest'ultimo ammette di aver "accesso diretto" a informazioni riservate, confermando l'ipotesi contestata nell'indagine sull'associazione segreta. "Eh, dico, mi sono messo là guardarmi tutti i cazzi. Tu non hai capito che io ho accesso diretto a 'ste cose, o no? Io perché non posso insistere? Perché se no sembra che mi approfitto certe volte" dice il direttore dell'Avanti all'imprenditore pugliese. In un'altra telefonata, risalente al 6 luglio scorso, Lavitola torna a commentare con Tarantini la stessa inchiesta (nella quale risulta tra gli indagati lo stesso direttore dell'Avanti): "Questa cosa rischia di diventare come tangentopoli".

Lavitola: "Torno e mi faccio arrestare" - "Presto rientrerò a casa e mi farò arrestare". Lo afferma a Libero Valter Lavitola, direttore dell'Avanti!, al centro dell'inchiesta della procura di Napoli. Lavitola parla di "accuse infondate" nei suoi confronti. "Le pare - si sfoga - che dati i miei rapporti con Berlusconi sarebbe stato mio interesse mettere insieme una truffa del genere? Ovvero spillargli 500mila euro per dividerli con Gianpaolo Tarantini? Se avessi avuto bisogno di denaro lo avrei chiesto direttamente al Cavaliere". "Ci ho rimesso 173mila euro", lamenta inoltre Lavitola parlando di pagamenti da lui effettuati a beneficio di Tarantini. "Sono pronto a documentare tutto - aggiunge - Ci sono le prove: io di soldi non ne ho intascati".
Sul motivo per cui non sia ancora rientrato in Italia, Lavitola spiega: "Avevo lavori da sbrigare in Brasile. Dovevo vendere due barche", aggiunge affermando di trovarsi ora "a Panama".

[Informazioni tratte da Corriere.it, Rainews24.it]

- I pm vogliono sentire la vittima Silvio Berlusconi (Guidasicilia.it, 05/09/11)

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06 settembre 2011
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